Il trapianto di rene e il calvario | Donna risarcita con 200 mila euro - Live Sicilia

Il trapianto di rene e il calvario | Donna risarcita con 200 mila euro

L'ospedale Cervello di Palermo

Riconosciuto un indennizzo a una donna in cura all'ospedale Cervello.

PALERMO – È una vicenda sanitaria tormentata, conclusa con l’espianto del rene trapiantato ad una donna di 58 anni. La terza sezione civile del Tribunale di Palermo ha condannato un ematologo e l’azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello a risarcire con 202 mila euro la paziente e il marito per i danni subiti.

Ne febbraio 2005 l’uomo decide di donare un rene alla moglie. Un grande gesto di amore per una prospettiva di vita migliore. Pochi mesi dopo le viene diagnosticato un linfoma. Le cure fanno effetto solo che nell’agosto 2007 si presenta una recidiva. All’inizio del 2008 la donna viene ricoverata per una neutropenia febbrile all’ospedale Cervello. Serve un trattamento di staminoaferesi, che è la raccolta delle cellule staminali. Una procedura eseguita mediante l’inserimento di un catetere nel rene trapiantato che provoca un’emorragia prima e una trombosi poi. Trasferita all’Ismett di Palermo, si procede con l’espiantato del rene. La coppia si rivolge al Tribunale con l’assistenza degli avvocati Enrico Cadelo ed Elvira Ganci.

Un consulente ha stabilito che l’emorragia è stata causata dalle “manovre compressive conseguenti all’imprudente manovra di applicazione del catetere venoso centrale”. Ed ancora: “Sono stati ravvisati profili di colpa professionale per imprudenza nell’esecuzione del posizionamento del catetere… che doveva ricadere, infatti, sul vaso venoso controlaterale, e non su quello afferente all’organo trapiantato: ”.

Da qui la citazione in giudizio dell’ematologo Francesco Fabbiano e dell’azienda ospedaliera. Il medico, secondo il perito, “non è intervenuto per effettuare correzioni di sorta, limitandosi a rimandare ogni controllo, con ciò contribuendo ad aggravare la complicanza emorragica, lasciandola durare per giorni e giorni fino alla disfunzione e conseguente espianto dell’organo. Non v’è dubbio, pertanto – sono le conclusioni del giudice Giulio Corsini – che il medico abbia concorso eziologicamente e colposamente ai danni lamentati dall’attrice. Lo stesso pertanto deve essere condannato in solido con l’azienda ospedaliera”.


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