"Io e Caterino" | Gli androidi tra noi - Live Sicilia

“Io e Caterino” | Gli androidi tra noi

Arriva in commercio un robot praticamente umano che può pulire la casa e badare ai bambini.

Un anno fa nasceva un infante destinato a un grande avvenire: l’automa R1, progettato dall’Istituto Italiano di Tecnologia, polo leader nella robotica mondiale. La novità è che R1 esordirà sul mercato, prodotto in larga scala. Come accade per i prodotti ad alta tecnologia, all’inizio gli umanoidi saranno uno status symbol dal prezzo alto, che decrescerà fino a un costo stimato tra i tremila e i quattromila euro.

Il nostro futuro migliore amico pesa 50 chili; ha membra in plastica, fibra di carbonio e metallo e interagisce con gli umani. Possiede il senso del tatto, ottenuto mediante una pelle artificiale con sensori che ricopre mani e avambracci, e può memorizzare ciò che vede, i movimenti di chi gli sta vicino e gli ordini ricevuti. Nella fase iniziale dovrà essere aiutato a studiare gli ambienti e la collocazione degli oggetti, ma, appena programmato, sarà lui a ricordarci scadenze e preferenze. Due telecamere e lo scanner 3D collocati nella ‘testa’ gli permettono di ‘vedere’ da dietro allo schermo al Led che gli fa da volto, e tre computer ‘addominali’, dotati di una scheda wireless, di acquisire le informazioni utili. R1 si sposta grazie a due grandi ruote, ha una batteria della durata di tre ore, che si ricarica collegando la spina a una presa elettrica. Dei ventotto motori che lo animano, ve n’è uno in ciascuna delle due ruote; sedici mettono in moto le braccia, quattro le mani, due muovono testa e collo. Gli ultimi quattro azionano il torso, che può piegare lateralmente; oltre ai sensori dell’equilibrio (un accelerometro e un giroscopio), ha quelli per percepire i suoni, e altoparlanti dai quali emetterli a sua volta.

Cosa sa fare? R1 è sostanzialmente un ‘domestico’. Se proprio non è la mitica tuttofare Caterina, che, nel celebre film datato 1980, l’ineffabile narciso Alberto Sordi acquistava, liberandosi finalmente della moglie, dell’amante e pure della colf, R1 potrà rispondere a domande, giocare con i bambini, persino mutare l’espressione del volto. La robotica, ci dicono per tranquillizzarci, ancora (e sottolineo ‘ancora’) non ha le conoscenze per realizzare androidi tanto intelligenti da sostituire l’essere umano. Ma il personal humanoid è una macchina sofisticata, e qualche tratto umano tende ad assumerlo. A partire da nome e cognome.

Mario Kompai sta già interagendo con alcuni pazienti nella ‘Casa del sollievo della sofferenza’ di San Giovanni Rotondo, nell’ambito di un progetto per l’impiego di un robot-badante per malati di Alzheimer. No, non è un nuovo infermiere; è un social-robot. Per inciso, 47 milioni di persone nel mondo, secondo l’OMS, soffrono di demenza senile, e costano alla sanità mondiale un trilione l’anno; nei prossimi vent’anni, i pazienti diverranno 94 milioni. Ecco perché è così importante perfezionare Mario, progettato dalla francese Robosoft, il cui nome (mentre Kompai sta per ‘compagno’), è in realtà la sigla del progetto europeo ‘Managing Active and healthy aging with use of caRing servIce rObots’ del ‘robot da compagnia’ capace di ricordare di prendere le medicine, di aiutare gli anziani a essere indipendenti, a usare le nuove tecnologie, a restare in contatto con amici e parenti, che Mario sarà in grado di informare qualora il suo ‘padrone’ abbia un malore. E presto gli farà compagnia Romeo. Difatti, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale, molte aziende lavorano a quella che sarà la versione più utilizzata del robot, il badante, al servizio della ‘quarta età’. Progettato dalla Aldebaran, Robotics, Romeo è un umanoide dall’aspetto simpatico e accattivante, alto un metro e 46 centimetri, dal peso di 36 chili, che dovrebbe essere pronto, anche per ‘lavorare’ in ospedali e case di riposo, nel 2019.

Nei prossimi anni saranno in funzione trenta milioni di robot domestici; le Intelligenze Artificiali sono già destinate alla difesa e alla medicina, oltre che all’intrattenimento e ai lavori di casa. Si progettano androidi per tutti i settori, dai robot chirurghi ai robot magazzinieri. Altro che casalinghi! Entro il 2020 saranno in funzione 2,6 milioni di macchine intelligenti anche nelle fabbriche. Il report dello scorso anno ‘The future of Jobs’, presentato al World Economic Forum di Davos, rivela che oltre a badare alla casa, a fornire assistenza agli anziani e a lavorare negli ospedali, i robot faranno da consulenti finanziari, siederanno nei CdA delle aziende e svolgeranno attività di routine nella pubblica amministrazione.

