Clan Laudani, le intercettazioni| Il ritorno de "u Prufissuri" - Live Sicilia

Clan Laudani, le intercettazioni| Il ritorno de “u Prufissuri”

L'ultima inchiesta della Dda documenta rapporti tra Paolo Di Mauro e i paternesi.

inchiesta en plein 2
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CATANIA. Che l’autorevolezza di Paolo Di Mauro, “u Prufissuri”, travalicasse gli angusti confini di Piedimonte Etneo, comune alle pendici dell’Etna di circa 4000 abitanti, lo avevano già svelato diverse inchieste condotte dalle Dda di Catania e Messina. Il referente dei Laudani nell’area ionico etnea sarebbe stato una pedina fondamentale all’interno del clan per la famiglia catanese. E’ lo stesso super pentito Giuseppe Laudani, nipote dello scomparso capostipite Iano, a definirlo tale. Per l’acquisto di ingenti quantitativi di armi, come raccontato dal collaboratore di giustizia nell’ambito della maxi inchiesta I Vicerè, l’intero clan si sarebbe rivolto a Di Mauro.

L’ultima operazione condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania sui “Mussi i ficurinia”, En plein 2, che ha azzerato il gruppo operante tra Paternò, Belpasso e Santa Maria di Licodia, fotografa rapporti tra gli affiliati di quell’area e “u Prufissuri”.

Antonino Barbagallo: “novità? Ci ha parlato con…con quell’amico?”
Paolo Di Mauro: “gli…no, gli devo parlare domani o dopodomani (inc.)”
Antonino Barbagallo: “l’ho chiamato per sentirla, ho detto lo zio Paolo non si è fatto sentire, lo chiamo”

Questa la telefonata intercettata nel novembre del 2017 tra Antonino Barbagallo, detto Nino ‘u muzzuni, affiliato al gruppo capeggiato da Salvatore Rapisarda, con Paolo Di Mauro, ritenuto dagli inquirenti il responsabile nell’area ionico etnea. A quest’ultimo Barbagallo si rivolge con tono particolarmente ossequioso, dandogli del lei e appellandolo con il titolo di zio.

Un paio di giorni dopo è Di Mauro a chiamare Barbagallo per confermare di aver parlato con l’amico e per riferire che potevano “salire” per parlare, rassicurando l’interlocutore che la questione sarebbe stata sistemata. Quella stessa sera Antonino Barbagallo informa Vincenzo Marano, nuovo responsabile del gruppo dopo l’arresto di Rapisarda, del buon esito dell’incontro.

Antonino Barbagallo: “a posto!…capito?”
Vincenzo Marano: “ora sto salendo…!”
Antonino Barbagallo: “ma non c’è bisogno! Ci sono andato là…tutte cose a posto! Non c’è bisogno che”
Vincenzo Marano: “ah! Eh!Allora scusami, mi devi dire una cosa, per quanto riguarda il pane lo hai preso allora?”
Antonino Barbagallo: “sì sì”
Vincenzo Marano: “allora glielo stai mandando?”
Antonino Barbagallo: “eh! Gliel’ho dato a Lucio! Tutte cose”

Secondo la ricostruzione degli inquirenti l’intervento di Paolo Di Mauro sarebbe servito per recuperare somme di denaro. Un dato che si evincerebbe in particolare da una intercettazione ambientale di pochi giorni dopo. Antonino Barbagallo, in compagnia di altri due affiliati, avrebbe chiesto ad un interlocutore non individuato di dare soldi a Paolo Di Mauro.

Antonino Barbagallo: “ma mi ha chiamato lo zio Paolo un’altra volta Nino!”
Nino: “e che vuoi da me che ti ha chiamato lo zio Paolo, fammi capire!”
Antonino Barbagallo: “oh ma questi soldi chi glieli deve dare Nino!”
Nino: “ma di chi stai parlando, prima si fanno i conti là…e poi se ne parla, comunque io sono in caserma, poi se ne parla dopo”.


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