L'omertà di via Brigata Aosta | "Ma perché, hanno sparato?" - Live Sicilia

L’omertà di via Brigata Aosta | “Ma perché, hanno sparato?”

Via Brigata Aosta

Una mattina al Palazzo di ferro, dove la cronaca sembra non esistere.

PALERMO - IL REPORTAGE
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3 min di lettura

PALERMO – Qui ieri sera non è successo niente. Nessuno ha sparato, non c’è stato un inseguimento tra le scale, nessun ferito, le volanti della polizia non ci sono mai state. Davanti al condominio al numero 56 di via Brigata Aosta, dove ieri sera un qualcuno ha cercato di uccidere un pregiudicato ferendo due persone, sembra che la cronaca non esista. Tutto è tornato alla tranquilla routine quotidiana, quella di una sacca di degrado, povertà e delinquenza in piena Palermo.

Il mondo parallelo si sviluppa accanto a una zona fatta di botteghe e condomini, e come spesso capita per zone di questo tipo è isolato, pur essendo a portata di voce dal resto della città. Il vecchio condominio, che qui in zona chiamano il Palazzo di ferro, è incastonato tra le mura che lo separano da via dell’Arsenale e un altro grosso palazzo che gli sta alle spalle. Ha bisogno di interventi pesanti, le porte d’ingresso sono sfondate e mancano diverse finestre, ma tra i balconi fanno capolino i motori di diversi condizionatori. Le vie d’accesso sono due, entrambe da via dei Cantieri, da cui tutta la sporcizia della zona sembra rotolare in quest’angolo. Quasi come una via di demarcazione: davanti al Palazzo si accumulano sporcizia, rottami di televisori, porte di legno sfondate, cartacce, pezzi di legno fradici, bottiglie di vetro. Sembra un luogo in cui fino a un attimo prima si era radunata una folla, mentre il resto della via è pulito. Come se ci fossero due amministrazioni diverse.

In realtà il condominio è davvero passato di mano da un’amministrazione all’altra. La prima fu quella del comune di Palermo, che in piena emergenza abitativa del 1999 lo adibì a ospitare 70 famiglie di senzatetto. L’assegnazione in custodia doveva durare un anno, ma poi ci si dimenticò del palazzo e l’amministrazione passò a quel sottobosco di persone ai margini della legalità già in azione in altre zone della città. Gli occupanti legittimi scesero a 20 per fare posto alle occupazioni abusive e a un meccanismo di compravendita in nero degli appartamenti, ancora oggi in vigore. Con il passare del tempo il Palazzo di ferro diventò un’isola di spaccio e abusivismo, completamente separata dal quartiere che lo circonda.

“Perché, hanno sparato?”: l’isolamento del condominio dal resto della zona arriva al punto che qualsiasi negoziante della zona giura di non avere sentito e di non sapere nulla degli spari di ieri sera. Il titolare di un negozio, a venti metri da dove è entrato in azione il sicario, dice che al momento della sparatoria stava lavorando eppure non ha sentito né visto niente, nessun trambusto, nessuna voce. “Dagli abitanti di quel palazzo non abbiamo nessun fastidio – dice il negoziante – sono nostri clienti e pagano normalmente. Non abbiano neanche problemi di ordine, se ne stanno al loro posto”.

Gli abitanti del Palazzo di ferro tengono i propri affari dentro la struttura, senza coinvolgere il resto del quartiere. Per questo l’atmosfera, il giorno dopo la sparatoria iniziata per strada e proseguita tra gli appartamenti, è quella di un ritorno forzato alla normalità. Le persone entrano ed escono dal portone divelto, qualcuno fuma alla finestra e dalle saracinesche dei garage occupati si intravedono bombole di gas, scooter e bidoni metallici. Nelle vie limitrofe gli abitanti minimizzano, dicono che ieri sera non è successo nulla. L’unico segno di tensione è dato dalle vedette, persone che controllano le vie d’accesso al Palazzo appostate sui balconi o per strada: osservano qualsiasi sconosciuto si avventuri davanti all’ingresso, e se sospettano un’intrusione si passano la notizia urlando da un balcone all’altro. Come a Scampia o altri quartieri degradati più famosi di questo anonimo palazzo. Dall’altra parte della strada c’è un altro palazzo, con un portone integro e persino un cartello che augura buon Natale. Sembra in un quartiere diverso da quello del Palazzo di ferro, con la sua entrata divelta, le scritte sui muri, le tende sui balconi e i garage con le saracinesche arrugginite. Invece è dall’altra parte della strada, a dieci metri dal mondo parallelo.


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