A Catania la sfida più importante | In 4 provano a spodestare Bianco - Live Sicilia

A Catania la sfida più importante | In 4 provano a spodestare Bianco

Pogliese favorito, il grillino Grasso outsider. Ma il ‘vecchio’ sindaco ci crede ancora.

Il caldo torrido picchia sulla pietra lavica. Vivace, rumorosa, raggiante: Catania “ietta vuci” tra le bancarelle del mercato. Catania operosa ma ferita. Milano del Sud che in tempi di crisi ha perso le ali ma si guarda allo specchio perché vuole ancora spiccare il volo. La minaccia del dissesto, lo scandalo della gestione dei rifiuti e il progressivo impoverimento incombono ma non frenano la movida frenetica e il buon umore che si respira tra le strade del centro.

Catania è spaccata a metà tra i rioni popolari abbandonati e le vetrine opulente dei quartieri borghesi. Un ossimoro: la città del mare e del vulcano che negli anni 90 ha vissuto la sua primavera. E, in campagna elettorale, non si può che partire da lì e dall’uomo che dopo trent’anni continua a dominare la scena politica cittadina: Enzo Bianco che prova a centrare il suo quinto mandato. La città si prepara a una corsa a cinque e attende il responso delle urne. E le strade brulicano di candidati irrequieti. Il volto di Catania in campagna elettorale ha le sembianze di un Caf preso di mira da chi in cambio di una mano a compilare un modulo assicura il voto al candidato di turno (magari il titolare del centro). Le file selvagge fuori dalla porta sono sintomatiche di una disinvoltura disarmante. O forse di un senso di impunità. Un catanese tipo da tenere d’occhio nei mesi che precedono la campagna elettorale è il cambia casacca. Si considera “furbo” o per meglio dire “spettu”: il camaleonte vuole saltare sul carro del vincitore, cerca di capire dove soffia il vento e prontamente si riposiziona. La categoria non passa mai di moda perché difficilmente qualcuno gli sbatte la porta in faccia.

ENZO BIANCO – La prima volta che diventa primo cittadino, il sindaco è eletto dal consiglio comunale, Trent’anni dopo, Enzo Bianco ci riprova. Nonostante il vento non sia proprio favorevole all’amministrazione uscente, accusata di arroganza e di chiusura nei confronti della città. Una Catania che, per quanto nel 2013 abbia dato nuovamente fiducia al sindaco della Primavera, non sembra più affezionata come un tempo alla figura di Bianco, soprattutto negli ambienti di sinistra dove ancora si rimugina e si ricorda l’abbandono del 1999 per occupare la poltrona del Viminale, che aprì la strada all’era “Scapagnini”.

Enzo Bianco ci riprova comunque: il programma presentato cinque anni fa vuole portarlo a termine. Anche se, rispetto al 2013 ha cambiato e molto: sede, collaboratori, ufficio stampa. Anche i sostenitori si sono assottigliati, e lo hanno fatto anche in corsa: delle otto liste previste Bianco il civico ne porta a casa solo cinque. Certo, oggi la sua corsa per il Palazzo è in salita: non c’è un Partito democratico al governo sulla cui scia inserirsi – il Pd non c’è proprio, né nella forma (non c’è il simbolo) né nella sostanza – né un governo regionale “amico” che possa aiutare a tirare la volata. Né c’è la rinnovata aspettativa noi confronti del sindaco della Primavera, che invece infiammava tanti cittadini e associazioni di categoria nel 2013. All’epoca, ad esempio, Confcommercio ne appoggiò apertamente la candidatura, sostegno che quest’anno non c’è e questo già la dice lunga sul livello di delusione dei commercianti. Anche gli industriali sembrano divisi tra i bianchisti e i pogliesisti: la presenza di un giovane di Confindustria all’interno della rosa di assessori designati dal sindaco – Gianluca Costanzo, figlio dell’imprenditore Seby – potrebbe non bastare per ottenere il favore della categoria. Che però potrebbe optare per la continuità amministrativa, quanto meno per non perdere tempo, ricominciando nuovi ragionamenti, ad esempio sulla riqualificazione della zona industriale.

SALVO POGLIESE Ha scelto lo stesso comitato di Nello Musumeci, Salvo Pogliese, nell’appariscente e spazioso hotel Nettuno. Una decisione che sembra già raccontare l’atteggiamento con cui l’eurodeputato ha approcciato le amministrative, una volta sciolta la riserva sulla candidatura, dopo l’esclusione dalle Politiche. L’esponente di Forza Italia, rappresentante della destra cittadina sin dalle aule dell’università, ai tempi del Fronte della gioventù, può infatti contare sulla rinnovata voglia di centrodestra, che lo sostiene in blocco con tanto di simboli (Lega e Udc inclusi) che permea l’Isola, e Catania città nera per eccellenza non può essere certo esclusa, e sull’età, giovane per un politico, che di fatto lo distanzia nettamente dall’avversario principale. Figlio d’arte – il padre Antonio è un noto commercialista, ordine che ha presieduto fino a qualche anno fa – Pogliese riscuote simpatie anche tra i non aficionados del centro destra o di Forza Italia, già solo per il fatto di rappresentare una mezza novità. Mezza poiché l’onorevole ha ricoperto tutti i ruoli istituzionali, dal consiglio comunale, all’Ars, all’Europarlamento. Su di lui pende però una spada di Damocle grossa quanto una casa: un processo per peculato che arriverà a sentenza a breve. E che potrebbe lasciare la città senza sindaco in caso di elezione del politico azzurro. Che può godere comunque di molte simpatie tra le associazioni di categoria, il Tavolo per le imprese in primis, nel mondo dello sport, tra i medici e tra i tifosi del Catania di cui, a differenza degli altri, è sempre stato esponente. E sulla spinta di ben nove liste. Allo stesso tempo, però, ecco l’incognita di una coalizione che a livello nazionale, dopo la formazione del governo, rischia di sbriciolarsi. Il “patto dell’arancino” tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, sancito proprio a Catania, infatti, sembra già un lontano ricordo.

EMILIANO ABRAMO Un po’ a sorpresa a vestire i panni dell’anti Bianco ci sta pensando Emiliano Abramo. Il numero uno regionale della Comunità di Sant’Egidio, dopo avere rifiutato le proposte politiche di Rosario Crocetta prima e dello stesso Bianco poi, alla fine scende in campo alla testa della lista civica “E’ Catania” radunando attorno a sé gli ex collaboratori del sindaco Bianco ormai entrati in rotta di collisione con il primo cittadino. Anche nell’ex cinema Reale, quartier generale di Abramo, il tema che tiene banco è “il flop” dell’esperienza amministrativa del sindaco. Forte del sostegno di pezzi di sinistra radicale (che per questo si è ulteriormente frammentata) benedetti da Claudio Fava, di diverse associazioni e di parte del mondo cattolico, Abramo ha tenuto alto il vessillo della “questione morale” tanto che qualcuno lo avrebbe considerato un buon candidato pentastellato. Una relazione non andata a buon fine così come le interlocuzioni costanti con lombardiani, pezzi di classe dirigente del Pd delusa da Bianco ed ex consiglieri comunali. Alla fine il bottino è stato magro. La battaglia politica, invece, è stata aspra e senza sconti come quando Abramo ha indossato un naso da Pinocchio per picchiare duro sul sindaco facendo un bel favore al candidato del centrodestra.

GIOVANNI GRASSO Veste il ruolo di outsider, ma non è un neofita della battaglia politica. Giovanni Grasso muove i primi passi al fianco di Rita Borsellino poi diventa un convinto militante del Movimento Cinquestelle. Il docente di musica e maestro d’orchestra pur non rinunciando a definirsi il candidato dei “cittadini” ha condotto una campagna elettorale tentando di accreditarsi con docenti universitari e imprenditori. Un po’ sulla scia del Di Maio in doppio petto registrando anche un video appello alla Lega all’indomani della nascita del governo gialloverde. Senza successo. C’è un continuo via vai nella sede dei Cinque Stelle in via Filocomo. Gli attivisti entrano ed escono dal comitato e, tra una chiacchiera sul “cambiamento” e una critica alla vecchia classe politica, mostrano con orgoglio i manifesti consunti alle pareti che raccontano le battaglie storiche dei pentastellati a livello nazionale. Ci sono anche due porcellini di cartone, salvadanai di fortuna adoperati per raccogliere gli oboli di autofinanziamento dei militanti. Nonostante la difficoltà a radicarsi sul territorio che li ha penalizzati in passato, i Cinque Stelle non mollano: presidiano i mercati rionali e organizzano banchetti in giro per la città. Le saracinesche dei circoli del Pd del resto sono abbassate da tempo e gli ultimi arrivati raccolgono i frutti di questa assenza. Lo stesso è avvenuto nelle piazze, sebbene il fortino del Movimento sia il web: Giovanni Grasso è l’unico candidato ad averci messo piede in compagnia dei big del Movimento. Ma le elezioni amministrative non sono le politiche e il colpaccio, con una sola lista a supporto, non è così semplice.

RICCARDO PELLEGRINO. Riccardo Pellegrino ha sempre lottato per non farsi etichettare come “impresentabile”. Non perché lo sia per legge ma perché, sin dalle Regionali di novembre scorso, è questo l’appellativo che gli è stato affibbiato dagli avversari, per via del fratello Gaetano Pellegrino, condannato in primo grado per associazione mafiosa. Il suo è uno dei nomi che spicca nella relazione dell’allora presidente della commissione antimafia regionale, Nello Musumeci, sulle presunte infiltrazioni mafiose in Consiglio comunale. Neanche l’indagine per corruzione elettorale che lo vede indagato lo ha spinto a ritirarsi: tutt’altro. Lo ha affermato più volte: la sua è una candidatura contro i poteri forti che, da sempre, sfruttano i voti delle persone per poi abbandonarle. E’ stato uno degli uomini di punta di Forza Italia, il candidato ai tempi del Pdl più votato in consiglio comunale e alle Europee del 2014 ha sostenuto Salvo Pogliese. Subito dopo le regionali Pellegrino ha deciso di correre da solo in aperta polemica con Pogliese. Alla fine, infatti, pur avendo annunciato che si sarebbe ritirato se l’eurodeputato si fosse candidato, è rimasto in corsa. La sua campagna elettorale si svolge prevalentemente nei quartieri popolari, da San Cristoforo dal quale proviene, a Librino, nei mercati storici. Non sfugge ai confronti e ha un programma che, secondo padre Resca, una delle voci libere della Catania, “va preso come atto di fede” per via di alcune fantasiose proposte, come la moneta alternativa per sostenere le persone indigenti. È sostenuto da Casapound, nata da poco nella declinazione etnea e, forse, bisognosa di differenziarsi dal centrodestra e, perché no, ottenere un po’ di visibilità.


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