Pd e Forza Italia, partita doppia | Le mosse di Faraone e Micciché - Live Sicilia

Pd e Forza Italia, partita doppia | Le mosse di Faraone e Micciché

Miccichè e Faraone con Casini e Guerini alla "leopoldina" di Palermo

I renziani provano a guidare il Pd siciliano. Proprio mentre si spaccano i berlusconiani.

Potrà pure essere una coincidenza. Per chi alle coincidenze crede. Ma nel giro di 24 ore qualcosa di significativo sembra stia venendo allo scoperto nella politica siciliana. Qualcosa che non è certo inaspettato ma ha avuto nei mesi scorsi una serie di segnali premonitori. È un ideale avvicinamento. Tra quel pezzo di Partito democratico che guarda ai 5 Stelle come un avversario senza se e senza ma e che, in chiave antipopulista, vuole parlare anche ai moderati. E quel pezzo di moderati che guarda alla Lega di Salvini ormai come a un compagno di strada del passato che ha cambiato pelle tanto da diventare quasi incompatibile per un soggetto liberal-popolare e che guarda al Pd, o a un pezzo di esso, come un potenziale interlocutore liberaldemocratico in chiave antipopulista.

I due leader di questi mondi si chiamano in Sicilia Davide Faraone e Gianfranco Micciché. E dopo essersi visti e fatti fotografare insieme alla “Leopolda” palermitana organizzata dall’ex sottosegretario renziano, entrambi sembrano avere rotto gli indugi, quasi all’unisono, ognuno nel rispettivo campo.

La sfida di Faraone

Nel Pd dei separati in casa, i tentativi di soluzione unitaria portati avanti dai big non renziani del partito – magari con un accordo al ribasso sul nome di una seconda linea – si sono infranti sul niet della corrente di Faraone. Che conta tra gli altri big di peso come Luca Sammartino, recordman di preferenze che ha lanciato la candidatura dell’ex sottosegretario, e Totò Cardinale, il leader di Sicilia Futura, movimento renziano di complemento che dovrebbe fare la sua parte. Sammartino, lanciando la corsa del politico palermitano, ha parlato espressamente di apertura ai moderati. Quello che è poi da sempre la mission stessa di Sicilia Futura. E dall’alveo dei moderati provengono altri esponenti di primo piano dell’area, come Sudano, Dipasquale e Catanzaro. Lo sfondamento al centro in chiave antipopulista era d’altronde il senso politico di quel “Nuovo campo” evocato dallo stesso Faraone qualche mese fa, chiusa la stagione di Crocetta, che ha visto il leader renziano sempre assai critico, seppur al governo con assessori d’area. Apertura al centro, sguardo puntato al futuro, alleanza tra riformisti e moderati contro le derive populiste gialloverdi. Renzismo, in una parola sola. Quello che punta ad andare oltre il Pd, ormai per dichiarata ammissione dei protagonisti.

Dall’altra parte stanno quelli che il partito vogliono tenerlo saldo nel centrosinistra. Qualcuno con qualche rimpianto per la mancata alleanza con i grillini. Questi dem contrapporranno alla robusta candidatura di Faraone un proprio candidato, probabilmente la palermitana Teresa Piccione. Su cui dovrebbero saldarsi gli ex Ds e gli ex democristiani di sinistra. Quel mondo che ha rotto con Renzi a Roma e che qui in Sicilia può contare ancora su una rete di militanti e amministratori locali, come peraltro gli stessi renziani. Si andrà alla conta il 16 dicembre, al gazebo.

La mossa di Micciché

Mentre Faraone scendeva in campo per rivendicare la guida del Pd siculo, Gianfranco Micciché non si presentava a una importante kermesse catanese di centrodestra. Il commissario forzista snobbava la manifestazione organizzata dall’azzurro Basilio Catanoso, candidato in pectore alle Europee dell’ala ex An del partito. “Gli assenti hanno sempre torto e alcune scelte non le abbiamo comprese”, ha rimarcato dal palco il sindaco di Catania Salvo Pogliese, citato dall’agenzia Italpress. Che riporta anche i commenti critici dello stesso alla visita à la Boldrini di Micciché alla nave Diciotti e la risposta piccata di Francesco Scoma al sindaco (“se Salvo Pogliese vuole essere mentalmente vicino a Salvini faccia pure…”).

Alla manifestazione catanese non si presentava, per motivi personali, neanche Renato Schifani, altra voce critica nel partito contro la deriva populista. “Si sappia che io sono liberale, lo sono sempre stato e non potrò mai essere fascista”, ha commentato alla stessa agenzia Micciché – che intanto a Catania c’è stato per festeggiare il ritorno di Firrarello, Castiglione e La Via in un incontro tutto all’insegna del “popolarismo contro i populismi”, racconta La Sicilia -, rivendicando le sue scelte sul caso Diciotti e commentando che prima o poi dovevano “emergere le divisioni tra l’anima civile e quella più dura di Forza Italia”.

Insomma, i mal di pancia e i non detti dei mesi scorsi sono improvvisamente esplosi tra gli azzurri e irrompono nel dibattito apertamente. Anche se ancora a livello di schermaglia, visto che a livello romano per ora i patti locali dei berlusconiani con Salvini non sono in discussione. Intanto, però, in Sicilia qualcosa si muove. Proprio a 24 ore dall’annuncio del redde rationem nel Pd con i renziani alle armi per consegnare la segreteria al senatore palermitano che dalla primissima ora scommise sulla sfida dell’ex premier di Rignano. Potrà pure essere una coincidenza. Lo diranno i mesi a venire.


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