Lombardo: "Non torno in politica | Musumeci può unire i sicilianisti" - Live Sicilia

Lombardo: “Non torno in politica | Musumeci può unire i sicilianisti”

Intervista all'ex governatore. "Micciché ha offeso gli autonomisti. Il processo? Sono scandalosamente innocente".

L'intervista
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8 min di lettura

PALERMO – Dice e ridice che a scendere in campo un’altra volta non ci pensa nemmeno. Perché ha fatto un voto col Padreterno dice. E perché marcia per i 68 anni e vorrebbe fare il nonno. Ma Raffaele Lombardo, quando se la prende con chi teorizza di un suo ritrovato superattivismo in politica, non può non ammettere che i contatti non mancano. “Mi chiedono consigli, dovrei farmi pagare”, scherza lui. Sempre ascoltato, sempre cercato, anche dopo anni lontano dalle luci della ribalta. L’ex presidente della Regione non rilascia interviste da un po’. Le sue dichiarazioni pubbliche negli ultimi anni sono state rare. Per una volta, però, Lombardo accetta di parlare. Di politica, con i suoi auspici autonomisti che affiderebbe a un leader politico che non  ha chiaro in mente, ma anche del suo lunghissimo processo, per il quale adesso si dovrà ritornare all’appello, come ha disposto la Cassazione. E poi della sua vita da “autonomista pensionato”, tra arance e grano duro.

Parla come un fiume in piena Raffaele Lombardo. Come l’ultima volta che chi scrive lo incrociò, a Palazzo d’Orleans, negli ultimi giorni del suo governo regionale. Sembra passato un secolo da allora. Ma l’abitudine di mangiucchiare carta non è passata per niente .

Presidente, dov’è stato tutto questo tempo? È tornato in campagna come aveva detto?

“Eccome. Semino e raccolgo da cinque anni. Grano antico siciliano. E lo vendo quattro volte di più del grano tradizionale”.

Dove?

“In territorio di Ramacca. Ho anche piantato due ettari di zucche. E resta ancora un pezzo dell’agrumeto che avevo in origine”.

Insomma, agricoltore a tempo pieno?

“No, ho ritrovato il gusto di leggere bei libri. E poi ho riscoperto la mia famiglia. Vado a trovare spesso mia madre. E mi auguro di diventare presto nonno”.

E il tempo per la politica lo trova? Ci pensa a un ritorno in campo?

“Assolutamente no. Ho letto un articolo giorni fa: bella sintesi di una lunga serie di sciocchezze! Si legge che io avrei condizionato Pogliese minacciando di sostenere Attaguile e la lista della Lega, che non ci voleva molto a capire che avrebbe fatto meno del due per cento, e non il cinque. Poi si dice che io ho tanti voti…”.

Qualcuno ce l’ha…

“Il candidato che ho sostenuto io, Sebastiano Arcidiacono, purtroppo non ce l’ha fatta. Poi dicono che io abbia un filo diretto con Miccichè. Non lo sento dalla vigilia delle elezioni politiche”.

Come mai ?

“Nel comporre le candidature per le politiche, visto che ha dato le carte per l’ultima volta in Sicilia, ha offeso un suo tradizionale alleato, gli autonomisti. Ha voluto recidere un antico rapporto di collaborazione. Già prima aveva escluso la seconda forza della coalizione dalle presidenze delle commissioni legislative dell’Ars… contento lui!”.

Quindi di politica lei si occupa, altro che…

“Dire che io scenda in campo in prima persona è assurdo” .

Sì, ma lei stesso ha detto che parlava con Miccichè di candidature.

“Io ho fatto un voto di mai più candidarmi. Certo, mi piace parlare di politica, do qualche consiglio, dico scherzando che dovrei farmi pagare. Alle Comunali di Catania la lista l’ha fatta per l’ottanta per cento mio nipote che ha fatto bene ed era giusto che facesse l’assessore”.

La lista è andata benissimo.

“Benino”.

E con Musumeci parla?

“Non ci parlo da mesi. Il mio parroco mi ha chiesto di invitarlo al pontificale della Madonna del Carmine e mi fa piacere che ci sia andato. Ma abbiamo dialogato per sms. Non lo vedo da mesi. Immagino gli impegni asfissianti del presidente e non ho motivo di distrarlo. Guardi, io vado veloce verso i 70 e ho fatto il voto di non tornare in politica. Poi devo seguire il mio processo, che è iniziato di fatto otto anni fa, e al quale se ne sono aggiunti altri, una mezza dozzina, e tutti quelli che si sono conclusi si sono chiusi in modo favorevole. A Enna siamo ancora all’udienza preliminare per la vicenda della miniera di Pasquasia. Il reato si prescrive tra qualche settimana ma credo che rinunceremo alla prescrizione perché il mio governo fu il primo a finanziare la bonifica e ho solo meriti da rivendicare .

Poi c’è l’altro processo, il più importante. Per quello, dopo l’assoluzione in appello dall’accusa di concorso esterno in mafia e la condanna per voto di scambio politico-mafioso, la Cassazione ha deciso che si deve ricominciare.

“Sì, siamo al quarto grado”.

Non deve essere stato bello per lei apprenderlo.

“Non ho nessuna premura. Sono fiducioso perché sono completamente estraneo a questi infamanti reati che mi sono stati appioppati. Più tempo passa, più facile è che la verità emerga. E la verità è che io alla mafia ho fatto danni come pochi. Sono scandalosamente innocente”.

Come ha fatto danni alla mafia?

“Le cito solo due capitoli. Col mio governo l’eolico si bloccò ,ed era  tutto un pullulare di mafiosi grandi, piccoli e medi. Ricordo quel convegno con Sgarbi e Giscard d’Estaing che fece storia e mise la parola fine. E poi i termovalorizzatori. C’erano imprese vicine alla mafia e ci siamo messi di traverso , io addirittura da presidente della Provincia di Catania”.

La condanna per voto di scambio politico-mafioso però rimase anche nella sentenza d’appello. Come se lo spiega?

“Io dimostrerò ancora meglio che non solo questi quattro mafiosi non hanno votato per me, ma che hanno votato per altri”.

Come può dimostrarlo?

“È nelle carte. E le carte sono tante, una decina di metri cubici. Bisogna solo rispolverarle. Avrò una cinquantina di faldoni e molte di queste carte me le sono lette, mi sono fatto una cultura”.

Qual è stato il momento più brutto della sua vicenda giudiziaria?

“Il 29 marzo del 2010 quando uscì la notizia, come al solito, su Repubblica. E io mi svegliai con i messaggini degli amici che all’alba mi scrivevano ‘ti siamo vicini’, ‘tieni duro’. E non capivo di che cosa parlassero. Poi accesi il televisore”.

Cosa le manca della politica attiva?

“Una delle cose positive della mia vicenda giudiziaria è che mi ha disamorato della politica. E’ valso il  meccanismo del chiodo scaccia chiodo”.

Ed è positivo?

“Forse non me ne sarei mai distaccato. La mia vita era dedicata alla politica e alla amministrazione pubblica al 90 per cento dall’età di 21 anni. Io sostenni Scelba alle Europee del 1979. Non posso dimenticare che aveva un vestito grigio scuro con i buchi provocati dalle tarme, perché lui, che era stato potentissimo, morì povero. Conobbi gente come Fanfani, un ometto di piccola statura davanti al quale i maggiorenti stavano sull’attenti e qualcuno tremava. Andreotti lo incontrai a un convegno dei giovani Dc a Brindisi mentre si intratteneva con i ragazzi del Lazio ricostruendo la loro genealogia e citando i parroci di ogni paese: erano tutti suoi elettori”.

L’amarcord è lungo…

“Sì, poi mi prese a ben volere Vito Scalia, fondatore della Cisl siciliana, uomo di straordinaria fantasia e sensibilità sociale. E a proposito di ricordi non posso non citare Francesco Parisi, gran signore, amministratore e legislatore di capacità ineguagliabile . E mi fermo a chi non c’è”.

Rispetto a quella politica, oggi che differenze vede?

“Oggi non c’è più niente. Allora c’erano ideali, valori, si militava, si leggeva, si discuteva in sezione e si affiggevano i manifesti. Ricordo che da ragazzo avevo un giubbottino a cui tenevo tanto e lo macchiai perché nottetempo, secchiello colla calce e pennello in mano, scrivemmo ‘Dc’ su un cancello arrugginito a Grammichele. Mia mamma non riuscì a smacchiarlo”.

Le è dispiaciuto che suo figlio Toti non si sia ricandidato?

“È stata una sua scelta. Io sono molto soddisfatto dei miei figli. Il grande è chirurgo plastico. Il piccolo fa pratica in un prestigioso studio di diritto civile e societario”.

Ora c’è suo nipote.

“Ce l’ha nel sangue lui la politica. Si impegna da quando aveva 20 anni”.

Va bene, ma lei c’è sempre, non dica di no.

“Io do una mano. Dispenso consigli. Mi sorprendo e mi compiaccio del fatto che sindaci, deputati e amici vengono per “un consiglio”. Gliel’ho detto: dovrei farmi pagare”.

E cosa consiglia ai suoi amici autonomisti?

“Di non abbandonare l’idea autonomista. Anzi di spingersi oltre. Piuttosto che essere tenuti al guinzaglio da Milano o da Bruxelles, dovremmo guardare al nostro mare, al Mediterraneo e lì ricostruire le nostre relazioni, i nostri affari, il nostro sviluppo. E avremmo bisogno di un’autonomia che sconfini in una mezza indipendenza. Perché no? Libereremmo i mitteleuropei sopratutto italiani del nostro “fardello “, della “palla al piede” , e’ così che ci vivono. Dobbiamo ottenere almeno la fiscalità differenziata e la compensazione infrastrutturale”.

Insieme alla Lega?

“Noi con la Lega abbiamo fatto la lista insieme nel 2006. Quello che mi preoccupa è che oggi due governatori leghisti, di Veneto e Lombardia, rivendicano autonomia. In fondo vogliono trattenersi una parte di quanto versano allo Stato. Ma questi soldi a chi verrebbero meno? A noi che già stiamo in ginocchio”.

Insomma, è scettico.

“Io guardo con interesse a questo governo giallo-verde. Mi auguro che resista alle aggressioni dell’establishment che ogni santo giorno gli sferra contro attacchi micidiali . Si tratta di quei saccheggiatori della finanza pubblica e bancaria con connessioni con certi giornali della carta stampata. Il problema però non è il reddito di cittadinanza ma innestare lo sviluppo. Noi per questo chiedevamo il Ponte sullo Stretto e la fiscalità di vantaggio”.

E quali sponde trovare oggi per queste battaglie?

“Quelli che ci stanno a sposare una causa del genere. Non li cerco io, non ci penso lontanamente. Non so chi sarà. Piuttosto mi delude un deprimente rigurgito di ascarismo. Non vede le genuflessioni e gli osanna appena un leader nazionale mette piede nell’isola?”.

E Musumeci secondo lei può essere il leader giusto per questo progetto?

“Ha conquistato un ruolo importantissimo, la presidenza della Regione”.

Potrebbe essere lui il federatore degli autonomisti?

“Certo, potrebbe. Anche per pesare più a Roma dove la nostra voce è debolissima. Vediamo che cosa succede. Ma forse le mie sono fantasie. Forse sono le illusioni di un autonomista in pensione”. 


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