"Riina uccise Borsellino| perché lo Stato si mostrò debole" - Live Sicilia

“Riina uccise Borsellino| perché lo Stato si mostrò debole”

Depositate le motivazioni del processo sulla trattativa Stato-Mafia.

PALERMO – “Non v’è dubbio quell’invito al dialogo pervenuto dai carabinieri attraverso Vito Ciancimino costituisca un sicuro elemento di novità che può certamente avere determinato l’effetto dell’accelerazione dell’omicidio del dottor Borsellino”.

È uno dei passaggi delle 5 mila e 300 pagine della motivazione della sentenza del processo Trattativa. Totò Riina approfittò di “quel segnale di debolezza provenienti dalle Istituzioni dello Stato” con l’obiettivo “di lucrare nel tempo maggiori vantaggi rispetto a quelli che sul momento avrebbero potuto determinarsi in senso negativo”.

Ed ancora, si legge nelle motivazioni della Corte d’assise presieduta da Alfredo Montalto, “è logico ritenere che Riina, compiacendosi dell’effetto positivo per l’organizzazione mafiosa prodotto dalla strage di Capaci, possa essersi determinato a replicare con la strage di via D’Amelio quella straordinaria manifestazione di forza criminale già attuata a Capaci per mettere definitivamente in ginocchio lo Stato e ottenere benefici sino a pochi mesi prima (quando vi era stata la sentenza definitiva del maxi processo) assolutamente per lui impensabili”.

Il collegio, dunque, non crede che fu l’indagine “mafia e appalti”, a cui Borsellino stava lavorando, a spaventare i mafiosi. Il “versante mafioso” dell’indagine aveva subito già duri colpi un anno prima, con l’arresto di Angelo Siino, l’uomo degli appalti di Cosa nostra, “e non si comprende, dunque, quale preoccupazione talmente viva, attuale e forte avrebbero potuto avere i vertici mafiosi per sviluppi investigativi che al più avrebbero potuto attingere quegli esponenti politici che avevano tratto lucro dal patto spartitorio degli appalti garantito da Cosa nostra”.

Non è verosimile inoltre che ci fossero “esponenti politici in grado di imporre un cambiamento di strategia di contrasto allo Stato”. No, l’interesse di Cosa nostra è sempre stato “prevalente… ed allora è giocoforza ritenere che l’unico fatto noto di sicura rilevanza, importanza e novità verificatosi in quel periodo per l’organizzazione mafiosa sono stati i segnali di disponibilità al dialogo – ed in sostanza di cedimento alla tracotanza mafiosa culminata nella strage di Capaci – pervenuti a salvatore Riina, attraverso Vito Ciancimino proprio nel periodo immediatamente precedente la strage di via D’Amelio”.


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