Mafia, estorsioni e minacce |Alla fine arrivano i Santapaola - Live Sicilia

Mafia, estorsioni e minacce |Alla fine arrivano i Santapaola

Ecco cosa succede quando l'imprenditore avvia i cantieri a Librino. Le microspie registrano tutto.

l'inchiesta Capolinea
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CATANIA – A Catania pagare il pizzo è un dazio quasi obbligatorio. Una fotografia drammatica quella che emerge leggendo le centinaia di pagine degli atti dell’inchiesta Capolinea della Dda di Caltanissetta. L’imprenditore intercettato dai poliziotti di Enna lo ripete in ogni telefonata. Parlando con l’uomo d’onore Turiddu La Delia, con la moglie, con gli operai. Ha voglia di denunciare, di uscirne, ma poi si arrende. “Se non pago, a Catania non lavoro più”. Si sfoga in un dialetto ennese quasi incomprensibile. E quando si varcano i confini di Catania “l’amico buono” da cercare è uno dei Santapaola-Ercolano.

Il boss di Enna lo anticipa a marzo 2017. Perché Pippo Balsamo, boss dei Cappello-Carateddi, si è riuscito a imporre a Noto e Augusta solo perché “lì non c’era nessuno”. O meglio nessun’altra famiglia mafiosa. A Catania è un’altra storia. E alla fine la premonizione dell’uomo d’onore si è avverata a maggio 2017. Quando l’imprenditore avvia il cantiere della posa della fibra ottica a Librino. Salvatore La Delia individua i referenti di Cosa nostra e organizza il primo incontro. L’intermediario è un ennese, Antonino Salvatore Medda, che da tempo vive a Catania e in particolare nel quartiere “Pigno”.

Il mafioso di Enna si fa accompagnare dall’imprenditore al primo incontro con i boss di Catania. Ma La Delia chiede la cortesia “di non parlare”. Fornisce un preciso vademecum su come comportarsi. “Io ti dico: se ti va bene… “ e si raccomanda di non dire “nemmeno una parola”. Gli accordi vengono raggiunti. Serve aspettare fino ad agosto per capire l’identità del boss del Villaggio Sant’Agata a cui l’imprenditore sta sborsando migliaia di euro. Non basta presentarsi come “Giuseppe” per depistare le indagini. Gli inquirenti capiscono che si tratta di Angelo Tomaselli, nome noto alle forze dell’ordine con un passato tra i Cursoti Milanesi di Jimmy Miano. È un boss pretenzioso Tomaselli. Vuole i soldi e li vuole subito. Non accetta ritardi. Ad un certo punto arriva anche a minacciare l’imprenditore. Faccia a faccia.

È novembre 2017 quando l’imprenditore a bordo della sua auto è affiancato da una moto con due uomini in sella. Le microspie registrano tutto. Tre colpi sul finestrino. E poi “come siamo combinati?”. Chi ascolta riconosce la voce di Angelo Tomaselli che ordina di fermarsi. I due “bloccano” l’imprenditore in via Alessandro Tassoni angolo via Padre Angelo Secchi. Le minacce sono esplicite. Così come il metodo: mafioso. “Il tuo dovere devi fare, ‘mpare?”. E ancora: “Questa volta lo stiamo dicendo a parole, non te lo dico più”. L’imprenditore promette di pagare a “dicembre”. E dopo la promessa di rivedersi Tomaselli lo lascia libero di andare.La vittima è scossa. Si susseguono decine di telefonate. E ad un certo punto si sfoga: “Devo avere a che fare con i vigili urbani, con la mafia…”. Poi racconta quanto è accaduto e ammette di essersi spaventato. Ed è forse questo che gli fa prendere una decisione: quella di allontanare l’uomo d’onore La Delia dal cantiere. La scusa è la presenza di alcune auto sospette che lo seguivano. Forse forze dell’ordine.


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