Vulcania, studentato e ristorazione |Idea green di due giovani architetti - Live Sicilia

Vulcania, studentato e ristorazione |Idea green di due giovani architetti

Adriana e Martin, neo laureati, hanno immaginato la nuova vita dell'ex centro commerciale, abbandonato da decenni.

la tesi di laurea
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CATANIA – Per alcuni è sempre stato così. Un grosso blocco di cemento al centro di un quartiere che ne ha preso il nome. Nonostante l’edifico, realizzato all’inizio degli anni Ottanta, sia abbandonato da decenni. E’ forse questa la caratteristica principale di Vulcania, il primo centro commerciale cittadino edificato quando ancora non era scoppiato il boom dei grossi centri poliedrici che hanno costellato i confini di Catania: non esistere più da tempo, ma essere ancora punto di riferimento per la popolazione. Chi lo vide pullulare di gente quando aprì i battenti, e chi lo ha sempre conosciuto come un’opera di “archeologia commerciale”. Tra questi ultimi, anche Adriana Di Mauro e Martin Pistorio, due giovanissimi ex studenti di architettura che, all’ex centro commerciale e alla sua riqualificazione, hanno dedicato tempo ed energie, dedicando la tesi di laurea discussa nel giugno dell’anno scorso, proprio alla rigenerazione e al profondo recupero dell’edificio, immaginato come possibile residenza universitaria, mantenendo però una funzione di “vicinato”.

“l’idea – spiega Adriana – è quella  di far vivere la struttura 24 ore su 24,

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mantenendo le attività presenti, come gli uffici o il bar, e la sera immaginando attività, ad esempio, di ristorazione, internet point, tutte quelle attività connesse con quelle dello studente e che possono essere estese ai residenti. Fare insomma in modo che le due realtà si abbraccino”. Un mix di funzioni, dunque, per mantenere il rapporto con il territorio. Ma anche una soluzione alla problematica che da sempre grava sul Vulcania: la divisione di spazi e proprietà, l’esistenza di numerosi proprietari da mettere d’accordo, è uno degli ostacoli alla riqualificazione dell’edificio. La trasformazione in alloggi universitari potrebbe permettere di superare la questione. Oltre ad aprire nuove possibilità per gli studenti fuori sede. La zona, d’altrone, è servita dalla metropolitana e si trova a metà strada tra i poli universitari cittadini e la Cittadella universitaria.

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Tutti studi a supporto del progetto di Adriana e Martin. Che non hanno tralasciato nulla. “Gli studenti sentono la voglia di riunirsi, di condividere luoghi – spiega Martin. E la vicinanza con la Cittadella ci ha suggerito che questa potesse essere una buona idea. Abbiamo fatto un’analisi sui mezzi di trasporto, calcolando i tempi, sia a piedi che con autobus e metropolitana, per raggiungere ogni facoltà”. I due architetti hanno studiato anche la cronaca, documentandosi sul rapporto città-Vulcania rappresentato sui giornali e nei reportage giornalistici. “Ci siamo resi conto – continua Martin – che alle persone non importa cosa ci sarà, ma che venga fatto qualcosa per recuperare Vulcania, perché l’abbandono lo ha trasformato in un luogo malsano, ricovero di senza casa, di tossicodipendenti, di vandali, un luogo fonte di disagio per una zona residenziale.  I danni subiti dalla sede della terza municipalità, che si trova all’interno dell’ex centro commerciale, testimonierebbero la frequenza degli atti vandalici e la necessità di mettere in sicurezza tutta l’area.

Il legno è il materiale prescelto dai due giovani architetti, che hanno immaginato

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un edificio sostenibile, ispirato al parco sottostante, al contrario di Vulcania, luogo vissuto, amato dai residenti che lo popolano quotidianamente. “Abbiamo immaginato che l’unica realtà funzionante, ovvero il parco – sottolinea ancora Martin – diventi la materia di progetto, creando un continuum materico che dal verde del prato diventa legno che avvolge la struttura. Un abbraccio. Il progetto prevede infatti solo la sostituzione dell’involucro edilizio, che attualmente sono pannelli pesanti in calcestruzzo, con un sistema a doppio vetro e legno, con quest’ultimo che scorre sui binari e fa da frangisole”. Esclusa la demolizione, costosa e difficile da percorrere, si pensa al recupero delle funzioni.

La tesi oggi è pubblicata su una piattaforma web creata da un architetto milanese che si occupa proprio del fenomeno della dismissione degli edifici commerciali. Anche perché alla base del progetto c’è anche un confronto con una rete di professionisti che hanno commentato il lavoro di Adriana e Martin. Che sperano di poter replicare il lavoro su altre incompiute catanesi, su altri edifici oggi abbandonati. “Siamo indietro rispetto all’Europa – concludono – continuiamo ancora a costruire con il cemento, non riqualifichiamo, non riempiamo gli spazi sociali”.


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