I conti del Comune in sofferenza| Obiettivo salvare le "partecipate" - Live Sicilia

I conti del Comune in sofferenza| Obiettivo salvare le “partecipate”

Ok al consolidato, la scommessa non è solo coprire i buchi di Rap e Amat ma garantirne stabilità.

PALERMO – Mettere in sicurezza i conti del Comune, ma soprattutto salvare le società partecipate dal rischio default. Non è certo una missione facile quella che attende l’amministrazione Orlando, che dopo aver incassato il disco verde del consiglio comunale sul consolidato 2016 si ritrova a dover far quadrare i conti in vista del bilancio di previsione. La legge impone infatti ai comuni, e Palermo non fa eccezione, di considerare il proprio bilancio e quello delle sue principali aziende come un tutt’uno. Un modo, nelle intenzioni del legislatore, per evitare che gli enti locali scarichino tagli e sacrifici su società poi destinate al fallimento, salvando invece i propri conti. Un atto che dovrebbe essere quasi una formalità, ma che nel capoluogo siciliano è divenuto un vero e proprio caso politico.

Sala delle Lapidi ci ha messo due settimane per esitare l’atto e la maggioranza ha dovuto fare i conti anche con qualche defezione: astenuto il capogruppo di Popolari e democratici Francesco Scarpinato, assenti al momento del voto i consiglieri dem Rosario Arcoleo e Carlo Di Pisa, Caterina Meli di Sicilia Futura e Marcello Susinno di Sinistra Comune. Ma sono stati giorni di passione non solo per le continue querelle con le opposizioni, ma soprattutto per i mal di pancia tra gli orlandiani e le liti tra questi e l’assessore Gentile, prima che scoppiasse nuovamente la pace.

Una tensione dovuta ai così detti disallineamenti, cioè alle differenze tra i conti del Comune e quelli delle sue partecipate su debiti e crediti. In pratica si tratta di soldi che le aziende ritengono di dover ricevere e che Palazzo delle Aquile ritiene invece non dovuti: una questione vecchia anche di vent’anni, ma che adesso la legge obbliga a risolvere una volta e per tutte. Il sindaco ha incaricato i più alti dirigenti comunali di fare il punto sulla questione e ne è venuto fuori un quadro assai critico: i disallineamenti, al 31 dicembre 2016, sono pari a 42 milioni di euro. Per eliminarli, la strada individuata è quella del 50-50: circa metà dovrà pagarli il Comune, individuandoli nel prossimo bilancio di previsione, ma l’altra metà ricadrà sulle spalle delle società (anche se in realtà a pagare sono sempre i contribuenti, trattandosi di società a intero capitale pubblico). I numeri saranno contenuti nella direttiva che il sindaco dovrebbe firmare da qui a breve, ma si parla di circa cinque milioni per Rap e di 3,5 per Amap, altri nove sarebbero invece a carico di Amat. Cifre rimaste riservate per giorni, ignote perfino alla stessa maggioranza.

Tutto qui? No, perché l’unità di crisi ha certificato che ci sarebbero altri 20 milioni di disallineamenti, tutti a carico di Amat, che si aggiungono a quelli già certificati. Il contratto di servizio prevede infatti che la società percepisca una certa somma per una quantità minima di chilometri percorsi ogni anno; in passato, però, l’Amat non l’ha sempre fatto e ha pagato una semplice penale da 50mila euro. Secondo i dirigenti, invece, la penale non basterebbe, il che significa che l’azienda avrebbe percepito soldi che in realtà non erano dovuti e che quindi adesso vanno restituiti. Tesi che, ovviamente, l’Amat contesta. Una situazione paradossale, se si considera che i bilanci delle aziende, in questi anni, sono stati tutti approvati sia dagli organismi di controllo che dal socio unico, cioè lo stesso Comune, malgrado – fanno notare i dirigenti – si sapesse che sui disallineamenti c’era qualcosa che non andava.

Una relazione esplosiva, ma confermata sostanzialmente anche dall’Avvocatura comunale che ha redatto un parere riservato per il sindaco. “Le risultanze dell’attività istruttoria – si legge in una nota del Comune – saranno alla base di una direttiva del sindaco imperativa e vincolante per gli uffici comunali per le società partecipate che disporrà l’eliminazione dai bilanci delle società dei crediti riconosciuti non dovuti e il pagamento di quelli che, invece, sono stati ritenuti spettanti”. Insomma, il sindaco sarebbe pronto a mettere le partecipate di fronte al fatto compiuto: tagliate quelle voci dai bilanci. Se poi i cda lo faranno sarà tutto da vedere, il che comporterebbe il pericolo di nuovi contenziosi.

Il punto è che la legge obbliga piazza Pretoria a individuare nel prossimo bilancio di previsione anche le somme per ripianare le eventuali perdite delle aziende: in poche parole, che i soldi li stanzi direttamente il Comune o che poi questo debba coprire i buchi delle aziende, significa che a pagare sono comunque i cittadini, visto che il bilancio è consolidato. Ma qui sorgono i problemi. Il bilancio consuntivo dovrebbe essere pronto nel giro di qualche settimana e non sarà altro che una fotografia della situazione attuale, che però certificherà uno stato di sofferenza dei conti e con lo spettro del deficit strutturale che aleggia. Altra questione sarà il bilancio 2018-2020, che Palazzo delle Aquile dovrà provare a chiudere trovando, in qualche modo, alcune decine di milioni di euro. La scommessa non è solo coprire i buchi delle aziende e pagare i disallineamenti a carico del Comune, ma anche mettere le partecipate in condizione di funzionare in futuro, garantendone quindi la stabilità.

Se l’Amap ha un fondo rischi che le consentirà di pagare senza troppi problemi, i maggiori timori riguardano la Rap e l’Amat. La prima è già in negativo, come dimostra la prima trimestrale del 2018, e qui l’unica soluzione è aumentare la Tari. Un provvedimento di cui il sindaco non vuol sentire nemmeno parlare, ma che al momento resta l’unica ipotesi: la normativa prevede che tutto il costo del servizio sia finanziato con questa tassa e, a meno di non tagliare selvaggiamente i costi, la strada sembra obbligata. Ma a stare peggio è l’Amat, società su cui si stanno concentrando le apprensioni di amministratori e consiglieri comunali: i 20 milioni di ulteriori disallineamenti rischiano di essere un colpo fatale per una società in profondo rosso, anche a causa dei costi del tram per il quale la Regione non mette un centesimo. Inoltre il fondo rischi è risicatissimo, a fronte di contenziosi che superano i 90 milioni. La soluzione anche qui è obbligata: ricapitalizzare l’azienda e ritoccare il contratto di servizio, magari ampliando la Ztl o aumentando le strisce blu, ma comunque bisognerà trovare i soldi per evitare il crac di Amat e mettere in sicurezza i conti del Comune. Una sfida tutt’altro che semplice.

 


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