I segreti dei Santapaola di Picanello |Si pente "Gennarino" D'Arrigo - Live Sicilia

I segreti dei Santapaola di Picanello |Si pente “Gennarino” D’Arrigo

È lui il collaboratore di giustizia che ha dato l'input all'indagine che ha permesso di inchiodare tre esattori del pizzo.

CATANIA – A Picanello lo chiamano “Gennarino”. Antonio D’Arrigo è il nome dell’ultimo santapaoliano che ha deciso di cambiare vita e collaborare con la giustizia. Fedelissimo di Lorenzo Pavone, ritenuto il reggente del gruppo di Picanello fino al suo arresto nel 2013 nel blitz Fiori Bianchi, poi ha cercato di accreditarsi alla “corte” del nuovo responsabile Giovanni Comis.

Nella roccaforte dell’uomo d’onore Carletto Campanella gli animi sono agitati tra gli affiliati di Cosa nostra. Le sue dichiarazioni, rilasciate a marzo, hanno già portato ai primi arresti. Sono state, infatti, l’input investigativo dell’inchiesta della Squadra Mobile di Catania che ha liberato dal cappio del pizzo il titolare di un negozio di ferramenta, taglieggiato dal 1999. Il pentito ha fornito le prime indicazioni e poi la Polizia, coordinata dal pm Rocco Liguori, ha chiuso il cerchio “immortalando” anche la consegna della tangente nelle mani dell’esattore.

“Gennarino” non conosce solo la mappa delle estorsioni del gruppo santapaoliano di Picanello. Spulciando i vari faldoni delle inchieste degli ultimi anni che lo vedono coinvolto, Antonio D’Arrigo si sarebbe occupato di vari affari illeciti per conto del clan. Davide Seminara, ex luogotenente del clan Nizza, racconta che “si occupava di rapine, estorsioni e droga, sia cocaina che fumo”. Tanti, quindi, gli spunti investigativi che potrebbero partire dalle sue dichiarazioni. E a preoccuparsi non sono solo i Santapoliani di Picanello, ma anche di San Giovanni Galermo e di Aci Catena. Gruppi che fanno storicamente riferimento ai boss di Picanello.

Uno dei soldati di Aci Catena, Gaetano Vinciguerra, parla di D’Arrigo anche per un omicidio ancora irrisolto.  “Lo conosco come “Gennarino. – si legge nei verbali –  Fa parte del gruppo di Picanello e mi è stato presentato da Lorenzo Pavone. Ne ho già parlato come l’esecutore dell’omicidio del genero di Marco Battaglia (trattasi dell’omicidio Alessandro Ponzo avvenuto il 5 maggio 2012, ndr)”. Nel blitz Leo 121 i carabinieri filmarono i funerali organizzati per il giovane Ponzo, tra le teste di serie dello spaccio a Catania. Uno striscione con scritto “piccolo principe” e un “carosello di scooter”. Una riverenza in perfetto stile mafioso. Ma chi ha raccontato a Vinciguerra che il neo pentito sarebbe coinvolto nell’omicidio? “Tale informazione mi è stata riportata da Giuseppe Tringale mentre ero in carcere”, risponde il collaboratore acese. Chissà cosa ha raccontato  D’Arrigo ai magistrati su questo fatto di sangue? Interrogativi che potrebbero essere svelati nei prossimi mesi.

D’Arrigo è finito in manette nel blitz Orfeo, quello che lo scorso anno ha azzerato il gruppo Santapaoliano di Picanello. Il processo abbreviato, scaturito dalla retata dei carabinieri, si è concluso con una raffica di condanne. D’arrigo è tra gli imputati ed è stato condannato dal Gup a 10 anni di reclusione. Le sue rivelazioni saranno anche utilizzate nel processo d’appello Orfeo. I verbali di D’Arrigo, inoltre, hanno rafforzato gli elementi a carico del trafficante di San Giovanni Galermo Marco Battaglia, che dopo la condanna in primo grado è finito dietro le sbarre. L’ordinanza è stata confermata dal Tribunale del Riesame.


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