Il trionfo leghista a Lampedusa | "La gente è stanca, non ne può più" - Live Sicilia

Il trionfo leghista a Lampedusa | “La gente è stanca, non ne può più”

Una protesta di migranti a Lampedusa

Matteo Salvini registra una percentuale altissima nell'isola degli sbarchi. Ecco perché.

Le Politiche
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4 min di lettura

Quante Lampedusa ci sono, sul mare che circonda un’Isola più immaginaria che reale, negli occhi e nelle orecchie di chi non la abita? C’è Lampedusa dopo la strage del 3 ottobre 2013, quando quasi quattrocento persone atrocemente morirono nel naufragio più imponente di tutti. La capitale della solidarietà e dell’accoglienza che si stringeva intorno alle vittime e confortava i sopravvissuti. Papa Francesco soffiò parole di indignata commozione. La politica indossò il vestito solenne del cordoglio. E in tanti giurarono che non sarebbe accaduto mai più.

C’è Lampedusa all’indomani delle elezioni del quattro marzo: quasi un avamposto salviniano. Una nota d’agenzia riassume i chiarissimi numeri: “Da 3 a 346 voti, più del doppio di quanti ne ha presi il Pd e l’intera coalizione di centrosinistra. La Lega fa il botto anche a Lampedusa: nell’ultimo lembo d’Italia, la campagna elettorale tutta incentrata sulla lotta all’immigrazione porta al movimento il 14,64%. Una crescita enorme per Matteo Salvini che cinque anni in questo territorio fa aveva racimolato uno 0,15% alla Camera e zero voti al Senato”.

Allora si sperimenta come una sensazione di incongruo sdoppiamento tra due distinti karma: la commossa apertura e l’aspra chiusura. O forse sono categorie celestiali e astratte che non vanno bene, poiché la terra è impastata di contraddizioni che tali appaiono, almeno, in superficie. I siciliani, le migrazioni e il vento del Nord nello stesso capitolo di un libro di cronaca e storia: comunque, qualcosa è accaduto.

Il sindaco di Lampedusa e Linosa, Totò Martello, dice la sua: “La gente è insofferente e non ce la fa più. Gli ultimi sbarchi, da settembre scorso, hanno creato problemi seri. Molte case sono state scassate, alcuni migranti girano ubriachi e danno fastidio. Io non ho niente contro nessuno. Voglio solo che ci sia una distinzione tra i rifugiati che sono perbene e i delinquenti. Desidero che ognuno venga trattato come merita. Abbiamo bisogno di regole”.

Dichiarazioni reiterate che hanno portato al divampare di una polemica mediatica tra l’attuale primo cittadino e l’ex ‘sindaca’, Giusi Nicolini, tessera risplendente del renzismo solidale che fu, tra accuse e diti puntati. Resta il fatto: Totò (che è uno col pedigree di sinistra) ha vinto le ultime amministrative, le stesse che hanno registrato il tonfo di Giusi, piazzata al terzo posto.

Alessandro Pagano, neodeputato e segretario dei salviniani per la Sicilia occidentale, offre una lettura politica degli eventi e, ovviamente, partigiana: “Laggiù abbiamo bravissimi ragazzi che operano sul territorio. Noi siamo un partito vero che affronta le questioni, non siamo mica i cinque stelle. Lampedusa subisce l’avanguardia di un’invasione e i risultati di un pensiero che ritiene di spalancare le braccia a milioni di stranieri, spingendo alla fame i propri cittadini”. Tutto, dunque, dipenderebbe dal disagio, parzialmente evocato da Martello. La Lega trionfante ‘nell’ultimo lembo’ etc etc sarebbe la risposta elettorale a uno strappo sociale concreto.

Ma poi c’è ‘l’altra Lampedusa’, la decalcomania di un popolo pronto a sbracciarsi per l’estraneo. C’è la perla di ‘Fuocoammare’, il film-documentario di Gianfranco Rosi, sul dramma degli sbarchi, che ha raccolto premi, incenso, elogi e critiche entusiastiche. Pietro Bartolo, medico, è uno dei più noti protagonisti della generosità. E’ lui che cura i corpi che approdano, è lui che sistema i cadaveri, se occorre un gesto di pietà. Il dottore Bartolo ha ricusato la candidatura offerta da Leu “per restare in trincea”.

Adesso commenta: “Il successo della Lega, e non solo quello, nasce anche dalle cattive informazioni ed è facile abboccare. La gente è stanca, i giovani non hanno un’occupazione e c’è chi promette mari e monti, sfruttando il populismo e la protesta. Ma Lampedusa non è una realtà xenofoba o poco disponibile. Siamo stati i campioni del mondo d’accoglienza. Non so se, candidandomi io, le cose sarebbero cambiate, non sono un politico. Mi rispecchio nel progetto, nelle idee di ‘Liberi e Uguali’”. Senza che si fossero messi d’accordo, le parole del dottore sono un’eco di quelle del sindaco: la gente non ne può più.

Angela Maraventano, invece, è la ‘pasionaria’ leghista del luogo, già vicesindaca, già senatrice della Lega Nord. Sulla voce di wikipedia a lei dedicata campeggia il motto: “Leghista sugnu”. E una notizia – come definirla – gustosa: “Ha proposto l’annessione di Lampedusa alla provincia di Bergamo”. “Per ora sono lontana – commenta – ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. Ho chiamato molti amici che mi hanno detto: ‘Votiamo per Salvini’. La gente è stanca, insofferente e non ne può più”. E tre: da fonti ideologicamente irriducibili.

Lampedusa, isola immaginaria, terra lontana, non facile da leggere con gli occhiali delle contrapposte parrocchie, ma forse semplicissima e coerente nell’offrire aiuto e nel chiederlo.

Lampedusa, patria di anime in crisi, tomba di uomini e donne che qui vennero a morire. I bambini scampati alla strage del 2013 narrarono lo spavento di quella notte, con la matita, i colori e un foglio. Quei disegni sono da qualche parte e hanno tutti lo stesso paesaggio. Una nave nera, esile, il mare blu, immenso, come la paura, ombre, a bordo, patetiche e sfuggenti. Ombre minuscole, bocche soffocate di cui nessuno ha sentito il grido finale. Nel muro d’acqua che tutto ricoprì, povere scalfitture di umanità.


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