La lite familiare e poi lo sfratto| Nonno Mariano in casa di riposo - Live Sicilia

La lite familiare e poi lo sfratto| Nonno Mariano in casa di riposo

L'intervento delle forze dell'ordine durante lo sfratto di Mariano Lucido

L'anziano, disabile e malato terminale, costretto a lasciare l'abitazione di via Diana a Mondello.

PALERMO – Nonno Mariano aveva un unico desiderio: quello di trascorrere il tempo che gli rimane nella sua casa, in cui ha vissuto per quarant’anni. Lo aveva espresso a gennaio, quando l’ufficiale giudiziario e le forze dell’ordine si sono presentati per la prima volta in via Diana per sfrattarlo insieme alla moglie e le due figlie.

Da allora, nove lunghi mesi di calvario per il novantenne che ha commosso tutta Italia: “Voglio morire qui”, aveva detto, ma oggi ha dovuto definitivamente lasciare l’abitazione di Partanna Mondello, acquistata all’asta dalla nipote per questioni di eredità. E’ così, in una Palermo pronta ad una giornata all’insegna della carità e della solidarietà per l’arrivo di Papa Francesco, per nonno Mariano è morta la speranza. “Volevamo rivolgerci al Santo Padre, forse lui avrebbe potuto fare qualcosa per questa famiglia – dicono in via Diana, oggi presidiata da chi ha voluto sostenere, anche soltanto moralmente, le figlie di Lucido -. Nessuno si è interessato a questa vicenda, le istituzioni hanno abbandonato Mariano e sua moglie”.

Quest’ultima, Filippa, ha vissuto lo stesso incubo per cinque mesi: anche lei disabile, è morta a maggio. “Vergogna, vergogna – urlano le persone giunte sul posto grazie agli appelli lanciati attraverso la pagina Facebook “Tutti uniti per nonno Mariano” -. Lo Stato sta lasciando da solo quest’uomo, portato via con la forza nonostante le sue condizioni di salute così precarie”.

Il novantenne, malato terminale, è stato trasferito su un’ambulanza e collocato in una casa di riposo. Aveva gli occhi pieni di paura. Una scena straziante in via Diana, a distanza di una settimana dal giorno in cui si era aggravato: venerdì scorso, infatti, durante l’ennesimo tentativo di esecuzione dello sfratto, il medico della famiglia aveva ritenuto il trasferimento troppo rischioso. “Lo è stato anche oggi – dicono davanti all’ingresso dell’abitazione coloro che con cartelli e striscioni si sono opposti con tutte le loro forze allo sfratto – questo è un omicidio legalizzato, siamo tutti sconvolti”.

Le lacrime, le urla, i documenti che attestano le condizioni di Mariano, non sono serviti a bloccare tutto. “Mio padre così morirà presto – dice la figlia, Daniela Lucido, che si è sempre battuta per evitare il peggio – proprio come è già successo a mia madre. Da una settimana non reagisce più, si è lasciato andare. Stamattina sono stata allontanata, non mi è stato permesso di accertare le sue condizioni di salute. Abbiamo già presentato una querela alla procura, questa procedura ha dell’inverosimile. Un iter disumano nei confronti di un malato terminale che voleva soltanto morire a casa sua. Dove è finita l’umanità?”.

La vicenda ha origini lontane nel tempo e sarebbe stata alimentata negli anni da controversie per questioni legate ad eredità immobiliari. “La casa è stata messa all’asta dopo il pignoramento – precisa Daniela Lucido -. Avremmo dovuto pagare ventimila euro circa di spese legali, visti i procedimenti civili che abbiamo affrontato, ma la nostra richiesta di rateizzazione è stata rifiutata e questo è il risultato”. Negli scorsi mesi la famiglia aveva proposto alla parente di accettare il pagamento di un affitto di 400 euro, ma la donna ha rifiutato. “Adesso – conclude la figlia – anche se hanno già cambiato la serratura della porta, non ci resta che raccogliere le poche cose di mio padre. Ma di sicuro non ci fermeremo qui, non può vivere in una casa di riposo, non è nemmeno la struttura adatta per lui”.

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