Disagio sociale e povertà in crescita |Fotografia di una città che soffre - Live Sicilia

Disagio sociale e povertà in crescita |Fotografia di una città che soffre

Catania, vista attraverso gli occhi di chi opera alla Caritas diocesana. Un equilibrio precario retto sulla solidarietà.

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CATANIA – Crescono i catanesi che si rivolgono alla Caritas. La fotografia dell’anno che volge al termine lascia poco spazio alle interpretazioni, raccontando di una città, Catania, sempre più imbrigliata tra le maglie della povertà e dell’indigenza, dove sono sempre di più i cittadini che non hanno un tetto sulla testa, un lavoro, di che vivere. Stando ai numeri, non solo sono cresciuti gli utenti dei servizi offerti dalla Caritas, all’interno delle mense così come agli sportelli di ascolto – ma parlano sempre più italiano. Il confronto tra 2015 e 2016 (i dati del 2017 sono ancora in fase di elaborazione) non lascia spazio a dubbi: degli interventi effettuati nel 2016, 138.556 in totale – prevalentemente servizi base (mensa, igiene personale e distribuzione di vestiario), la metà è stato rivolto a cittadini catanesi. Che solo l’anno precedente erano appena il 30 per cento degli utenti supportati e assistiti dalla Caritas.

Dati che svelano il disagio crescente in città, teatro di alcune azioni eclatanti di protesta – come quella in corso all’interno della Cattedrale dove attualmente sono ricoverate 18 famiglie senza alloggio – e in cui si fa sempre più fatica a lavorare, a mangiare, a vivere. E che dimostrano come, sotto la coltre della normalità o dietro le manifestazioni più o meno organizzate di denuncia del disagio, vi sia un vero e proprio esercito, decine di migliaia di persone in condizioni disperate. Solo l’anno scorso, sono stati oltre 25 mila i cittadini soccorsi dall’Unità di strada: persone senza un tetto sulla testa, che dormono in macchina, in strada, sotto i portici. “L’assenza del lavoro è quella che porta maggiori sofferenze – spiegano i volontari. Anche perché, dal lavoro e dallo stipendio dipende tutto”.

Chi perde l’occupazione e non ha una casa di proprietà e una rete familiare pronta a supportarlo, sempre più spesso, finisce in strada. “La nostra città attraversa un periodo particolarmente complicato, dettato da una crisi economica che continua a riversarsi sul tessuto sociale – afferma Don Piero Galvano, direttore della Caritas di Catania. A subirne il peso sono i tradizionali soggetti a rischio povertà, anche se, rispetto al passato, nuove categorie di poveri, principalmente catanesi, usufruiscono dei servizi messi a disposizione dalla Caritas Diocesana”.

Un macigno su una città che fa fatica ad andare avanti. Dove l’assenza di lavoro e di certezze ha inasprito i rapporti sociali e dove le richieste alle istituzioni diventano ogni giorno più pressanti. Istituzioni che non sempre riescono a dare le risposte attese. A volte a rispondere tout court. Come sottolinea Don Piero: “La risoluzione dei problemi deve passare da ragionamenti e azioni da strutturare a un livello più ampio, perché ci troviamo di fronte alle conseguenze di un fenomeno di portata globale, non certo locale. Dall’Osservatorio della Caritas è certo che le emergenze più rilevanti riguardano le tematiche collegate alla ricerca di un lavoro, quindi si potrebbe intervenire anche tramite il potenziamento e il miglioramento delle attività di formazione, nell’ottica dell’inserimento o reinserimento nel mondo produttivo con qualifiche specifiche – prosegue. In secondo luogo bisogna operare per trovare soluzioni utili a superare l’emergenza abitativa, perché priva le famiglie di un punto di riferimento che è assieme materiale e simbolico”. Intanto, ci pensano i volontari e le associazioni a tamponare la situazione. La Caritas lo fa in diversi modi; tramite l’Help center, ad esempio.

HELP CENTER. “Il pronto soccorso sociale, aperto e rivolto a tutti i soggetti in disagio sociale – spiega Valentina Calì, responsabile della struttura. La mattina si inizia con la colazione, donata dai panifici e dai bar, alle 8,30. Vengono per lo più gli italiani – continua -della fascia di età che va dai 40 ai 55 anni. Sono persone che vivono per strada, che provengono dal ceto medio borghese e che, per diverse motivazioni, si sono ritrovati senza nulla. Vengono per fare colazione, per fare la doccia e prendono vestiti”. Molti anche gli stranieri. “Chiedono ospitalità e di essere seguiti nell’iter per ottenere il permesso di soggiorno” – sottolinea. Sono tantissimi i cittadini che si rivolgono alla struttura: a colazione circa 120 persone, che in inverno arrivano a 150. All’Help center, però, in molti non ci vanno. La vergogna resta uno dei motivi per cui tanti indigenti preferiscono rimanere ai margini, e vengono assistiti dall’Unità di strada. La porta dell’help center apre alle 8,30. Per tutti. “Non vengono effettuati controlli, non chiediamo i documenti, Chiunque può rivolgersi a noi”.

