Anima e coscienza di Catania: | i primi 30 anni degli Uzeda - Live Sicilia

Anima e coscienza di Catania: | i primi 30 anni degli Uzeda

E' pronta la grande festa per celebrare la band etnea. L'intervista che ripercorre il presente e quegli anni irripetibili alle falde dell'Etna. (Foto Davide Patania)

CATANIA. Tutti hanno sentito parlare degli Uzeda. Tutti ne sentono parlare anche oggi. Da quelli che c’erano: e da quelli che non erano nati. Gli Uzeda non sono soltanto una band nata alla falde dell’Etna. Sono probabilmente un gruppo irripetibile che da Catania ha fatto esplodere un sogno di liberazione contro l’ignoranza e l’oppressione che pareva portarci verso la sua realizzazione. 
Oggi gli Uzeda, Giovanna Cacciola, Agostino Tilotta, Raffaele Gulisano e Davide Oliveri, toccano quota 30 anni. Ed è incredibile vedere come siano assolutamente rimasti se stessi: lontani dall’arroganza e dall’egocentrismo. Fianco a fianco a quella tenacia e determinazione che hanno visto la loro musica ammaliare generazioni in ogni parte del globo.

Trent’anni anni si diceva. Una festa che merita di essere celebrata: accadrà i prossimi 25 e 26 maggio all’AfroBar di viale Kennedy. A Catania, naturalmente.
Una chiacchierata con il mai banale Agostino, ci dice che gli Uzeda ci sono ancora (ad agosto prossimo verrà pubblicata la loro attesissima uscita discografica) e che di Catania restano, in qualche modo, coscienza e anima.

Trent’anni è un bel traguardo. Non è da tutti.
“Da lustri abbiamo smesso di guardare al tempo come numero di anni trascorsi. Costruiamo il nostro futuro sulle emozioni del presente arricchite da quelle vissute nel passato. Se un amico non ce l’avesse detto, non ci saremmo accorti che 30 anni erano trascorsi dal nostro inizio”.

Cosa dobbiamo aspettarci da questa “grande festa”?
“Ci saranno 9 concerti; 4 la prima sera e 5 la seconda, e un solo stand con materiale delle bands programmate. Per noi è la festa dell’accoglienza e dell’amicizia.
Saremo noi Uzeda ad accogliere il pubblico e gli ospiti, suonando per primi sia la prima che la seconda sera”.

Avete mai avuto la percezione di essere stati un punto di riferimento essenziale nella Catania della musica almeno per due decadi?
“Ciò che musicalmente facciamo è espressione concreta della nostra libertà, una passione così forte da plasmare il nostro modo di vivere, focalizzato sulla ricerca del suono che ci assorbe senza limiti. Apprezziamo chi ci fa un complimento, ma non diamo spazio a percezioni capaci di annegare l’animo umano negli oceani dell’egocentrismo e dell’arroganza. Quindi se per qualcuno siamo stati un punto di riferimento ne siamo lieti, ma noi Uzeda non abbiamo mai avuto nè abbiamo la percezione di esserlo stati nè di esserlo, nè a Catania, nè nel resto del globo”.

Voi in quegli anni eravate in prima linea…
“Dal nostro inizio fino ad ora, siamo sempre in prima linea, a tracciare un destino che è solo nostro. Gli altri, chi con noi o accanto a noi, hanno fatto la stessa cosa anche se oggi sono tutt’altro rispetto a quello che allora credevano di voler essere”.

