Per Musumeci due strade | E uno stretto, vicolo cieco - Live Sicilia

Per Musumeci due strade | E uno stretto, vicolo cieco

La maggioranza è esplosa. O forse non c’è mai stata. Di fronte al governatore un bivio. O l’immobilismo.

C’è un bivio. E una terza via che non porta a nulla. Il governo Musumeci ha assistito, oggi, dai banchi di Sala d’Ercole, all’implosione di una maggioranza che forse non c’è mai stata. Se non solo per “la cronaca”: risicatissima, dopo il voto. Sul filo dell’algebra. Ma nella sostanza incapace di stare in piedi da sola. E pronta a cadere a ogni brezza, a ogni voto segreto, di fronte alle intemperanza del primo franco tiratore, del primo “scontento”, persino del primo assente.

Lo ha ammesso candidamente, nei giorni caldi della Finanziaria, lo stesso governatore. Lo hanno confermato anche suoi alleati di spicco: “La maggioranza non c’è”. Ma se a quella consapevolezza non segue qualcos’altro, le parole rischiano di tramutarsi in uno scomodo alibi che porti a rintanarsi nel Palazzo d’Orleans, lasciando che tutto scorra, dalle parti di Palazzo Reale.

Ovviamente questo non è possibile. Non è possibile per un’Isola e un governo che devono sì confrontarsi con i disastri ereditati dal precedente governo, con la necessità di mettere mano a interi settori investiti dal caos crocettiano, con le ristrettezze di un bilancio sempre più ingessato, rigido, esangue dopo gli accordi dell’ex governatore con lo Stato, ma che non possono limitarsi a recitare la litanie delle cose che non vanno.

Tutto vero, e tutto noto. Ma il governo in carica, così come ogni governo “battezzato” dall’elettorato siciliano è lì per riformare, per migliorare la Sicilia. Ma come si fa, se ogni legge langue tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, senza che si trovi il coraggio – un timore assai fondato, ovviamente – di presentarsi al cospetto di Sala d’Ercole per il voto? E come si fa, se di fronte anche a norme di buon senso (ce n’erano diverse, nella Finanziaria del governo, a guardar bene) scatta comunque la tagliola degli interessi personali? Quelli innalzati ad esempio sull’altare di una Finanziaria che ha distribuito caramelle a tanti, ma che non ha messo nel piatto un pasto davvero soddisfacente per l’Isola.

Insomma, come si fa a governare in queste condizioni? Le strade (si perdonerà la banalità della considerazione, ma sembra che oggi l’ovvio possa apparire quantomai salutare) sono sostanzialmente due. Il governo dovrà cercare i voti all’Ars a destra o a sinistra. Nel primo caso, con un accordo col Movimento cinque stelle, verso il quale Musumeci ha teso la mano sul tema dei rifiuti, ricevendo da sponda grillina una sfilza di note critiche. Un accordo da ‘sottoscrivere’ apertamente, nei luoghi deputati (è proprio il caso di dirlo), cioè nel parlamento siciliano. Una mossa che ovviamente porta con sé conseguenze ed eventuali scelte assai dolorose: un bel pezzo di coalizione non accetterebbe, non capirebbe. Basti dare una occhiata alle ultime prese di posizione del presidente dell’Ars Micciché o del vicepresidente della Regione Armao dopo la plateale protesta Cinquestelle nei confronti della Presidente della Repubblica di Malta.

L’altra ipotesi è quella di guardare dall’altra parte. Cioè nel centrosinistra incarnato da un Partito democratico che, se guardi uno per uno i curriculum dei deputati regionali, contiene un tuorlo di centrodestra, nei parlamentari con un passato in Forza Italia, con i cuffariani, con Lombardo. E un assist, in questo senso, al momento solo nelle menti dei retroscenisti, potrebbe arrivare solo da quella “scissione” Dem che porti Renzi e i suoi verso un futuro autonomo e centrista. Solo ipotesi, al momento.

E comunque sia, entrambe le strade aperte dal bivio, devono fare i conti con la controparte: i grillini accetterebbero mai il “compromesso” col governatore di centrodestra, correndo il rischio avvertito fortemente in questi giorni, di “svanire” nell’opinione pubblica, così come sembra accadere oggi a Roma, sotto la spinta mediatica di Matteo Salvini? E il Pd sarebbe disponibile a dialogare con chi oggi vede il governo Crocetta come il male assoluto, e lo stesso partito di Renzi come una esperienza da dimenticare?

Le strade però sono queste. E qui non si sta certamente indicando una come preferibile all’altra. Ma la foto scattata oggi a Sala d’Ercole, denuncia la necessità di imboccare una delle due strade. Il terzo, come si dice, non è dato. Anzi, in realtà in questo caso la terza via esiste. È quella di ridurre l’attività di governo, come è stato fatto in questi sette mesi, a una collana di interventi amministrativi, alcuni anche molto positivi (vedi la ripartenza dei corsi di Formazione, ad esempio), ma pur sempre roba da burocrazia, seppur di pregio. Fermarsi, per il resto. Lasciare scorrere il tempo. Rinunciare a mettere mano a una legge sui rifiuti, a quella sull’acqua, a quella sulla Formazione, alla razionalizzazione degli enti pubblici. Rinunciare, cioè, per i prossimi quattro anni e mezzo, a riformare la Sicilia. Che poi, altro non sarebbe che una rinuncia a governare.

Un rischio evidentemente avvertito dal governatore, che in serata ha deciso di “avvertire” i compagni di avventura: “O facciamo le riforme, o andiamo tutti a casa”. Un avviso lanciato nelle precedenti legislature anche dai predecessori di Musumeci. Che però sembravano avere più margini di movimento, in una Sala d’Ercole più “liquida” nella quale era più semplice trovare, in qualche modo, i numeri. Le dimissioni, così, sarebbero l’esito più clamoroso tra quelli prospettati. Ma anche il meno probabile. Di fronte all’ipotesi concreta di abbandonare lo scranno, i deputati siciliani hanno sempre messo da parte gli intenti bellicosi e ritrovato la via della “saggezza”.


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