Qualcuno ha notizie | del Pd siciliano? - Live Sicilia

Qualcuno ha notizie | del Pd siciliano?

Bisognerebbe avere il coraggio di assumersi le responsabilità delle sconfitte.

Semaforo russo
di
3 min di lettura

Notizie dalle parti del PD siciliano? Cosa aspettano, segreteria regionale e deputazione all’Ars, a convocare un’assemblea aperta a tutti, non riservata agli iscritti e ai circoli, per ricominciare a parlare con la gente, a riprendere contatto con le giovani generazioni, le famiglie e le imprese siciliane?

Segni di vita, al netto di alcune dichiarazioni e di un paio di post sui social per criticare chi ha vinto le elezioni regionali e politiche (come se i democratici non avessero finora governato nel Paese e in Sicilia), non ne arrivano. E’ vero, c’è stato qualche incontro di iscritti non irreggimentati, con la sottoscrizione di significativi documenti, per tentare di dare una scossa, di accendere il dibattito sulla condizione comatosa del partito, sulle ragioni della sua progressiva emorragia di voti e sui possibili modi per ripartire ma si è trattato di manifestazioni seppur lodevoli parziali, senza il coinvolgimento diretto e corale dell’intero gruppo dirigente per una volta unito, non diviso in correnti e sotto correnti.

Ad oggi, difficile smentire, abbiamo assistito a iniziative per “aree” (una maniera elegante di definire le correnti in costante e reciproca guerra), troppo poco e soprattutto poco utili in termini di ricostruzione affascinante di un essenziale soggetto politico capace di dialogare all’unisono con segmenti importanti della sofferente società siciliana (realtà diversa dalle consorterie elettorali dei capi corrente, sia chiaro).

Si potrebbe dire che al di qua dello Stretto si attendono i movimenti romani di cui però si sa solo ciò che si legge sui giornali, chi vorrebbe partecipare ne rimane fuori. Lo scontro, un po’ modesto per la verità, è se fare un congresso subito o dopo le europee dell’anno prossimo, tra chi preferisce una linea morbida nell’individuare nuovi capi e chi, invece, invoca un rinnovamento totale.

Ed è su questo aspetto della questione che, credo, occorrerebbe soffermarsi. Normalmente, almeno altrove, quando in politica si perde ripetutamente e in elezioni riferite a diversi livelli istituzionali la classe dirigente bocciata dagli elettori si defila per fare spazio a una leadership non compromessa con il passato. Cambiare i contenitori mantenendo gli stessi personaggi in cerca di rassicuranti posizioni e le medesime logiche di contrapposizione domestica non convince.

Specialmente in un’epoca di suggestioni populiste tutto sommato distanti dai reali bisogni del popolo e concentrate sul comprensibile rancore verso un sistema politico mostratosi indifferente se non corrotto e sulla diffidenza dinanzi ai fenomeni migratori mal gestiti da un’Europa frantumata; sì, suggestioni distanti dai reali bisogni, prive di proposte programmatiche applicabili (lo stiamo sperimentando) ma adesso prevalenti.

Il punto è che prima di tutti gli altri è proprio il PD – vocato ad essere una grande forza trasversale della sinistra moderna (cioè che aggrega sulle idee e sui contenuti piuttosto che su ideologie cristallizzate), riformista, europeista, solidale, attenta alle esigenze dei giovani, all’ambiente, allo sviluppo economico sostenibile e ai diritti negati – che non riesce più a interpretare i bisogni e l’anima profonda della comunità civile, delle persone oltre la pancia e le paure.

Anzi, è per i tragici errori dei partiti tradizionali e della politica in genere che dilagano estremismi, slogan semplicistici, soluzioni sommarie e plotoni d’esecuzione. Non appare convincente nemmeno il ritornello sull’identità perduta, sulle scelte di fondo da ritrovare, sui valori della cosiddetta sinistra da riscoprire – per carità, elementi fondamentali – quando a eseguire lo spartito sono sempre i soliti musicanti colpevoli dello status quo.

Ciò vale a Roma e vale a Palermo. Bisognerebbe avere il coraggio di mettersi in discussione e di assumersi le responsabilità delle sconfitte subite ponendosi in posizione di umile ascolto. Non vorrei che fosse proprio il timore di alcune verità indigeste ad impedire agli attuali dirigenti siciliani piddini di affrontare i cittadini, di sottoporsi pubblicamente al giudizio del popolo un tempo amico e da recuperare. Ci vuole coraggio, è doloroso, lo sappiamo, ma in politica se si vuole guardare lontano bisogna interrogarsi collettivamente con le conseguenze che ne potranno derivare, non basta attendere che passi la tempesta. Potrebbe già essere troppo tardi.

 

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