A distanza di anni, ti chiedo: perchè quel fermento esplose proprio a Catania?
“Esplose a Catania perchè questa città era arrivata al massimo del suo degrado etico, ambientale, umano. A tutti i livelli regnavano, la prepotenza, l’oppressione, il divieto verso attività ritenute pericolose perchè in grado di aggregare gente creativa con idee rivolte al beneficio della collettività, idee politicamente opposte al potere dominante che si nutriva del voto di scambio di un popolo succube ed ignorante. Le vie principali erano controllate dalle forze armate, mentre nei quartieri popolari la guerra fra cosche ci regalava omicidi in abbondanza.
La musica fu esplosiva e detonante, non per i generi, essi erano variegati e rappresentavano l’animo diversamente sociale di quel mondo giovanile, ma per l’energia sincera che travolse ogni ostacolo prima di allora invalicabile. Ma mi è doveroso dire che il fermento esplose anche nelle altre città e province, in tutta la Sicilia, in tutt’Italia ed in tutto il mondo. Accadde in quel preciso momento, in modo globale, perchè globale era l’insoddisfazione, e globale fu l’energia che scatenò il cambiamento.
Poi, ovviamente, ogni cambiamento ha una sua peculiarità, e così Catania mostrò tutta la sua originalità nel suo cambiamento radicale dopo così tanti anni di abbandono e silenzio”.

Foto Dom Barillaro

Foto Dom Barillaro

C’è qualche similitudine con i tempi di oggi?
“Certamente! Il tempo è Uno e uno solo, anche se si manifesta con abitudini e sfumature differenti che lo fanno sembrare tante unità. Oggi è il Presente, ma è anche il Futuro di ieri ed il Passato di domani. Se diamo uno sguardo globale alla condizione umana ,ci rendiamo conto di quanta oppressione e prepotenza regni dappertutto.
Quando il contenitore umano sarà sovraccarico di tensione e pressione, esploderà…e speriamo in maniera creativa”.

Se io dovessi rivivere quegli anni ripenso ad una Catania che accoglieva gli Uzeda ed i Fugazi, i Sonic Youth, i Rem, gli Skunk Anansie di allora e tantissimo altro: ed in alcuni di questi episodi sei stato anche organizzatore.
“Si, le cose accadevano perchè la gente le richiedeva come necessità per elevarsi culturalmente e spiritualmente, aggregandosi con altre persone per condividere arte ed opinioni. Oggi per tante persone conta solo la necessità di elevarsi economicamente, convinte che il denaro possa tutto, anche trasformare un ignorante in un filosofo”.

Intraprendere oggi un percorso artistico significa per forza mettersi alla ricerca dei talent show, dell’X-Factor?
“Assolutamente no! Chi va a X-Factor o ai talent shows cerca proprio quel tipo di risultato. Ma chi ha altre idee su cosa sia un percorso artistico, rigetta totalmente quei programmi televisivi”.

Fossero nati oggi nel 2018, gli Uzeda sarebbero mai esistiti?
“Certamente! La tenacia, la passione, l’abnegazione, sono qualità che esistono anche senza di noi. C’erano anche prima che noi nascessimo, e ci saranno ancora anche quando noi non ci saremo più”.

C’è un momento al quale come gruppo vi sentite più legati?
“Ce ne sono tantissimi e citarne uno sminuirebbe il valore degli altri che sono tutti energia ardentemente viva nella nostra memoria”.

Ricordi come nacque il concerto al Porto con i Fugazi?
“Fu l’incontro fra le due immagini diverse della stessa moneta. Diverse fra loro ma legate dallo stesso scopo. Volarono da Roma a Catania per suonare con Uzeda al Molo attracco traghetti del porto, a Catania”.

Avete ancora un grande seguito, soprattutto all’estero, nonostante non abbiate fatto cinquanta dischi: testi in inglese a parte, vi siete mai chiesto il perchè?
“Credo che i popoli di altre nazioni siano affascinati dal nostro modo di condensare nel rock elementi sonori che loro riconoscono non appartenenti alle loro culture”.

Catania resta la vostra base.
“Senza alcun dubbio e per scelta, fin da quando nell’ipotesi di trasferirci a Chicago, decidemmo all’unanimità che questa era la nostra base, e da qui, anche se con grandi difficoltà, avremmo gestito le nostre attività musicali e girato il mondo in tondo e in largo”.

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