I pizzini, il pentito, le vittime |Incastrati i boss degli Ercolano - Live Sicilia

I pizzini, il pentito, le vittime |Incastrati i boss degli Ercolano

La Procura ha già chiuso le indagini. I particolari.

CATANIA – A casa di Aldo Ercolano i finanzieri, durante il blitz Brotherhood nel 2016, hanno trovato dei pizzini. E fin qui nulla di strano. Anche perché gli investigatori hanno perquisito la casa di un boss della mafia (Aldo Ercolano è il figlio di Sebastiano e cugino dell’omonimo Aldo, accusato dell’omicidio del giornalista Pippo Fava). Quello che è apparso però inconsueto agli inquirenti è ciò che era annotato e allegato a questa sorta di libro mastro di “recupero crediti”. Nomi di persone, aziende, pratiche per recuperare somme di denaro. E creditori che si sarebbero affidati al boss Aldo Ercolano, nemmeno fosse un avvocato o un’agenzia di riscossione.

Parte da questo ritrovamento il filone investigativo che ha portato ad incastrare i boss di Cosa nostra, Aldo Ercolano, Antonio Tomaselli, Rocco Biancoviso (di Scordia) e l’imprenditore calatino Salvatore Sinatra. Quest’ultimo finito ai domiciliari. Ai primi tre invece l’ordinanza eseguita dalla Guardia di Finanza è stata notificata in carcere. Anzi. In realtà è già arrivato anche l’avviso di conclusione indagini per tutti e quattro. I pm Rocco Liguori e Giuseppe Sturiale potrebbero tra qualche settimana già avanzare richiesta di rinvio a giudizio per i tre esponenti della famiglia Santapaola-Ercolano di Catania.
Torniamo ai pizzini. Una serie di controlli incrociati a livello contabile e bancario e la Guardia di Finanza scopre che la Sicilsole srl vantava un credito nei confronti di un’azienda agricola. Non risulta però alcuna azione legale avviata per recuperare il credito legato ad alcune fatture emesse tra il 2013 e il 2014 e non pagate. Sinatra, il titolare di Sicilsole Srl, si sarebbe affidato al mafioso di turno per poter “battere cassa e riscuotere”. E i boss avrebbero usato i mezzucci dei mafiosi: minacce, intimidazione e terrore.
L’indagine non è semplice, perché dopo il sequestro dei pizzini i dovuti riscontri non sono arrivati subito. Ma nel 2017 si pente Rosario DI Pietro, “responsabile” per il territorio di Scordia della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano. E racconta punto per punto i dettagli dell’estorsione. Ad ottobre 2016 è arrivato il pagamento della prima rata del debito, che ammontava a circa 20 mila euro, attraverso un assegno di 2000 euro.
A questo punto gli investigatori interrogano la persona indicata dal collaboratore di giustizia come vittima e chiudono il cerchio. Incontri, intimidazioni, minacce. Il terrore di quel cognome: Ercolano. Un sospiro di sollievo l’imprenditore agricolo lo aveva tirato quando aveva saputo dell’arresto di Aldo Ercolano. Invece qualche tempo dopo in azienda si è presentato Rocco Biancoviso insieme ad un’altra persona, la stessa che aveva accompagnato Aldo Ercolano nelle sue visite. Il racconto della vittima è particolareggiato.  E quando gli inquirenti gli mostrano le foto segnaletiche riconosce i volti dei suoi aguzzini. E così si scopre che la persona che accompagnava i due boss, altri non era che Antonino Tomaselli, penna bianca. 


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