L'avvocato e la telefonata | che cambia una vita - Live Sicilia

L’avvocato e la telefonata | che cambia una vita

Ma devi farla, quella telefonata. E non puoi sottrarti.

Manovra a Tinaglia
di
2 min di lettura

Ci pensavo l’altro giorno quando anch’io sono stato catturato dal clima di attesa per la sentenza del processo a carico di Virginia Raggi. Però no, non pensavo alle conseguenze politiche, ma a come la Raggi avrebbe vissuto l’attesa della sentenza. Perché, vedete, il lasso di tempo che intercorre tra il momento in cui un Giudice si ritira in camera di consiglio e quello della lettura del dispositivo, determina uno stato di sospensione che produce ansia, e anche sofferenza.

E’ una regola che vale per tutti i processi, con la ovvia precisazione che più alta è la posta in gioco, maggiore è il groviglio di emozioni. Ogni imputato vive questa condizione a modo suo. La Raggi, per dire,da quel che ho letto, ha deciso di essere presente in aula. Altri, invece, preferiscono aspettare che sia l’avvocato a darne notizia. Aspettano la telefonata.

Ormai dovrei esserci abituato, dopo 40 anni di professione, ma è dura da fare, in caso di condanna, la telefonata. Tu puoi essere distaccato quanto vuoi, ma come avvocato senti il peso del tormento dell’imputato, dei suoi familiari.. Uno si inventa mille stratagemmi per non farla subito, anche solo aggiustandosi il nodo della cravatta. Prova a imprimere alla voce un tono che lasci comunque trasparire una soglia minima di ottimismo per i successivi gradi di giudizio. Quando questo è possibile.

Con le sentenze della Cassazione sono cavoli amari. Ad ogni modo poi la fai. In fondo è sufficiente comporre il numero che c’è in memoria, e lasciare partire uno squillo. Solo uno. E’ quello che segna il punto di non ritorno. Se te ne penti, sarà lui, l’imputato, a richiamarti. E’ una medicina amara, ma va ingoiata.

Tutt’altra cosa, naturalmente, quando tutto va bene. Non aspetti uno che sia un istante per chiamare. Una distesa, una prateria di possibili varianti, tutte con la voce squillante “Assolto”, “è andata”, “ce l’abbiamo fatta”.Capita pure di allargarsi con un “che le dicevo?”. Sì, viene una sorta di delirio di onnipotenza. Adrenalina allo stato puro, e narcisismo alle stelle. Fioccano i ringraziamenti e le congratulazioni. Ti esalti al punto che il saldo della parcella ti sembra quasi un dettaglio trascurabile, la ciliegina sulla torta. Fortuna che l’effetto dopante dura poco.

Ma non sempre va così. Ci sono quelli che non ti danno un minimo di soddisfazione, tiepidi, addirittura algidi. Considerano scontato un risultato che non lo era affatto. Sono in modalità “era ovvio che finisse cosi”. Li manderesti volentieri a quel paese. Alcuni, invece, ostentano indifferenza, come di fronte a qualcosa che non li riguarda. Sembrano, addirittura, stupirsi del tuo entusiasmo.

Ricordo una volta. “E’ stato assolto”, gli avevo detto, tutto contento. “Ah, assolto, e quindi”?​ “E quindi sta…… Poco, ve lo giuro, ci mancò poco..

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI