Da Lo Piccolo agli "Scappati" | Se Gallina si pentisse... - Live Sicilia

Da Lo Piccolo agli “Scappati” | Se Gallina si pentisse…

Salvatore Lo Piccolo

Sono tante le verità che potrebbe svelare il boss di Carini in attesa di essere estradato.

PALERMO – I sequestri ci sono stati, ma il tesoro di Lo Piccolo, undici anni dopo il suo arresto, è rimasto pressoché intatto. Se c’è qualcuno in grado di ricostruire la mappa degli affari del boss di San Lorenzo questi è Freddy Gallina, arrestato in America e prossimo all’estradizione. In primo grado è arrivato il via libera al rientro in Italia. C’è chi trema perché teme che Gallina possa decidere di collaborare con la giustizia.

Un’ipotesi, nulla di più. Servirebbe il cedimento del boss di Carini che finora, però, si è difeso con i denti, e con l’assistenza dei migliori avvocati americani, per evitare l’estradizione. In Italia rischia una condanna all’ergastolo per tre omicidi. Nella sua carriera criminale, però, ci sarebbero anche le trame di tanti affari dei Lo Piccolo e degli “scappati”, dei quali il boss di San Lorenzo sponsorizzava il rientro dall’America dove si erano rifugiati negli anni Ottanta per evitare il piombo dei corleonesi.

Un altro padrino della vecchia mafia, Nino Rotolo, non era d’accordo e voleva la guerra. “A loro sono rimasti i beni, a noi li hanno levati”, diceva Rotolo. Era il 2007, undici anni dopo alcuni “scappati” sono davvero rientrati in città con chissà quanti soldi. Soldi che si aggiungono al tesoro mai trovato del barone di San Lorenzo.

Il giorno che lo arrestarono assieme al figlio Sandro, ergastolano pure lui, aveva addosso la contabilità del pizzo. Un milione e mezzo di euro per il solo anno in corso. Il pentito Angelo La Manna disse che i soldi transitavano da conti correnti intestati a persone sconosciute presso diverse agenzie bancarie. Di affari in corso ce n’erano parecchi e probabilmente se ne discusse l’11 agosto 2003 quando i poliziotti della Squadra mobile filmarono un summit in un ristorante di Torretta. C’erano anche gli eredi degli Inzerillo di Passo di Rigano. Tutti seduti attorno a uno stesso tavolo e agli ordini di Totuccio Lo Piccolo, il boss che aveva preso in mano Cosa nostra con la forza del suo esercito di fedelissimi e del denaro. Aveva partner di peso: da Giovan Battista Giacalone, il re di una catena di hard discount sotto l’insegna Mio, a Paolo Sgroi, a cui sequestrarono i supermercati con il marchio Sisa. Una fetta del patrimonio accumulato illecitamente veniva rinvestito e un’altra parte finiva all’estero.

Alcuni anni fa i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria trovarono un appunto dell’architetto Giuseppe Liga, considerato il successore di Salvatore Lo Piccolo, che portò gli investigatori in Svizzera, Lussemburgo e Gran Bretagna. Scovarono dei conti correnti da cui sarebbero transitati 70 milioni di euro. I conti erano ormai prosciugati.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI