Il dubbio di Antonio | A che serve votare? - Live Sicilia

Il dubbio di Antonio | A che serve votare?

Benvenuti nella fiera della politica italiana.

Semaforo Russo
di
3 min di lettura

“Mi scusi dott. Russo, a che serve andare a votare?”. Questa domanda mi è stata posta recentemente da Antonio, un affezionato lettore incontrato casualmente. Non un convinto astensionista ma un cittadino che al voto, me lo ha voluto precisare, non ha mai rinunciato. Già, qualche dubbio sorge assistendo alle trattative in corso per la formazione del governo, peraltro finora fortemente condizionate non dalle strategie dei “vincenti” ma dagli umori dei perdenti, cioè Silvio Berlusconi e Matteo Renzi che magari,sotto sotto, sognano ancora di andare insieme a Palazzo Chigi.

In effetti non ha torto Antonio a interrogarsi. Prima si montano campagne basate sull’odio (sport praticato da ognuna delle parti in causa), sulla separazione tra il bene assoluto (noi) e il male assoluto (loro), su asserite incolmabili differenze (storiche, programmatiche, culturali e perfino di compatibilità democratica) e poi te li vedi insieme a discutere e trattare. I conti non tornano, nemmeno invocando il sano principio della responsabilità per gli impellenti bisogni del Paese e la tenuta dei mercati. Addirittura, abbiamo visto la politica perdere quel minimo di orizzonte ideale necessario per offrire all’elettore alternative visioni del mondo, dell’Europa e dell’Italia quando Pd, 5Stelle e Lega hanno accettato l’interscambiabilità dei ruoli al tavolo delle trattative come se fossero indistinguibili scatolette di tonno di eguale marca sullo scaffale di un supermercato.

Si dirà: in un sistema parlamentare e con una legge sostanzialmente proporzionale è naturale che avvenga. Naturale un corno direbbe però Antonio, continuando a chiedersi a che serve allora scomodarsi e recarsi al seggio se poi non si tiene conto del responso delle urne. Su Livesicilia (“Una legge per i nominati e l’ombra del voto inutile”) avevo prefigurato con largo anticipo l’attuale scenario. Per carità, niente doti divinatorie o speciali capacità intellettive, mi mancano entrambe, bastava solo scansare qualunque forma di cieca tifoseria per indovinare i rovinosi effetti dello sciagurato “Rosatellum”. Attenzione, non esiste la legge elettorale perfetta ma qui si è consumata la volontà di creare appositamente il caos se non avessero vinto Renzi e Berlusconi.

Qualcuno, a proposito di cieca tifoseria, commentò una mia riflessione sulle elezioni politiche appena celebrate in modo sarcastico e pungente. Avevo osato scrivere che nessuno aveva vinto, che c’è una bella differenza tra prendere più voti di altri – 5Stelle e Lega – e vincere. Vince solo chi un momento dopo lo spoglio può governare. Ora, dopo quasi 60 giorni senza un governo, nessuno parla di “vincitori” con la stessa prosopopea. Adesso? La verità è che nessuno vuole davvero governare, per motivazioni serie e di bottega al contempo.

Un accordo tra i 5Stelle e il Pd dopo il naufragio (così pare) di un’intesa tra 5Stelle e Lega? In astratto potrebbe maturare su alcuni punti programmatici nonostante più numerose siano le ragioni del conflitto (dal Jobs act al reddito di cittadinanza, dalla Fornero alla Buona Scuola, dall’art.18 allo Ius soli, ecc.). Se il tentativo fallirà per la strenua resistenza di Renzi (in maggioranza nella Direzione dem convocata per il 3 maggio) rimane al Capo dello Stato l’ultima carta, altamente rischiosa: un governo a tempo (di scopo, istituzionale, del presidente…) per alcuni adempimenti finanziari e, soprattutto, per una nuova legge elettorale che coniughi rappresentatività e stabilità. Quindi, ritornare al voto. Soluzione altamente rischiosa perché sebbene suggerita da una logica istituzionale stringente (evitare le urne con il “Rosatellum” e di ritrovarsi nelle medesime condizioni di oggi) un esecutivo non strettamente politico, forse guidato da una personalità fuori dai giochi, paradossalmente potrebbe essere quotidianamente ostaggio delle faide tra i partiti, ammesso che superi lo scoglio della fiducia in Parlamento.

Insomma, benvenuti nella meravigliosa fiera della politica italiana nella quale i perdenti tirano le fila e la volontà popolare rischia di valere quanto una canna da pesca in cima al Monte Bianco.


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