Niceta, processo infinito | Nuovo rinvio di tre mesi - Live Sicilia

Niceta, processo infinito | Nuovo rinvio di tre mesi

Uno dei negozi ormai chiusi

Confisca o dissequestro? Nel frattempo i negozi sono ormai tutti chiusi.

PALERMO – Un nuovo rinvio. Altri novanta giorni per conoscere il futuro del patrimonio degli imprenditori Niceta. Il presente, però, è già scritto visto che i quindici negozi della catena di abbigliamento sono tutti chiusi. Il Tribunale per le Misure di prevenzione ha comunicato che sono necessari altri tre mesi (potrebbero essere meno) per emettere il decreto di confisca o di dissequestro. E si tratta ancora del procedimento di primo grado.

Il sequestro è del dicembre 2013. Sono trascorsi, dunque, quasi cinque anni. In mezzo ci sono una perizia complessa, lo scandalo esploso nel settembre 2015 con l’allora presidente della Sezione Silvana Saguto finita sotto inchiesta e la conseguente necessità di ricominciare da capo con nuovi giudici.

I sequestri che hanno colpito i Niceta in realtà sono stati due: uno proposto dal questore di Trapani e il secondo frutto della indagini della Procura di Palermo. Il processo trapanese riguardava i negozi “Blue Spirit” e “Niceta Oggi” all’interno del centro commerciale costruito da Giuseppe Grigoli, il braccio operativo di Matteo Messina Denaro. Secondo l’accusa, i Niceta avrebbero fatto da paravento al boss Filippo Guttadauro per consentirgli di aprire i due negozi ed evitare la mannaia del sequestro. Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e successivamente pure lui arrestato per mafia, lavorava nei negozi assieme alla sorella. I giudici trapanesi in appello hanno stabilito che i Niceta avevano solo rapporti di lavoro con Guttadauro jr. Nessun interesse commerciale in comune o, peggio, nessuna intestazione fittizia per nascondere gli interessi mafiosi della famiglia mafiosa.

E così ad uno dei fratelli Niceta, Massimo, lo scorso dicembre sono state restituite le due società che gestivano i punti vendita ormai chiusi all’interno del Belicittà di Castelvetrano. Secondo i giudici di secondo grado, i colleghi del Tribunale si erano basati sugli stessi elementi, senza approfondirli, che erano costati ai Niceta un’inchiesta penale archiviata nel 2009. Le uniche novità erano rappresentate dalla condanna per mafia nel frattempo inflitta a Francesco Guttadauro e dalle dichiarazioni di Angelo Niceta, cugino di Massimo, dichiarate “generiche” dalla Corte di appello riguardo al negozio di Borgetto.

Il processo principale, con le accuse più pesanti, resta quello in via di definizione a PalermoNel 2000 il pentito Angelo Siino ribadì quanto già detto nel 1998 e cioè che “Mario Niceta (il padre degli eredi Niceta) era prestanome di Giuseppe Abbate, capo della famiglia mafiosa di Roccella”. Il rapporto fra i due sarebbe nato quando l’imprenditore, allora impegnato nel settore del calcestruzzo, era andato a chiedergli protezione per non pagare il pizzo. Interrogato da Saguto poi fornì una versione diversa. Nello stesso anno, anche Massimo Ciancimino, le cui dichiarazioni sono state spesso ritenute traballanti, tirò in ballo il vecchio Niceta. Raccontò addirittura di averlo visto tra i presenti a una riunione organizzata nei primi anni Ottanta in una villa di fronte l’Hotel Zagarella. C’erano Vito Ciancimino, Bernardo Provenzano, Pino Lipari Tommaso Cannella e pure Mario Niceta. Nel 2009 quando vennero fuori le carte del blitz Golem, i fratelli Massimo e Piero Niceta ricevettero un avviso di garanzia per intestazione fittizia di beni. Inchiesta che è stata poi archiviata.

“Sono stanco, non so più cosa fare – spiega Massimo Niceta – non si può distruggere la vita delle persone, qualunque sia la decisione da prendere, nel bene o nel male, figuriamoci quando, come nel nostro caso, non abbiamo fatto nulla. Mi aspettavo di potere riprendere a vivere e invece siamo costretti a restare ai margini. Non credo sia una situazione degna di uno stato di diritto”.    


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