Province, la storia infinita | Senza risorse, servizi in tilt - Live Sicilia

Province, la storia infinita | Senza risorse, servizi in tilt

Gli enti sono allo sfascio, a causa di una riforma-flop. Ma forse, adesso una soluzione c'è.

DIRITTI E DOVERI
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A quasi quattro anni dalla soppressione delle province siciliane i liberi consorzi sono amministrati da commissari regionali e le città metropolitane da vertici provvisori, i nuovi enti esercitare le stesse competenze dei loro “antenati” con meno risorse, non hanno fondi sufficienti per pagare le utenze, la manutenzione ordinaria di scuole e strade, i servizi per gli alunni con handicap, gli stipendi dei dipendenti, le spese per il rimborso di mutui e fitti passivi, la quota di cofinanziamento di importanti progetti per lo sviluppo locale assistiti da contribuzione dell’Ue.

Alcuni enti non sono stati in grado di predisporre il bilancio previsionale e diversi commissari dei liberi consorzi hanno sospeso l’erogazione di servizi fondamentali e segnalato l’imminente dissesto finanziario, i cittadini, privati di prestazioni e servizi fondamentali, sono spesso “costretti” ad agire in giudizio per ottenere la continuità dell’attività istituzionale.

Il Tar Palermo ha rilevato che l’incompleta attuazione della riforma impedisce ai liberi consorzi di esercitare le proprie funzioni, e la Corte dei conti ha evidenziato che durante la “perdurante e pericolosa fase di stallo nel processo di attuazione del disegno di riforma” gli “squilibri strutturali tra entrate e spese …… rischiano di degenerare, già nel breve periodo, in situazioni di paralisi funzionale”, dato che le risorse disponibili sono “insufficienti alla messa in sicurezza di beni primari per la collettività amministrata (in primis, strade e scuole)” e “l’endemica insufficienza delle entrate” ha comportato la riduzione “al minimo dell’attività istituzionale svolta dai liberi Consorzi”, pregiudicando la funzionalità dei servizi e delle prestazioni erogate, talvolta aventi a oggetto diritti fondamentali”. Di questa drammatica situazione “hanno risentito particolarmente i servizi per i disabili e quelli di supporto alle scuole di secondo grado, e, nei casi più gravi, si segnalano situazioni di notevole arretrato nel pagamento degli stipendi”.

Le deliberazioni della Corte dei conti consentono anche di individuare le responsabilità di questa impasse: da una parte la Regione ha attribuito a liberi consorzi e città metropolitane più funzioni rispetto alle vecchie province senza preoccuparsi di garantire che potessero disporre di maggiori risorse, e poi ha più volte modificato la riforma senza mai attuarla; dall’altra il rischio di paralisi funzionale è in larga misura dovuto “ai consistenti tagli ai trasferimenti statali”, che “nel triennio 2012/2014, si sono ridotti di quasi il 92 per cento (da 90 a 7 milioni di euro)”, ed al continuo incremento del contributo alla finanza pubblica richiesto agli enti di area vasta siciliani, cioè delle risorse che devono versare allo Stato, “passato, tra il 2014 e il 2017, da 22 a 230 milioni”.

Il notevole impegno finanziario della Regione si è rivelato “in alcuni casi decisivo al fine di scongiurare situazioni di paralisi funzionale”, ma non è bastato ad arginare il disavanzo strutturale di circa 200 milioni. La situazione, infatti, richiede rimedi di natura strutturale, ma chi deve farsene carico?

Una recente sentenza del Tar Palermo ha imposto alla Regione di attribuire al libero consorzio di Enna le nuove funzioni assegnate dalla legge e le risorse necessarie per consentirne il normale esercizio, e tale onere potrebbe in futuro essere esteso a favore di tutti gli altri enti di area vasta, molti dei quali hanno proposto azioni giudiziarie per rivendicare importi particolarmente consistenti (sino a 550 milioni di euro).

Tuttavia la legge regionale prevede espressamente che l’attuazione della riforma non può comportare “ulteriori oneri per la finanza pubblica regionale” e la Costituzione impone allo Stato il dovere di attribuire a Regioni ed enti locali risorse che consentono “di finanziare integralmente le funzioni loro attribuite”, per garantire la corretta erogazione dei servizi e delle prestazioni pubbliche. Lo Stato, inoltre, sarebbe tenuto ad intervenire in aiuto degli enti siciliani per porre rimedio agli effetti del proprio disimpegno finanziario degli ultimi anni, dato che la Corte costituzionale ha chiarito che la drastica riduzione di risorse e il continuo incremento di oneri a carico dei bilanci locali devono ritenersi illegittimi se determinano l’impossibilità di erogare regolarmente prestazioni e servizi pubblici.

In ogni caso la soluzione del problema non può prescindere dal riordino delle competenze delle “nuove province”, nell’ambito di una riforma che interessi l’intero sistema dei poteri locali, la struttura periferica regionale e la vasta galassia di società partecipate, enti ed organismi strumentali, agenzie, soggetti d’ambito, unioni, gal, convezioni, distretti, consorzi, e altre varie forme di esercizio associato o condiviso di attività pubbliche. Ciò consentirebbe di razionalizzare un vasto apparato che la Corte dei conti ha definito “fuori controllo” e di eliminare duplicazioni e sovrapposizioni di competenze, moltiplicazione delle strutture e degli apparati burocratici, in modo da offrire ai cittadini e alle imprese un livello adeguato di servizi e prestazioni senza gravare troppo sulle tasche dei contribuenti.

Si tratta certamente di una operazione di riordino particolarmente complessa, più volte annunciata ed espressamente prevista dalla legge di riforma ma sinora mai concretamente realizzata, che adesso però risulta agevolata dalla recente disciplina statale che impone a regioni ed enti locali di valutare attentamente l’effettiva utilità e l’efficienza dell’attività svolta dagli enti strumentali e dalle società controllate e partecipate, di individuare le funzioni che potrebbero essere più efficacemente svolte da enti istituzionali e di dismettere le partecipazioni non strategiche e redditizie.


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