"Ai miei tempi sarebbe morto" | Il ragazzo che sfidò il boss - Live Sicilia

“Ai miei tempi sarebbe morto” | Il ragazzo che sfidò il boss

Foto di archivio

Da una piantagione di droga sparirono due chili di erba. Il giovane fu graziato.

PALERMO - MAFIA DI RESUTTANA
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PALERMO – Il ragazzo rischiò grosso, nonostante avesse acquisito una parentela importante. In un verbale di Sergio Macalauso si parla di Giovanni Manitta, che tutti a Resuttana chiamano Gianluca. Macaluso, che prima di pentirsi è stato reggente del mandamento, racconta che “lui praticamente si occupò della piantagione di erba che avevamo a Capaci, noi abbiamo affittato un villino a Capaci, con dei documenti falsi e per due anni abbiamo fatto delle piantagioni di marijuana”.

Macaluso dovette affrontare un incidente di percorso: “… a me arrivò un definitivo di tre mesi mentre che l’erba era piantata, un definitivo di tre mesi di giugno, luglio e agosto e allora ci fu il problema chi di doveva andare ad occuparsi di questa marijuana. Lui, presentato dai figli di Bonanno, mi disse che era bravissimo e si prese l’obbligo di andare a dare l’acqua e a far crescere questa marijuana”.

La piantagione fu allestita in “un appartamento di campagna che comportava due piani: il pianterreno e il primo piano. Noi abbiamo fatto al primo piano stanza erba, seconda stanza asciugatura”. Durante l’assenza forzata di Macaluso successe qualcosa: “ Lui in questi tre mesi portò avanti le piante, le fece diventare un metro e mezzo, però mi rubo più di due chili di erba mi rubò, perché quando a me finirono nel periodo di agosto, mi sembra il 10 agosto mi finirono i domiciliari e ho trovato gran parte delle piante messe ad essiccare e mancavano tutte le cime… questa situazione mi fece molto adirare, al punto che gli volevamo fare del male perché, dico, io in carcere e tu mi vieni a rubare sei una persona indegna e poi amico, fratello dei tuoi amici, mi vieni a fregare l’erba”.

Manitta “scomparve sino a quando il giorno fu rintracciato… ti meriteresti la testa tagliata e per me lo farei. Però, per rispetto dei Bonanno che mi hanno pregato di lasciarti stare, perché sei un poco di buono…”.

Non c’erano di mezzo solo i Bonanno, visto che era il ventiduenne era fidanzato con una nipote di “Enzo Di Maio, capo mandamento dell’Acquasanta. Io ne parlai anche con lo zio Enzo Di Maio” che se ne lavò le mani: “… lo conosco che è salito tre quattro volte a casa… uno del genere ai miei tempi sarebbe andato a morire, per me puoi fare quello che vuoi, non mi interessa se è il fidanzato… ritieni tu quello che devi fare”. Gli ho detto: “zio Enzo che cosa devo fare? Che cosa devo fare? Due chili di erba se li sarà fumati, è un drogato, lo faccio sparire, mi sporco le mani, cose del genere?”.


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