Fratel Mauro, il gol e le speranze | Danisinni ha un cuore senza fine - Live Sicilia

Fratel Mauro, il gol e le speranze | Danisinni ha un cuore senza fine

Fratel Mauro

Viaggio nella città rimossa che nessuno conosce. Eppure c'è.

PALERMO- Alle quattro del pomeriggio, in piazza, si gioca il miraggio di una finale di Champions. Ma non importa troppo se i piedi di alcuni calciatori in erba, che non conoscono prato, subiscono la crudeltà dell’asfalto in mancanza di scarpette adeguate. Nessuna asperità, per quanto spigolosa, ha mai tagliato in due un pallone bambino sospinto dai calci di un sogno.

Ci danno dentro i mini-campioncini che corrono, sudano, gridano, vagando tra due porte di fortuna, come se ci fossero ottantamila tifosi a incitarli. Ed è già questa la metafora di Danisinni e di una speranza che costa fatica. “Pensa – dice Fratel Mauro, saio, barba, occhi ragazzini – moltissimi palermitani non conoscono Danisinni e quasi tutti non sanno dov’è”.

Una piazzetta a pochi passi da piazza Indipendenza, il pallone, le urla che salgono al cielo, mentre scende la sera, nella cittadella separata dal resto della città, chiusa nella conca delle sue casupole, protetta dalla parrocchia, intermittente, visibile a periodi come certi villaggi da romanzo che appaiono ogni cento anni. Eppure, anche quaggùi batte forte il cuore di Palermo.

Nella mischia di un tentativo di resurrezione c’è lui, Fratel Mauro, parroco di Sant’Agnese, con una storia non comune alle spalle. Era un ragazzo impegnato al seguito di don Pino Puglisi, a Brancaccio. Aveva un lavoro, una fidanzata che pensava di sposare, la serena prospettiva di un’esistenza al riparo dal vento. Poi la vocazione lo ha preso e scaraventato quaggiù. “Ricordo quel periodo – sorride -. Sono stati tempi complicati per me, per la mia famiglia, per i miei affetti. Ma quando scegli, hai scelto. E vai dritto per la tua strada”. Che, adesso, ha il volto di una comunità in cammino nella cittadella rimossa che vuole tornare a casa.

“E’ necessario che emerga il bene che c’è sotto il degrado – dice Mauro – questa zona ha subito una sorta di rimozione sociale, ma il fenomeno si è attenuato per un percorso che va avanti di cui io rappresento soltanto la tappa successiva. Sono qua, come parroco, da quattro anni. Chi mi ha preceduto ha fatto grandi cose. Io sono qui perché, a un certo punto, ho avvertito il bisogno di una profonda radicalità. Lavoriamo per mostrare il volto umano e bello del quartiere, chiediamo continuità di attenzione e di progetti. Da dieci anni mancano i presidi sociali, la scuola d’infanzia, il consultorio. Noi cerchiamo di organizzarci, con la Caritas, con i servizi, abbiamo pure un ambulatorio retto da alcuni medici specializzati volontari che si danno il cambio”.

Ed ecco che appare il diagramma di una ricetta, di una salvezza. Non sarà l’economia a sanare la ferita della povertà, con le sue suggestive architetture. Saranno la generosità e la disponibilità, il mettersi insieme, reggendo a turno il timone di ogni barca in tempesta, per non affondare. “Chiediamo ascolto – insiste Fratel Mauro – e non vogliamo essere presi in giro”.

Tonfi di pallone, esultanze in lontananza, qualcuno, nel fantasmagorico Bernabeu dell’immaginario, ha segnato un gol. Si raccontano gli snodi delle esistenze che sono sfuggite alla decalcomania del ghetto. Come per esempio quel ragazzo che si era fermato, schiacciato dal peso di una rassegnazione appiccicosa; ha ripreso a studiare, ha frequentato l’Alberghiero e – profetizzano – diventerà un grande chef.

E ci sono le anime bambine che, transitando dallo studiolo del parroco, appongono bigliettini festanti e proseguono il viaggio verso la felicità dei giochi. “Chi ama Palermo – è lo slogan di Mauro – deve venire qui. Accorrono in tanti”. Guido Palmadessa, un artista argentino, ha incastonato su un muro della canonica una splendida opera di cui nulla più si riferisce, perché guardarla dal vivo sarà bellissimo. Incessanti volontà di risalita hanno apparecchiato la biblioteca del piano superiore – incardinata da Pippo Morello, parrocchiano e memoria storica – l’orto – con l’asino Tobia, la star – lo spazio per i più piccoli e il tendone di un circo sociale, con numeri da strada, che aprirà al pubblico il prossimo 26 maggio grazie ai ragazzi di Circ’Opificio. “Tra qualche mese – ancora la voce narrante col saio – nascerà uno sportello di mediazione, gestito dalle donne di Danisinni, per smussare i contrasti, i conflitti e favorire l’armonia”.

L’uomo che si è unito in matrimonio con la sua missione ora deve congedarsi. Ombre premono alla porticina della canonica per una confessione, per l’ascolto, per le speranze. La partita è finita. La sera si è già confusa con i sogni cremisi di chi ha vinto e di chi ha perso. Un’altra anima bambina ha lasciato un bigliettino verde nel portapenne dello studio del parroco. “Dio è amore”, c’è scritto. Quaggiù batte forte il cuore di Palermo.

 

 

 

 

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