Minniti chiude la 'Leopoldina' | Attacchi a Salvini e ricetta al Pd - Live Sicilia

Minniti chiude la ‘Leopoldina’ | Attacchi a Salvini e ricetta al Pd

"Un ministro dell'Interno non esulta". Raciti: "Ripartire dal sud". Lupo attacca Musumeci

La kermesse di Palermo
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PALERMO – “In una grande democrazia il ministro dell’Interno non esulta e non è al di sopra della legge”. Così l’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, ospite della ‘Lepoldina’, la kermesse organizzata dal senatore del Pd Davide Faraone al teatro Santa Cecilia di Palermo e che ha chiuso la sua due giorni con il predecessore di Salvini al Viminale. Minniti si è soffermato sul futuro del partito e sul tema immigrazione, criticando e non lesinando critiche all’attuale vicepremier.

“Con la diminuzione degli sbarchi – ha affermato – possiamo occuparci della questione dell’immigrazione nel senso più ideologico. Gli sbarchi sono diminuiti e i partiti di governo riescono a inventare l’emergenza. Loro esistono in quanto c’è qualcuno che è un nemico e c’è un problema drammaticamente emergenziale. Senza non esistono”. Minniti è poi andato all’attacco di Salvini ritornando alla vicenda della nave Diciotti: “Il ministro dell’Interno – ha sottolineato – è a capo delle forze armate. Quelle forze che grazie alla collaborazione con la magistratura hanno sferzato dei colpi alla criminalità organizzata e al terrorismo internazionale. Questo vuol dire che quando Salvini dice ‘Sono qui venite a prendermi’, quelli che lo vanno a prendere sono sul suo comando. Ho guardato – racconta Minniti – il video di quando Salvini apre l’avviso di apertura delle indagini – ha aggiunto -. Quel video è drammatico e grottesco. Lui dice che i magistrati prima di emettere un atto giudiziario dovrebbero pensare al consenso di cui gode. Sembra confondere l’uguaglianza di fronte con la legge con i sondaggi e crede che godere del consenso è essere al di sopra della legge. Poi, lui è lo stesso ministro che a un provvedimento fa un tweet alle sette e mezza per esultare. In una grande democrazia il ministro dell’Interno non esulta e non è al di sopra della legge”. Minniti ha parlato anche del Pd: “Deve intrecciare una riflessione critica e autocritica su quello che è avvenuto, sulla sconfitta elettorale che è stata particolarmente severa. Ma, contemporaneamente, deve stare in campo. Noi abbiamo di fronte delle scelte che devono essere fatte oggi. E il Pd non si può astenere dalla vicenda politica”.

L’intervento di Minniti è stato preceduto da alcuni big del Pd siciliano come Carmelo Miceli e Fausto Raciti segretari del Partito democratico provinciale e regionale, Giuseppe Lupo presidente del gruppo parlamentare dem all’Ars. In scaletta anche Fabrizio Micari, rettore dell’Università di Palermo e candidato del centrosinistra alle ultime elezioni regionali. Il primo a prendere la parola è stato Miceli, il segretario del partito provinciale che oggi è deputato nazionale: “È difficile fare l’opposizione per uomini di scienza e coscienza quando il ministro dell’Interno crede che la lotta alla mafia si faccia con la gestione dei beni confiscati alla mafia e addirittura crede che sia una buona soluzione venderli”, ha sottolineato. Miceli è stato netto quando si è riferito alla propria gestione del partito a livello provinciale: “Posso ammettere i miei errori ma credo che li abbiamo fatti tutti in questo partito. Se la lotta a Cosa nostra – ha proseguito Miceli – è diventata un tabù, possiamo dirlo che è anche colpa dei nostri compagni di partito che hanno fatto della lotta alla mafia uno stendardo per fare carriera politica. Quei compagni di partito che con Montante hanno costruito carriere e poi di Montante non ne hanno più voluto parlare”. 

Raciti ha ricordato la necessità di “partire dal sud perché il sud è il motore della rivolta popolare che ha causato l’attuale situazione partitica. Dobbiamo tenere le porte aperte a quelli che vogliono contrastare questo assetto – ancora – perché in molti non hanno votato il Partito democratico. Questo è possibile – ha concluso Raciti – perchè siamo l’unica opposizione di questo paese”. Micari ha fatto riferimento all’esperienza della candidatura a governatore: “Nel dibattito di oggi – ha detto il rettore dell’Università di Palermo – ho trovato una ricchezza di contenuti propria del Partito democratico. Mi addolora, però, vedere chiuso il luogo dove noi un anno fa lavoravamo alle liste. Il dibattito si è impoverito nelle discussioni interne senza capire che il mondo cercava altri temi. Un anno fa parlavamo di infrastrutture e piano del sud, piano del ferro. Mi chiedo cosa c’è adesso di questo, non c’è nulla”. E la convetion per Micari, è l’occasione per tiogliersi qualche sassolino dalla scarpa: “La mia esperienza di candidatura è stata costellata di polemiche. Non va bene fare l’esame del sangue a chi è più puro”.

“All’Ars – racconta Giuseppe Lupo – è complicato fare opposizione a chi non c’è. Dovremmo mandare Musumeci a chi l’ha visto. Il Partito democratico ha presentato 63 disegni di legge. Se una giunta in un anno fa sei disegni di legge Musumeci dovrebbe rendersi conto che ha una giunta che non esiste”. Continuando a parlare della maggioranza, poi, Lupo si è chiesto: “Con tutti i problemi che ha la Sicilia è mai possibile che il gruppo di Forza Italia abbia voluto per prima cosa cancellare doppie preferenze di genere dopo che la Sicilia era stata la prima a inserirle? È un governo che oscilla fra Pontida a Lampedusa”. Infine il capogruppo dem è entrato nel dibattito che riguarda il partito facendo la rima alle polemiche degli ultimi giorni: “Il problema non è il nome del partito. La gente che incontro – ha raccontato – è delusa da noi perché la sede del partito è chiusa e i circoli non si riuniscono. Dobbiamo cambiare noi e per questo non dobbiamo guardare né al Movimento 5 stelle né ad una parte di Forza Italia”.


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