Il corpo straziato di Aldo Naro | "Figlio mio, avrai giustizia" - Live Sicilia

Il corpo straziato di Aldo Naro | “Figlio mio, avrai giustizia”

Il figlio ucciso brutalmente in discoteca. Le foto. Una famiglia distrutta che cerca la verità.

PALERMO – Il corpo straziato del figlio è ancora a portata di carezze, nella memoria, per coloro che l’hanno amato. Come se, in tanta foga di colpi e violenza, ci fosse una sutura dell’affetto, una terapia del volersi bene che non andrà perduta.

Il corpo vilipeso del figlio giace sul tavolo di un obitorio, nella notte che ha inghiottito il suo calore, negando per sempre un altro abbraccio al padre, alla madre, alla sorella. Un metro misura la lunghezza del naso. Mani scrupolose, coperte da guanti blu, sollevano, toccano, ricompongono. Gli occhi appaiono socchiusi e partecipi, come se potessero intravvedere un filo di luce, dietro le finestre.

Le immagini del corpo straziato di Aldo Naro, il giovane  ucciso il 14 febbraio 2015 nella discoteca Goa di Palermo a 25 anni, sono visibili su facebook, in una pagina social consacrata alla richiesta di giustizia.

Perché una tale devastazione da mostrare? La risposta nell’agenzia che lanciò la notizia: “I familiari contestano la conclusione delle indagini che hanno portato alla condanna a dieci anni di reclusione di Andrea Balsano, che all’epoca dei fatti aveva 17 anni e faceva il buttafuori nel locale. Balsano ha ammesso di avere sferrato il calcio che ha ucciso Naro. I familiari hanno pubblicato su facebook un lungo post e le foto dell’autopsia, con un elenco di traumi documentati dalle immagini. ‘Davvero – si legge nel post a corredo – un solo calcio sferrato da un unico soggetto ad una persona che si trova a terra può provocare tutte le lesioni descritte? Se così non fosse, chi ha provocato tutte le altre? E pertanto, chi sono gli altri assassini di Aldo?”. Il papà di Aldo, Rosario, colonnello dei carabinieri, ha dichiarato all’Ansa: “Abbiamo deciso di dire basta. Abbiamo appena iniziato a mostrare all’opinione pubblica tutte le incongruenze emerse nelle indagini. Non possiamo più stare zitti”.

Adesso, Rosario Naro, parla nuovamente al telefono: “Non è stato semplice prendere quella decisione. Abbiamo ragionato insieme e a lungo. Avevo pensato di mettere online la relazione dell’autopsia, ma le immagini hanno un grande impatto sull’opinione pubblica. Hanno dato una scossa importante, hanno sensibilizzato, oltre il muro dell’indifferenza. Certo, il peso umano è stato notevole. Abbiamo rivissuto la tragedia, anche se, in effetti, la riviviamo quotidianamente”.

Il colonnello Naro intaglia le sue frasi con accuratezza, non solo per il suo ruolo istituzionale, ma perché è un uomo garbato che riesce a mantenere un atteggiamento decoroso, nonostante il cuore spezzato. E, nel sottofondo e nei toni, si avverte l’incrinatura profondissima che ha mandato all’aria la vita serena di una famiglia unita. Ci sono processi e sentenze. Ci sono avvocati e giudici. Ci sono le necessarie garanzie per gli imputati. Nessuno è colpevole fino a prova contraria. La giustizia merita tutto il rispetto che le è dovuto. Ma non si può negare il diritto di espressione alle vittime. E tutti – se ne discorre a Palazzo  – hanno ammirato la compostezza di un padre, di una madre e della sorella di Aldo che assistono alle udienze con gli occhi rossi di pianto.

Ci riflette il colonnello: “Penso che lui sarebbe stato d’accordo con noi. Non sopportava i soprusi e le violenze. Era un ragazzo calmo e posato. Non aveva mai litigato in vita sua. Se, quella sera, ha fatto qualcosa che ha scatenato una reazione, noi lo vogliamo sapere. Ma mi pare impossibile, diverse testimonianze riferiscono che mio figlio era seduto, che non ha partecipato a nessuna rissa. Per noi si è trattato di un omicidio feroce, un pestaggio atroce in cui molti si sono accaniti. Perché? Come è stato possibile? Comprendiamo che la giustizia debba compiere il suo corso, con i suoi tempi, tuttavia nutriamo dei dubbi che sollecitano risposte definitive e senza ombre”.

La voce al telefono è limpida e declina dall’aula di un tribunale alla protezione di una casa, dalla giudiziaria all’intimità. Ora, il racconto scorre al presente. Il tempo dei genitori che tentano di resuscitare i figli: “Aldo è un ragazzo eccezionale, ci dà soltanto gioie. Lo amo, come amo l’altra mia meravigliosa ragazza. Aldo studia, brucia le tappe, si impegna, eppure sta al passo con la vita, la ama. E’ capace di offrire la pizza o la discoteca a un amico in difficoltà o di consigliare qualcuno che si rivolga a lui per problemi sentimentali. E’ generoso e buono, il mio Aldo”.

Infine, torna il tempo del dolore. Al passato. “Ho saputo dell’accaduto alle sei del mattino. Mi hanno detto che era ferito. Ci siamo ritrovati nella camera mortuaria. Abbiamo pensato pure di ritirarci di non fare più niente, ma poi ci siamo guardati in faccia, io e mia moglie. Non ci siamo più fermati. Non possiamo fermarci. E non ci fermeremo”.

Il racconto si dissolve in una cortesia di saluti. Il corpo del figlio rimarrà indelebile nel cuore di coloro che l’hanno amato. Con gli occhi socchiusi e un mezzo sorriso che apre in due la notte, come se fosse prossimo un risveglio.

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