UNITA’ DI STRADA. Per chi è senza fissa dimora, per chi non ha la forza o la volontà di rivolgersi all’Help center, ci sono i volontari dell’Unità di strada a dare aiuto. “Siamo sei i gruppi divisi per i giorni alla settimana mentre domenica ce le dividiamo turno – afferma Francesco Arena. Andiamo per strada e portiamo panini, un pasto caldo, coperte, alle persone senza dimora“. Francesco fa il volontario per l’Unità di strada da sette anni, e in sette anni ha visto l’evolversi della situazione sociale e cambiare l’identikit della popolazione indigente di Catania. “Sono aumentati gli italiani e le famiglie che vengono a chiederci aiuto – dice – che dormono tra i cartoni, nelle piazze della città. Noi ormai sappiamo dove dobbiamo andare e tutte le sere giriamo nei punti dove sappiamo di trovare queste persone che ci aspettano. E ci ringraziano, da quando arriviamo a quando ce ne andiamo. Perché a loro basta poco posto caldo, una coperta”. Sono 70 i pasti che ogni giorno vengono preparati e distribuiti dall’Unità di strada. In parte sono cucinati senza carne di maiale per la popolazione musulmana. Piazza della Repubblica, Piazza Verga, corso Sicilia, ma anche l’esterno delle strutture ospedaliere, sono i luoghi in cui si rifugiano. “I catanesi sono molto sensibili – continua – quando individuano una persona che dorme fuori ci dicono di essersi avvicinati, di avere dato loro dei pasti prima di fare la segnalazione. L’Unità di strada va a verificare ma spesso capita che la persona non voglia farsi aiutare”.

LE MENSE. Quella di Librino è stata aperta esattamente un anno fa. Qui si trovano quasi esclusivamente catanesi. “La scelta di aprire Librino non è affatto casuale – spiega Giovanni Mangano, responsabile del settore. Il grande quartiere popolare della zona meridionale di Catania ha infatti un alto numero di popolazione indigente. “E’ stata pensata per abbracciare tutti cittadini che attraversano una condizione di disagio. E sono residenti del posto. Qui viene soprattutto chi abita nelle zone limitrofe: anziani, disoccupati, famiglie intere. La prima motivazione alla base della scelta di rivolgersi alla mensa e la assenza di un reddito l’assenza del lavoro, anche se c’è chi va anche solo per stare in compagnia”. La mensa è aperta sette giorni su sette, dal lunedì al sabato viene servita la cena, la domenica invece facciamo il pranzo. Ogni giorno lavorano circa 20 volontari che preparano i pasti con le donazioni ricevute prevalentemente dai supermercati, ma anche singoli donatori.  Sono circa 400 i pasti cucinati ogni giorno, solo per la mensa, all’interno della quale vengono consumati. Oltre i 70 preparati per l’Unità di strada.

Insomma, la Caritas rappresenta una stampella fondamentale per le istituzioni, per evitare che il fenomeno si trasformi in emergenza sociale; un sostegno, quello dei volontari, che rappresenta – così come il lavoro del terzo settore in genere – l’unico mezzo per dare aiuto concreto alle persone. Ma che necessita, a sua volta, di sostegno. E di un indirizzo. “Bisogna capire se la città è volta all’integrazione o all’assistenza – sottolinea Salvo Pappalardo, responsabile delle attività. Io la vedo molto assistenzialista: fino a quando ci sarà la possibilità daremo aiuto alle persone. Ma dobbiamo responsabilizzarci, e insegnare a pescare a queste persone, non limitarci a dare solo il pesce. Catania offre una forma completa di assistenzialismo: il cibo non manca. Può mancare il lavoro, il civismo, un ordine pubblico, possono mancare gli enti locali, ad esempio, nel disbrigo pratiche. E’ una città in cui si fa tutto per il lungo periodo non si fa niente. A farne le spese sono gli ultimi, quelli che non hanno voce”. Poche ma fondamentali le scelte da compiere: “Occorre snellire l’iter burocratico per le persone straniere – dice – fare un tavolo a livello nazionale affinché si possa portare avanti un lavoro. E creare strutture – case popolari, ad esempio – e dare un tetto a chi ne ha bisogno”.

MICRO CREDITO. Negli ultimi anni, la Caritas ha avviato anche il sostegno economico a persone e imprese, con il micro credito, una possibilità concreta per avviare un’attività. “Siamo operativi dal 2009, con il prestito della speranza, rivolto alle famiglie in difficoltà, magari sfrattate o che non riescono a onorare alcuni impegni, poi si è passato anche quello per avviare attività imprenditoriali per un massimo di 25 mila euro – racconta Pippo Ternullo. Il denaro va tutto investito per quanto riguarda le attività imprenditoriali. In questi anni abbiamo erogato complessivamente 700 mila euro. Abbiamo anche una convenzione con un’associazione di Palermo per la lotta all’usura e al sovraindebitamento. Sono state avviate una decina di aziende e cinque stanno andando bene, qualche altra no. Su alcune si è creata una realtà che sta dando ottimi risultati”. Occorre buona volontà, un progetto imprenditoriale valido, il luogo giusto per avviarlo. “Bisogna però trovarsi in condizioni economiche particolari, con la possibilità di poter restituire il denaro – conclude. Perché si tratta di un prestito e come tale va rimborsato. In 5 anni. Questo ci permette di erogare altri crediti”.


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