Patto tra i clan Cappello e Giuliano |Araba Fenice, chi resta in carcere - Live Sicilia

Patto tra i clan Cappello e Giuliano |Araba Fenice, chi resta in carcere

L'inchiesta della Dda di Catania.

la decisione del riesame
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CATANIA – Il patto mafioso tra il clan Giuliano del siracusano e la cosca Cappello di Catania sarebbe stato così saldo che un ordine del boss catanese Massimiliano Salvo (detto u caruzzeri) avrebbe avuto forza anche fuori dai confini della provincia etnea. Per la Procura di Catania infatti dietro l’incendio dei mezzi della Dusty, società operante nel settore dei rifiuti, avvenuto a Pachino a gennaio 2016 c’è il nome del figlio di Pippo U Carruzzeri, già dal 2017 al 41bis.

Una ricostruzione accusatoria che ha retto anche davanti al Tribunale del Riesame di Catania che ha confermato la custodia cautelare in carcere per Salvo, indagato insieme ad altre 18 persone ritenute organiche ai Giuliano di Pachino. L’inchiesta Araba Fenice, eseguita dalla Squadra Mobile di Siracusa e coordinata dal pm della Dda etnea Alessandro Sorrentino, ha fotografato due anni di attività illecite del clan siracusano (dal 2015 al 2017) che vedono ai vertici Salvatore Giuliano, Giuseppe Vizzini (detto u Marcuottu) e i fratelli Claudio, Giovanni e Giuseppe Aprile. Questi ultimi comporrebbero il braccio militare della cosca: quando c’era da fare “la voce grossa” ci sarebbero stati loro. La mafia, purtroppo, vive e si nutre della paura e della forza della intimidazione. È attraverso questo strumento mafioso che il clan Giuliano sarebbe riuscito a costruire un vero e proprio monopolio tra Pachino e Portopalo di Capo Passero nel settore dell’ortofrutta. I produttori sarebbero stati costretti a pagare una “provvigione”. Ma a fare ingrossare il portafoglio della consorteria mafiosa anche le estorsioni e il traffico di droga. Marijuana e cocaina direttamente acquistata a Catania. 

L’ordinanza firmata dalla Gip Simona Ragazzi è stata confermata quasi in toto dal Tribunale del Riesame che ha rigettato la maggior parte dei ricorsi dei difensori dei 19 indagati. Annullamento (parziale) solo per il figlio del boss Giuseppe Vizzini, detto U Marcuottu”, accusato di intestazione fittizia delle quote della “Fenice srl”, società finita sotto sequestro. Per Simone Vizzini i giudici della Libertà hanno stabilito l’obbligo di dimora. Il giovane Giuliano ha potuto lasciare il carcere e tornare a Pachino. Il Tribunale del Riesame inoltre ha annullato anche la misura per Sergio Arangio per una questione tecnico-giuridica di rito.

Restano invece in carcere gli altri indagati. Il Riesame ha infatti confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Claudio Aprile, Giovanni Aprile, Giuseppe Aprile, Antonio Arangio, Salvatore Bosco (accusato dell’incendio dei mezzi Dusty insieme al boss Salvo), Massimo Caccamo (detto ‘u rossu’), Antonio Cannarella, Salvatore Cannavò (chiamato “Giovanni Cicala”), Giuseppe Crispino (‘u barberi’), Giuseppe Di Salvo, Salvatore Giuliano, Vincenzo Giuliano, Salvatore Massimiliano Salvo, Nunzio Agatino Scalisi (il poliziotto indagato) e Giuseppe Vizzini.


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