Clan Mazzei, sentenza Ippocampo |"Nuccio è il capo indiscusso" - Live Sicilia

Clan Mazzei, sentenza Ippocampo |”Nuccio è il capo indiscusso”

Cimici e verbali di pentiti. Ecco cosa hanno scritto i giudici del Tribunale.

CATANIA – “C’è un quartiere pieno di guardie… c’è qualche cosa sotto! c’è stato Toni, quando c’è Toni in giro… c’è traffico…”. A parlare è Nuccio Mazzei. Il capo dei “carcagnusi” è preoccupato di una possibile operazione di polizia giudiziaria. Il boss di San Cristoforo non aveva tutti i torti. Le sue parole sono finite nei nastri della Dia e dei Carabinieri che nel 2011, precisamente a febbraio, stavano lavorando all’inchiesta Ippocampo. Una delle indagini, dopo diversi anni, che ha riacceso i riflettori sul clan catanese “accreditato” a Cosa nostra siciliana dopo il battesimo di Santo Mazzei, padre di Nuccio, da parte dei corleonesi.

Il processo scaturito da quel blitz è finito in primo grado con una condanna per il capomafia Nuccio Mazzei a 30 anni di reclusione. Per i giudici non ci sono dubbi “la sua leadership” mafiosa è riconosciuta “dagli affiliati”, tutti subordinati a lui. Il timore di essere arrestato è un “segnale” che secondo i giudici, che hanno depositato da qualche giorno le motivazioni della sentenza, non può essere sottovalutato.

Fremono in via Belfiore: “‘Mpare le cimici, ‘mpare … là le cimici ci sono”. Così Gaetano Pellegrino, ritenuto tra gli uomini più fidati di Nuccio Mazzei, parla con il capomafia e sua moglie mentre le microspie lo registrano. E in un’altra conversazione intercettata, a dimostrazione della totale fedeltà a Mazzei, confida alla moglie del boss che “se domani (Nuccio) mi dice: “devi ammazzare mia moglie, io ti ammazzo”. Pellegrino, ‘u funciutu, è il fratello dell’ex consigliere comunale ed ex candidato sindaco di Catania Riccardo, indagato per voto di scambio nelle ultime regionali. Questa, però, è un’altra storia.

Torniamo al “Traforo”, così è chiamata la via Belfiore a San Cristoforo. Nuccio Mazzei conta i soldi mentre le microspie della Dia e dei carabinieri registrano. “1750 per l’assegno della casa… 1500 glieli ho mandati per Santo per la cosa…”. E al figlio dice: “Tieni compra il gelato al bambino”. Non ha certo problemi di denaro il figlio del “carcagnusu”. Mazzei è intercettato mentre discute per l’acquisto di un Rolex “GMT acciaio oro da 8.300 euro” e dice di possedere due Rolex da collezione. Insomma il boss avrebbe gusti raffinati. E avrebbe soprattutto i soldi per potersi mantenere certi capricci lussuosi.

Quando c’era da prendere una decisione al Traforo, l’ultima parola spettava a Nuccio Mazzei. Un ruolo di supremazia che emerge dalle intercettazioni e dalle indagini, ma anche dalle dichiarazioni dei moltissimi collaboratori di giustizia che hanno sfilato nelle varie udienze che si sono svolte all’aula Santoro del palazzo di giustizia di via Crispi. Per lo spacciatore Golfredo Di Maggio il ruolo di “reggente” era di Nuccio Mazzei, mentre la madre Rosa Morace (figura a cui il mensile S in edicola ha dedicato uno speciale) avrebbe avuto un ruolo di “comando” nel gruppo.

Dall’ex santapaoliano Santo La Causa, al boss dei Cappello Gaetano D’Aquino, non ci sono dubbi: è Nuccio Mazzei il capo indiscusso della cosca. D’Aquino ha raccontato anche del piano folle di Iano Lo Giudice di ucciderlo. Progetto che poi fallì, anche per evitare una guerra di mafia di proporzioni abissali. I Mazzei avrebbero avuto dei momenti di tensione con i Santapaola, quando furono uccisi “Pippo Scionti e Giovanni Motta”, dice La Causa. Chiaro il riferimento a Pippo Sciotti, ammazzato nel 2006 davanti alla scuola De Roberto mentre accompagnava la figlia. Droga, mercato del pesce e sala Bingo di piazza Alcalà. L’accordo per la spartizione del mercato ittico – sempre secondo i ricordi di La Causa – sarebbe stata decisa “tra il 2007 e il 2008”.

Ad Ippocampo di mare nel 2009 si sarebbe svolta una riunione con i pezzi grossi della mafia catanese. Nuccio Mazzei e il cugino Lucio Stella, per i “carcagnusi”, e poi Enzo Aiello, Turi Amato, Benedetto Cocimano e Ignazio Barbagallo per i Santapaola. A raccontare dell’incontro top secret è stato proprio Ignazio Barbagallo, diventato collaboratore di giustizia poche ore dopo l’arresto del 2009 avvenuto mentre partecipava a un summit di mafia in una villetta di Belpasso. “Aiello disse a Mazzei – sintetizzano i giudici nelle motivazioni della sentenza – che i picciotti di Lineri (capeggiati da Tino Paparazza, nomignolo di Agatino Licciardello) avevano manifestato l’intenzione di associarsi al clan Santapaola”. Mazzei avrebbe replicato al boss Aiello che trattandosi di “cose di famiglia” voleva affrontare l’argomento direttamente con i picciotti della frazione misterbianchese. Il capo non voleva intromissioni nella sua “famiglia”.


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