Comunali, quando serve il mestiere |L'ondata dei sindaci veterani - Live Sicilia

Comunali, quando serve il mestiere |L’ondata dei sindaci veterani

L'esperienza e i voti prevalgono sulle dinamiche viste nelle Politiche.

Le amministrative
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PALERMO – Redditi di cittadinanza, facce sbarbate, promesse di flat tax ed evocazioni della paura dell’uomo nero. Tutta roba buona per le Politiche. La propaganda giallo-verde, anticasta, antipolitica, antitutto, lì può pure attaccare. Ma alle amministrative è un’altra storia. Alle comunali, con una folla di candidati della porta accanto, con i sindaci che ci mettono la faccia – e la storia e soprattutto i voti – le sparate nei talk show televisivi e i tour elettorali dei leader non bastano. E no, per vincere le comunali, ricorda ancora una volta questo turno di amministrative siciliane, serve il mestiere della politica. Servono quelle che con un’espressione magari poco simpatica si potrebbero chiamare le vecchie volpi, gente che sa il fatto suo e che i voti se li sa cercare e trovare da quel dì.

È questo il leit motiv delle elezioni di domenica scorsa, su cui i partiti in questi giorni riflettono per trarre le dovute conclusioni scorrendo i dati delle città chiamate al voto. Perché quando c’è da spedire in Parlamento uno sconosciuto sbarrando il simbolo del partito che ti fa più simpatia, è un conto. Quando si tratta di scegliere chi deve amministrare a casa tua, nel tuo comune, il criterio è diverso. E lì l’esperienza conta. Guardate Trapani, dove Giacomo Tranchida ha vinto con percentuali da Bulgaria dei bei tempi. Con un progetto civico e senza simboli di partito, certo. Ma forte di una storia di elezioni vinte a iosa, con un curriculum politico che prende diverse pagine. Tranchida è stato già sindaco di Erice, sindaco di Valderice, ha avuto una lunga militanza nel Pci prima e nei Ds poi, alle ultime regionali ha preso una barcata di preferenze facendo tremare Baldo Gucciardi che pur veniva da anni alla guida del più potente assessorato regionale, la Sanità. Più usato sicuro di così si muore. O prendete Catania, dove il centrodestra ha ammazzato la partita puntando su Salvo Pogliese, uno che alle ultime Europee ha preso 61mila preferenze, dopo anni e anni all’Ars a colpi di voti a cinque cifre.

E anche dove la spunta il tribuno di turno, cioè a Messina, con l’exploit clamoroso di Cateno De Luca che in solitaria stacca il biglietto per il ballottaggio senza eleggere un consigliere comunale che sia uno, anche lì attenti a non farsi abbagliare dalle apparenze. Perché l’anticasta e antisistema Cateno è uno che fa politica da quasi trent’anni, è stato democristiano, lombardiano, due volte eletto all’Ars, due volte sindaco seppur di piccoli Comuni, insomma, è un politico che ha un cursus honorum tra i più pesanti tra tutti i candidati di questa tornata elettorale. E questo fa, eccome, in una sfida difficile e affollata come quella delle amministrative, dove conoscere i trucchi del mestiere in campagna elettorale serve. Chiedete a Dino Bramanti a Messina, esordiente totale, sostenuto da esercito di dieci liste, che però ha perso per strada diecimila voti di disgiunto a suo sfavore.

La politica dei territori è anche mestiere e il mestiere non si inventa. E le vecchie glorie sanno piazzare i loro colpi. Come Pippo Gianni, che è stato eletto sindaco di Priolo, roccaforte grillina che ha messo di lato i Cinque stelle per abbracciare il baffuto politico di lunghissimo corso. Capaci è tornata agli anni ’90 eleggendo Pietro Puccio, già presidente della Provincia di Palermo un’era geologica fa e già sindaco del Comune del Palermitano nel 1994. Il ritorno del re va in scena anche a Taormina, che sceglie come sindaco Mario Bolognari, già primo cittadino della Perla, già deputato, già politico navigatissimo. È tornato a prendersi la “sua” poltrona dopo un intermezzo di cinque anni trascorsi all’Ars anche Giovanni Digiacinto, a Casteldaccia. Sempre lui, sempre sindaco, ma stavolta con un tocco di cambiamento: s’è fatto crescere il pizzetto.


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