Club scambisti e prostituzione |"Illegittimità della Legge Merlin" - Live Sicilia

Club scambisti e prostituzione |”Illegittimità della Legge Merlin”

Il difensore di alcuni imputati, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha sollevato un'eccezione di incostituzionalità.

Il processo
di
4 min di lettura

CATANIA – È stata sollevata stamani, da parte dell’Avv. Giuseppe Lipera, difensore di sei dei soggetti imputati perché avrebbero favorito lo sfruttamento della prostituzione all’interno del club per scambisti “Sesto Senso” di Misterbianco, nel processo pendente dinnanzi il Tribunale Collegiale di Catania, Terza Sezione Penale, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 comma 1 n. 4 e 8, della legge n. 75 del 1958 (c.d. Legge Merlin) per il contrasto con gli artt. 2,3,13,25 comma 2, 27 e 41 della Costituzione, laddove configura come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione, volontariamente e consapevolmente esercitata (fatti che risalgono al 2010 quando i carabinieri fecero irruzione in una villa di Misterbianco per cui poi eseguirono un ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di una decina di persone).

In particolare la difesa, richiamando i principi espressi dai Giudici della Corte di Appello di Bari, i quali con ordinanza del 6 febbraio 2018 hanno sollevato la questione di legittimità della c.d. Legge Merlin sulla quale la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi, ha evidenziato come sulla base del presupposto ideologico che i principi costituzionali sono soggetti ad interpretazioni dinamiche volte ad adeguarne il significato alle trasformazioni della società esiste un possibile conflitto tra alcune parti della Legge Merlin e i dettami della Carta fondamentale.

In primo luogo, le disposizioni della suddetta legge si pongono in contrasto con l’art. 2 della Costituzione nella parte in cui riconosce i diritti inviolabili dell’uomo tra i quali rientra, come la stessa Consulta ha già avuto occasione di sottolineare (cfr. sent. n. 561/87), quello di disporre liberamente del proprio corpo anche orientandosi per propria autonoma scelta verso il meretricio.

Così come osservato dalla Corte barese, se diritto inviolabile della persona umana è quello alla sessualità autodeterminata, allora non può contemporaneamente rilevare sul piano penale il compimento da parte di terzi di condotte tese semplicemente a favorire l’incontro tra domanda ed offerta, senza in alcun modo incidere “sulla primigenia libertà autodeterminativa delle escort nella gestione della propria corporeità in cambio di vantaggi matrimonialmente apprezzabili”.

In altri termini, un conto è il Lenone, il quale sfrutta o avvia alla prostituzione, altro conto è chi si limiti a fungere da intermediario onde agevolare un “imprenditrice in forma individuale” del sesso.

In secondo luogo, inibire a livello penale forme di sostegno a tale attività di “impresa” significherebbe violare il diritto alla libera iniziativa economica privata previsto dall’art. 41 della Costituzione.

Il terzo profilo di incostituzionalità che riguarderebbe le fattispecie incriminatrici da applicare alla vicenda in oggetto si riferisce alla violazione del principio di offensività ricavabile dal combinato disposto degli artt. 13, 25 e 27 Cost.

Infatti, la Legge Merlin difende, non già gli impalpabili interessi di matrice statuale della pubblica moralità e del buon costume, bensì il valore individuale della libertà di determinazione della donna al compimento di atti sessuali, in ossequio alle indicazioni da tempo formulate anche dalla Cassazione (cfr. 35776/ 2004; 16207/ 2014 e 49643/ 2015) e dalla CEDU (cfr. sentenza 11 Settembre 2007, Tremblay vs Francia).

Pertanto, se l’agente, lungi dal condizionare il processo di avviamento alla prostituzione o lontano da brame di lucro, assolva unicamente al ruolo di intermediario tra la sex worker volontaria e i clienti, allora lo stesso non coopererà in alcun modo alla lesione del bene giuridico protetto, non realizzando condotte finalizzate a mortificare l’autonoma determinazione della donna in campo sessuale, né la sua dignità, ma anzi ponendo in essere contegni volti ad assecondare le sue libere scelte professionali.

Infine, rileva la violazione del principio di legalità, previsto dell’art. 25, comma secondo, della Costituzione, nel suo specifico corollario della tassatività, con riferimento alla condotta di “favoreggiamento”, atteso il carattere onnivoro e omnicomprensivo attributo a questo termine nel costrutto letterale in cui risulta inserito all’interno del paradigma astratto: l’art. 3, comma primo, n. 8 prima ipotesi, punisce: “chiunque in qualsiasi modo favorisca la prostituzione altrui”.

Conclusivamente, è stata eccepita la complessiva inosservanza del principio di uguaglianza/ ragionevolezza, sancito nell’art. 3 della Costituzione, nella misura in cui una condotta – quella del gestore e del frequentatore del club per scambisti – dissonante delle tipiche condotte di “reclutamento e favoreggiamento” della prostituzione, finisce per essere assimilata a simili comportamenti nel disposto della Legge Merlin.

Sulla base di quanto esposto l’Avv. Lipera ha oggi chiesto al tribunale catanese di sollevare anch’esso la questione di legittimità costituzionale, già proposta dalla Corte di Appello di Bari, o in subordine di sospendere il procedimento in attesa che la consulta si pronunci in merito

A questo punto il P.M. Dott.ssa Agata Consoli ha chiesto il rigetto, mentre il Tribunale, presieduto dalla Dott.ssa Maria Pia Urso (giudici a latere la Dott.ssa Consuelo Corrao e il G.O.T. Dott.ssa Barbara Rapisarda) si è riservato di decidere.

Il processo è stato rinviato all’udienza del 3 luglio 2018 per sentire i periti sulle trascrizioni delle intercettazioni e per sciogliere la riserva sulla eccezione di incostituzionalità o di sospensione del procedimento.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI