"Quei bacini intralciano le navi | Difficile manovrare dentro il porto" - Live Sicilia

“Quei bacini intralciano le navi | Difficile manovrare dentro il porto”

Il porto di Palermo

Due impianti inutilizzati costringono i piloti di porto delle navi a lavorare al limite. FOTO

Palermo - Il caso
di
4 min di lettura

PALERMO – Due bacini galleggianti da migliaia e migliaia di tonnellate, necessari per la riparazione e la manutenzione delle navi ma che da anni sono inutilizzati e ancorati al porto di Palermo. Anzi, dove “rubano” spazio prezioso rendendo pericolose le manovre del centinaio di navi che ogni settimana scelgono di transitare nella quinta città d’Italia. 

> GUARDA LA GALLERY

Due bacini di carenaggio che risalgono agli anni Settanta e su cui da tempo si attende un intervento risolutivo: l’ultima notizia è che la Regione aveva convocato una riunione per il 25 luglio sul futuro dei cantieri navali, che ovviamente comprendono anche i bacini dismessi che andrebbero riqualificati con interventi per milioni di euro, ma il vertice è saltato e non ci sono ancora nuove date. L’intesa sembra comunque essere a un passo, ma nel frattempo i due bacini restano lì e continuano a creare problemi. 

A segnalarlo, con sempre più forza negli ultimi mesi, è stata la Capitaneria di porto, ossia chi ha il compito di vigilare sulla sicurezza delle unità navali e del porto. Un pressing che vede la Capitaneria far fronte comune con l’Autorità portuale e che ha un unico obiettivo: garantire più spazio alle manovre delle navi, specie dei colossi che superano i 300 metri e che, nei fatti, quasi sfiorano i bacini quando devono transitare dal porto del capoluogo. 

Le due strutture, del resto, non sono piccole: un bacino è da 19 mila tonnellate, l’altro da 52 mila; sono ormeggiate nell’area commerciale del porto, quasi in prossimità dell’imboccatura, e sono da tempo inutilizzate. Il problema è che le navi, per la manovra di ingresso ed uscita, devono disporre di ampi spazi, un po’ come una automobile che debba parcheggiare: il comandante può decidere se fare retromarcia prima o dopo. E se già si incontra qualche difficoltà nel parcheggiare una vettura, è facile immaginare quanto possa essere complicato manovrare navi alte come palazzi, lunghe centinaia di metri e che talvolta devono fare i conti anche con le condizioni meteo marine avverse. Operazioni rese ancora più complesse dai due bacini che tolgono spazio utile al bacino di evoluzione. 

“Le navi diventano sempre più grandi, ma gli spazi restano sempre quelli”, spiega il Contrammiraglio Salvatore Gravante, che guida la Capitaneria di porto di Palermo e che negli ultimi mesi ha più volte chiesto ai soggetti preposti di intervenire. “Le navi arrivano anche a 18 metri dal bacino più grande”, spiega Gravante: distanze che, se consideriamo le dimensioni delle navi, sono veramente risicate, specie se si pensa che basterebbero un errore umano o condizioni climatiche sfavorevoli per rischiare l’incidente. 

Il bacino da 19 mila tonnellate può ospitare approssimativamente navi lunghe fino a 80 metri, come i traghetti per le Isole minori, mentre quello da 52 mila può ricoverare imbarcazioni che arrivano ai 150 metri. Negli anni si sono susseguiti gli annunci su possibili interventi: il bacino più piccolo potrebbe finire ad Augusta, il più grande potrebbe essere potenziato fino a 80 o 90 mila tonnellate con un investimento da 40-50 milioni già finanziato, ma bloccato dalle pastoie burocratiche. Una riqualificazione chiesta a gran voce da Fincantieri e dai sindacati anche nell’ultima tavola rotonda organizzata dalla Cgil, da cui sarebbero usciti impegni precisi del governo nazionale e di quello regionale. Ma, nel frattempo, i due colossi restano lì. 

“Il bacino di evoluzione inizia a diventare angusto per le navi – spiega il Contrammiraglio –. Abbiamo proposto all’Autorità portuale una soluzione: il bacino più piccolo è lungo tanto quanto la banchina, basterebbe spostarlo al posto di quello più grande che invece andrebbe collocato nell’area dei cantieri”. In questo modo non solo si guadagnerebbe spazio, ma si eliminerebbe anche lo “spigolo” del bacino più grande che oggi sporge rispetto alla banchina di circa 80 metri e che, per essere riqualificato, va comunque collocato altrove. 

“Con l’ammiraglio Gravante agiamo in sinergia, c’è stima personale e istituzionale – dice il presidente dell’Autorità portuale, Pasqualino Monti –. Ci hanno segnalato che il bacino è pericoloso e l’Autorità si è subito attivata, scrivendo alla Regione: è loro il compito di spostarlo e il costo dell’operazione sarà di circa 400mila euro, perché il bacino neanche galleggia. Con l’assessore alle Attività produttive, Domenico Turano, stiamo cercando soluzioni”.

“Le manovre sono sicure – assicura Gravante – ma siamo sempre più vicini ai limiti, in queste condizioni ci sono sempre meno margini in caso di errori umani”. Da qui la proposta che consentirebbe “di rendere più agevole il lavoro dei comandanti delle navi, ma anche il nostro che esercitiamo la vigilanza sulla sicurezza”. L’operazione non sarebbe tecnicamente difficile, ma ovviamente richiede il consenso di più soggetti, privati e istituzionali.

“Se il porto di Palermo vuole recuperare il tempo perduto, questo è uno dei modi più semplici, economici e celeri – aggiunge il Contrammiraglio – Se vogliamo incrementare i traffici, avere più turisti e business, è necessario che si intervenga anche sullo spostamento dei bacini”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI