"Dal depistaggio offesa allo Stato | I magistrati rendano conto al Csm" - Live Sicilia

“Dal depistaggio offesa allo Stato | I magistrati rendano conto al Csm”

Fiammetta Borsellino con i membri della commissione Antimafia dell'Ars

L'audizione all'Antimafia. "Quello schiaffo quando chiesi di Contrada". Fava: "Sentiremo tutti".

PARLA FIAMMETTA BORSELLINO
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PALERMO – Parla per un’ora e mezza alla commissione Antimafia dell’Ars Fiammetta Borsellino. Parla del depistaggio su via D’Amelio, ripercorre il contenuto delle domande pubblicate oggi su Repubblica. Domande rimaste senza risposta. Fa nomi, cognomi, racconta aneddoti. Come, apprende Livesicilia, quel ricordo dell’infanzia. Quando bambina chiese al padre chi fosse Contrada. Rimediando uno schiaffo, perché certi nomi non si devono neanche dire.

L’audizione della figlia del magistrato ucciso a via D’Amelio, alla vigilia del ventiseiesimo anniversario della strage, avviene a porte chiuse, senza giornalisti. Poi, Fiammetta scambia qualche battuta con i cronisti. E infine, Claudio Fava, presidente della commissione, in conferenza stampa spiega le mosse dell’Antimafia. Che farà una serie di audizioni sul caso, dopo la pausa estiva.

Se c’è stata una rapina di verità, ripristinarla non è un’esigenza delle famiglie delle vittime ma riguarda la coscienza civile di una nazione”. Così Claudio Fava dopo l’audizione di Fiammetta Borsellino. “Dopo 26 anni hai anche il dovere della celerità”, dice Fava, annunciando che da settembre partiranno altre audizioni. Saranno sentite le persone citate da Fiammetta Borsellino, che oggi su Repubblica ha posto tredici domande rimaste senza risposta in merito ala vicenda, ma anche altre. “Davanti a un depistaggio così abilmente orchestrato parliamo di qualcosa che non è servito solo a proteggere la famiglia Graviano ma che ha toccato anche altri interessi. Basti pensare al ruolo dei servizi”, ha detto Fava in conferenza stampa. La commissione si rivolgerà anche ai servizi segreti. “C’è la necessità di collaborare tutti, ciascuno per la nostra parte, per capire cosa sia successo”, dice Fava ai giornalisti.

Nel corso dell’audizione, che non era aperta alla stampa, Fiammetta Borsellino si è soffermata sui temi già affrontati oggi nello scritto su Repubblica. Tra i punti sollevati dalla figlia del magistrato ucciso il 19 luglio di 26 anni fa, anche la scelta di affidare il processo a un pool di pm che non avevano, a detta di Fiammetta, grande esperienza in tema di mafia. I magistrati della procura saranno ascoltati dall’Antimafia regionale. Ai cronisti che chiedevano se sarà sentito anche Nino Di Matteo, Fava ha risposto: “Chiederemo al dottor Di Matteo, alla dottoressa Boccassini, a Genchi, a tutti i magistrati e a tutti gli inquirenti che possono aiutarci a capire cosa è successo. Non chiedetemi adesso una lista, ne discuteremo nei prossimi giorni e ne parleremo alla ripresa. Così come è avvenuto nella vicenda Montante, alcune delle persone che sentiremo a settembre non erano nella prima lista che abbiamo fatto”.

Prima di Fava, anche Fiammetta Borsellino ha parlato brevemente ai giornalisti. “Le motivazione del Borsellino quater hanno avvalorato quanto sapevamo sui depistaggi cominciati a partire dal ’92. Io racconto fatti, mi riferisco a dati contenuti nelle carte processuali. Le mie non sono opinioni. I nomi non li faccio io, ma sono negli atti. Se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato”. Così la figlia di Paolo Borsellino all’uscita della Commissione regionale. L’audizione, cominciata alle 14 a Palazzo dei Normanni, si è conclusa alle 15.30. “Continueremo con martellanti richieste fino a quando la verità non verrà a galla”, ha aggiunto.

”Vertici istituzionali e investigatori che hanno ordito il depistaggio sulla strage di via D’Amelio, hanno fatto male non solo a noi ma all’intero Paese; è stata offesa anche l’onorabilità della magistratura”. Così la Borsellino ai giornalisti. Alla domanda se dopo le sue prese di posizione qualcuno degli interessati si sia fatto sentire, Fiammetta Borsellino ha risposto di no. “All’inizio – ha aggiunto – non avevamo alcun sospetto su quello che stava accadendo. Avevamo contatti con gli inquirenti (i magistrati Tinebra, Petralia, Di Matteo), ma nessun sospetto. Poi, davanti agli atti, abbiamo capito”.

Anche nel corso dell’audizione, a quanto apprende Livesicilia, Fiammetta Borsellino ha detto di aspettarsi risposte dal Csm sull’operato dei magistrati nella vicenda. La figlia del giudice ucciso in via D’Amelio, parlando ai commissari, ha detto che per l’esigenza della sua famiglia di conoscere la verità, è stato di grande importanza il lavoro degli avvocati Pino Scozzola e Rosalba Di Gregorio, che difendevano alcuni degli ergastolani ingiustamente condannati in base alle dichiarazioni di Scarantino che si erano costituiti parte civile. Parlando degli anni della strage, Fiammetta ha anche ricordato i legami della famiglia Graviano con ambienti economici e politici.

“Oggi c’è un quadro che racconta cose gravi, non soltanto un depistaggio – ha detto Fava –. Ma il modo in cui tutto questo è stato possibile attraverso una gestione investigativa che ha superato ogni prassi e ogni regola”, ha aggiunto Fava. “Dal ministero dell’Interno alcune risposte potranno arrivare, la Direzione nazionale antimafia… Per esempio l’onorevole Scotti. Ma non chiedetemi nomi. A tutti quelli che possono spiegarci come sia stato possibile, chiederemo di venire a dare il loro contributo”.

Tanti i punti oscuri da chiarire, sia legati alla gestione di Scarantino sia a quanto accadde sulla scena della strage, incluso il mistero dell’agenda rossa. “Non abbiamo più solo una collezione di episodi ma una visione di insieme dopo la sentenza – dice Fava -. E ritengo che ci siano delle domande da fare che siano responsabilità della politica. Non si può delegare tutto ai magistrati”.

“L’audizione in commissione regionale Antimafia di Fiammetta Borsellino ci ha consegnato un quadro inquietante e disarmante sulle modalità di gestione degli iter processuali seguiti all’attentato che ha portato alla morte del magistrato Paolo Borsellino”, commenta Nicola D’Agostino, membro della commissione Antimafia. “In questo modo – aggiunge il capogruppo di Sicilia Futura – Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso due volte: la prima per mano della mafia; la seconda per mano di pezzi autorevoli dello Stato che nel frattempo lo hanno ipocritamente elevato alla santità”.


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