"Orlando? Un Re Mida al contrario | La narrazione su Palermo è finta" - Live Sicilia

“Orlando? Un Re Mida al contrario | La narrazione su Palermo è finta”

Il modello Valencia nella campagna social di Fabrizio Ferrandelli

La città, i suoi problemi irrisolti, il modello Valencia. Il leader dei Coraggiosi a ruota libera.

L'intervista
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4 min di lettura

PALERMO – Un racconto per immagini della città, attraverso nove problemi da risolvere e una alternativa possibile, quella della città di Valencia partita da condizioni simili a Palermo ma cresciuta in modo diverso. È la campagna social con cui Fabrizio Ferrandelli, leader dei Coraggiosi ed ex deputato regionale, contesta l’amministrazione di Leoluca Orlando e il modo in cui il sindaco di Palermo racconta la sua azione politica. “La narrazione su Palermo è finta – dice Ferrandelli – è indietro di dieci anni rispetto all’Europa. Quali ricadute sul territorio hanno avuto tutti i contatti internazionali di cui si vanta Orlando?”

Ferrandelli, perché proprio Valencia, in Spagna, come esempio positivo rispetto a Palermo?

Valencia è la metafora di come potrebbe essere una città: negli anni ottanta aveva lo stesso numero di abitanti di Palermo, era attraversata da un fiume inquinato paragonabile all’Oreto e aveva gravi problemi socioeconomici. Al tempo stesso, nel 1980 Orlando è entrato per la prima volta nell’amministrazione comunale. Da allora entrambe le città sono entrate in due fasi diverse, con Valencia che ha bonificato il fiume, ha investito sulle relazioni internazionali e sull’attrarre capitali privati e si è trasformata in una città a misura d’uomo e di turista. Palermo invece è ferma al modello voluto da Orlando.

Anche Palermo è cambiata, negli ultimi trent’anni…

Sì, ma è sempre nell’ottica della narrazione di Orlando. Questa amministrazione non fa che dire che le cose sono cambiate, ma è sempre un cambiamento autoreferenziale: saranno anche aumentate di due chilometri le piste ciclabili, ma sono aumentate rispetto a quando il sindaco era sempre Orlando.

È il marchio a cui fanno riferimento le nove immagini di denuncia della sua campagna social?

Abbiamo usato uno slogan ironico sul fatto che Orlando amministra Palermo dal 1980: ormai è come se fosse diventato un brand, più che un’amministrazione. Per la quale, tra l’altro, ogni problema è sempre colpa della Regione o del governo nazionale. Ma una città contemporanea deve accettare la sfida del mondo globale, accettare sfide contemporanee. Ad esempio: la nostra è una città molto turistica, ma la violenza e il degrado delle periferie hanno un riverbero su tutto, anche sull’economia del turismo. L’assenza di servizi pubblici, di cui parlo in una delle immagini pubblicate su social, si riflette su tutta la città: un turista che vuole andare dal centro a Mondello come fa, senza i mezzi? E poi la costa sud, che potrebbe essere un punto di forza ma su cui in trentasette anni non è mai stato fatto niente. Dovremmo iniziare a guardare in faccia la realtà, a dire che cultura e arte devono andare negli altri quartieri e non solo nel centro. Io ho voluto porre questi problemi, per i quali alcune soluzioni esistono già: le ho studiate e inserite nel mio programma ai tempi della mia candidatura a sindaco.

Una visione di città diversa, dunque. Ma per arrivare a cosa?

È proprio questa la differenza tra me e Orlando. Lui è la cultura della vecchia repubblica, basata sulla spesa pubblica che crea reddito, ma oggi abbiamo bisogno di un nuovo tipo di dirigenza, in grado di creare relazioni e attirare finanziamenti pubblici e privati. Nel mondo moderno le sfide sono globali, all’azienda di Partinico non interessa la questione meridionale se può esportare a New York. Un tema che si pone anche sugli investimenti, una cosa che dicevo anche nella mia campagna elettorale: dobbiamo aprirci a fonti di investimento private perché i conti in città sono un disastro. Orlando lui invece raccontava la favola del buon padre di famiglia che tiene tutto in ordine. Credo che ormai il suo bluff sia evidente, con la sua elezione e il mio posizionamento all’opposizione è iniziato il dopo – Orlando e i cittadini se ne sono accorti, lo vediamo dai risultati elettorali.

A proposito delle elezioni nazionali: il Partito democratico, in cui Orlando era entrato poco prima delle elezioni, non ha avuto un buon risultato.

Orlando sta dimostrando di essere il contrario di Re Mida, ciò che tocca lo trasforma in fango e ovunque si sia cimentato ha lasciato macerie. In queste elezioni non è riuscito nemmeno a fare eleggere Giambrone, uno dei suoi uomini di fiducia. Il sindaco è una delle cause di rigetto dell’elettorato del Partito democratico, che vedendo queste operazioni di scambio politico si è allontanato.

Accuse di questo tipo iniziano ad arrivare da molti esponenti all’interno del partito. Pensi ai ‘Partigiani’, che proprio ieri hanno chiesto le dimissioni del gruppo dirigente.

Io mi sono dimesso da deputato regionale nel 2015 e non ho crisi d’identità, perché conosco i miei valori e la mia formazione politica. Sono gli altri ad avere avuto una torsione, costruendo un partito di notabili, mettendo tutto e il contrario di tutto, sostenendo Crocetta. Quando mi sono dimesso non ho trovato nessun partigiano accanto a me, sono rimasti tutti attaccati a quel gruppo dirigente. Quindi saranno i temi a decidere: rispetto ai temi del crocettismo e del neo orlandismo renziano sono comunque alternativo, e chiunque si ponga come alternativo su questa linea sarà mio alleato. Nel mio piccolo avevo capito che le persone ora si aggregano sulla base delle idee e delle questioni. Ci sarà una nuova rappresentatività e in molti paesi lo hanno capito, per esempio Macron che dice che non importa da dove vieni ma dove vuoi andare. Io continuo a non fare questioni ideologiche ma a concentrarmi sui problemi, per questo riesco a parlare con tutti, anche con il Movimento cinque stelle in consiglio.


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