In buona sostanza, il mercato della robotica conoscerà a breve un boom senza precedenti, come accadde all’informatica negli anni Novanta. Nel 2015 erano stati venduti 250mila esemplari di robot: oggi sono un milione e ottocentomila. Si prevede che in tre anni il mercato globale, che vale circa 27 mld, raggiungerà un valore di 151,7 miliardi di dollari. Il mondo politico non può ignorare questo avvento di massa della robotica nella vita dei cittadini. Come fanno i governi a non interrogarsi sul fatto che scompariranno 5 milioni di posti di lavoro? Nel giro di quindici anni, secondo uno studio pubblicato dalla Pricewaterhouse Coopers, il 38 per cento dei posti di lavoro disponibili negli Stati Uniti potrebbe essere occupato dai robot. E il fenomeno riguarda anche l’Europa, considerato che in Germania l’automazione potrebbe eliminare il 35% dei posti, e in Gran Bretagna il 30%.

E l’Italia? Il cambiamento epocale la trova in pole-position: è il secondo produttore di robot industriali in Europa, il sesto nel mondo. Sebbene a un popolo vocato ad auto-denigrarsi appaia incredibile, il nostro Paese è uno dei primi al mondo nella produzione di robotica industriale. Rispetto a un tale ruolo di leadership, in seno al Parlamento italiano s’è aperto il dibattito sul prossimo futuro, nel quale i robot elimineranno duecentomila posti di lavoro. È necessario un quadro normativo che disciplini l’avvento dei robot, e non solo riguardo ad occupazione e welfare, ma anche alla privacy e alla tutela dei dati acquisiti e trasmessi da tecnologie sempre più invasive.

Il 16 febbraio 2017 il Parlamento Europeo è intervenuto sul problema, con una risoluzione che i cittadini europei dovrebbero leggere, anche per le godibili citazioni letterarie che contiene, emanando le linee guida per regolare il fenomeno della robotica e le norme di diritto civile sulla materia, studiare le tendenze occupazionali ad esso collegate, stimare quali e quanti posti di lavoro potranno essere creati dall’avvento delle nuove tecnologie. Ma soprattutto quanti rischiano di essere persi per sempre.

Quel geniaccio di Bill Gates ha proposto di tassare i robot che svolgono lavori umani. ‘Se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello’, afferma Gates. L’uso di robot ‘può generare profitti con risparmi sul costo del lavoro e quindi i robot potrebbero pagare imposte minori di quelle umane, ma dovrebbero pagarle’, e aggiunge ottimisticamente di non ritenere ‘che le aziende che producono robot si arrabbierebbero se fosse imposta una tassa’. Questo interrogativo si aggiunge alle incognite del futuro. I bambini che oggi iniziano il loro percorso di studi, da grandi potrebbero trovare un lavoro che ancora non esiste.

In un racconto del 1942 ambientato su Mercurio, Isaac Asimov enunciava le celebri tre leggi della robotica: un robot non può recar danno a un essere umano; deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani; deve proteggere la propria esistenza, purché la sua autodifesa non contrasti con le altre due leggi. Ma negli ultimi settant’anni la robotica ha compiuto un’evoluzione che prescinde dalla rigida programmazione dei robot, destinati ormai a lavorare in ambienti non strutturati e a interagire con eventi non programmabili, sfuggendo del tutto all’asettico quadro prefigurato da Asimov. Dal Frankenstein ideato da Mary Shelley a quando, nel 1922, lo scrittore Karel Čapek, nel dramma ‘Rossumovi univerzální roboti’ coniava dal ceco ‘robota’, che significa ‘lavoro duro’, la parola robot, gli esseri umani hanno fantasticato sulla possibilità di costruire macchine intelligenti con caratteristiche umane. L’umanità s’affaccia a un’era nella quale le manifestazioni dell’intelligenza artificiale stanno avviando la nuova rivoluzione industriale, che investe tutti gli strati sociali, rendendo urgente che i legislatori ne prevedano le implicazioni e le conseguenze legali ed etiche.

Il momento, dunque, è arrivato. Lo aspettavamo da secoli. Il genere umano s’è impadronito della tecnologia immaginata dalla fantascienza. Possiamo viverla, non solo sognarla. Oggetti che destano ancora la nostra meraviglia saranno nostri compagni nel cammino della vita. L’artigianale uomo di latta del mondo fiabesco del Mago di Oz lascia il posto a sofisticati androidi. Saranno i migliori amici dell’uomo. O i suoi peggiori nemici. Dipende da noi.

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