Vucciria, la missione di Pino Leto | "Così salvo i ragazzi dalla strada" - Live Sicilia

Vucciria, la missione di Pino Leto | “Così salvo i ragazzi dalla strada”

Pino Leto con alcuni dei ragazzi nella palestra della Vucciria

Pugni, sacrificio e sudore. La ricetta dell'ex campione dei Superwelter per i giovani del quartiere

PALERMO – Tuta, grinta e borsone in spalla, sono pronti ad indossare i guantoni e a salire sul ring. Il vivai di ragazzi sulle balate di via dei Coltellieri, nel cuore della Vucciria, parla chiaro: da quelle parti si trova il loro “maestro”, l’otto volte campione italiano e vincitore del titolo europeo Superwelter, Pino Leto. L’ex pugile palermitano che negli anni Ottanta ha collezionato una vittoria dietro l’altra, li aspetta nel locale in cui ha messo in piedi una palestra di tasca sua. E’ legato alle sue radici più che mai e oggi, attraverso lo sport, vuole salvare i ragazzi del quartiere dalla povertà e dalla disperazione. Le stesse che ha vissuto sulla sua pelle.

“Se abbassi la guardia sei finito. Lo insegno ogni giorno a questi giovani che ormai considero dei figli”, dice mentre i suoi allievi lo ascoltano con attenzione. Hanno dai dieci a trent’anni e tanta voglia di imparare. “Non è mai troppo presto o troppo tardi per avvicinarsi alla boxe – spiega Pino Leto – perché non si tratta solo di un approccio fisico. E’ uno sport che cambia lo stato mentale, dà disciplina perché impone regole ferree che rendono l’individuo più sicuro di sé. L’autostima – aggiunge l’ex pugile – azzera la ‘logica del branco’ che nei quartieri critici conduce molti giovani ad intraprendere strade rischiose, ad allearsi col mafioso di turno. E qui è ancora molto facile cadere in trappola e sprofondare nel degrado che porta alla malavita”.

Quella di cui il campione di pugilato parla è una realtà ancora complessa, ferma nel tempo. “Gli anni passano, il resto della città si evolve – dice – ma qui alla Vucciria si vive in una sorta di cristallizzazione fatta di fame e disperazione. La maggior parte della gente vive come se fossimo ancora negli anni Sessanta, assisto tuttora a dinamiche assurde, che avevano gravi conseguenze già quando ero piccolo io. Esiste ancora la ‘fuitina’ ed è frequente che i più giovani abbandonino la scuola per andare a lavorare, ma non esistono più le tante botteghe artigianali di una volta, dove era possibile imparare un mestiere. E’ un mondo in cui ho visto anche morire i miei migliori amici o semplici conoscenti per le loro scelte sbagliate”. Pino Leto, alla soglia dei 61 anni, sogna un futuro diverso per i ragazzi a cui insegna a praticare il pugilato. “In questi anni ne ho allenato più di duecento. Alcuni vanno via, altri restano. La strada per diventare campioni è dura, ma c’è chi non si arrende e ne vado fiero. Attualmente qui si alternano circa venti ragazzi”.

Nell’area attrezzata ricavata da un’area del “Caffè antico”, a pochi passi da piazza Caracciolo, si respirano tenacia ed entusiasmo. “Maestro, oggi che facciamo?”, Chiede Fabrizio, 18 anni. “Lui sta diventando bravissimo – dice Leto, indicandolo – ha imparato a gestire la sua forza, a rispettare le regole”. L’obiettivo, d’altronde, è quello di strappare i giovani dalla strada facendo prevalere la logica dello sport: “Il pugilato permette di canalizzare la violenza e di gestirla attraverso rigore e rispetto. Alcuni ragazzi sono cambiati totalmente grazie alla boxe, sono diventati uomini consapevoli delle proprie capacità, che possono urlare a gran voce ‘Io esisto’.

E Fabrizio, da grande, vuole diventare un campione come Pino Leto: “Questo è il mio futuro – dice mentre con energia sferra i colpi al sacco da boxe – lui è fonte di ispirazione per tutti noi, guardiamo spesso i filmati delle sue gare, delle sue vittorie e tutto ciò ci dà molta carica”. Già negli anni Novanta, durante l’attività agonistica, Leto era riuscito a far diventare un campione Totò Inserra, un ragazzo che lavorava al mercato ortofrutticolo: “Lui vinse venticinque combattimenti, venti per ko. Fu anche campione italiano pesi massimi, dilettanti”. E prima della realizzazione della struttura, l’ex pugile allenava per strada, in piazza Caracciolo, e collaborava con la palestra popolare di via San Basilio. Quando si è sparsa la voce, i ragazzi sono arrivati da varie zone della città, dal Borgo Vecchio al Capo, dall’Albergheria a Romagnolo. “Mi sono prima accertato delle loro condizioni di salute, ognuno ha dovuto effettuare gli esami prima di cominciare gli allenamenti. Poi è iniziato un percorso stupendo che mi ha aiutato a superare un terribile momento della mia vita”. 

L’ex campione europeo ha infatti perso il lavoro di metronotte dopo un episodio avvenuto proprio tra i vicoli della Vucciria due anni fa. “Volevo difendere mia nipote e il suo fidanzato che erano stati minacciati da un tossicodipendente con un coltello, ma alla fine sono stato denunciato io e la mia licenza è stata sospesa. Poi è arrivato il licenziamento. Quando mi hanno detto della presenza di un’arma da taglio ho temuto il peggio: nella mia mente è ancora vivo il ricordo di quello che mi è accaduto mentre lavoravo in banca come guardia giurata, mai potrei dimenticare quello che è successo, vedendo ogni giorno allo specchio la mia cicatrice in faccia”.

Era il 1993, Leto era in servizio al Banco di Sicilia di corso dei Mille quando due giovani tentarono di mettere a segno una rapina. Sparò dopo essere stato colpito al volto da un coltello impugnato dal giovane rapinatore che aveva tentato di bloccare con un pugno. Il ragazzo morì, mentre l’ex pugile ed il rapinatore ferito furono trasportati all’ospedale. Leto riportò una ferita dallo zigomo della guancia sinistra fin sotto il collo, che gli fu ricucita con decine di punti di sutura. “Quel giorno segnò tutta la mia vita – dice oggi – per almeno vent’anni ho vissuto in un incubo, nella paura che potesse accadere qualcosa a me e alla mia famiglia. Per questo da anni dedico la mia esistenza al recupero di giovani sbandati. Sarei felice di avere uno spazio più ampio a disposizione, magari con la collaborazione del Comune a cui mi sono già rivolto diverse volte. Qui – conclude Pino Leto – facciamo fatica anche a comprare i guantoni nuovi quando diventano vecchi, non possiamo fare tutto da soli. Ringrazio mio cugino Rosario Schiavo, che è stato anche mio ex allievo e mi sta dando un grande appoggio in questa impresa: senza di lui non avrei saputo come fare. Per questo sarebbe bello che qualcuno ci aiutasse in questo progetto di rinascita”.


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