Non solo gli ultimi papi, ma anche recenti esponenti politici di vario orientamento (da Casini a Berlusconi e a Salvini) sostengono – più o meno convintamente – che , tra i “valori” da difendere e promuovere, rientri la “centralità” della “famiglia” fondata sul matrimonio eterosessuale e aperta alla procreazione.
Certo, ognuno è libero di proporre la gerarchia di valori etico-politici che ritiene più vera, specie se evita di smentire con la propria vita ciò che proclama nei comizi, ma non di legittimare con il vangelo le proprie opinioni. Infatti, se interroghiamo senza pregiudizi ideologici le fonti, scopriamo che – nonostante la grancassa clericale e elettorale – esse parlano pochissimo della famiglia e, quando vi accennano, lo fanno con spirito critico.
Mi limito a qualche rapida pennellata. Gesù è dodicenne e, a quell’età, durante il pellegrinaggio a Gerusalemme, potrebbe essere nella carovana dei maschi con il papà o nella carovana delle donne, con mamma. Risultato: ognuno dei due genitori pensa che sia con l’altro e solo dopo tempo si accorgono che lo hanno e perduto di vista entrambi. Lo cercano e lo trovano, nel tempio, che discute con i dottori. “Sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?»” (Luca 2, 48 – 49).
Nozze di Cana. La madre di Gesù avverte il figlio: “Non hanno più vino”. Risposta: “Che c’è in comune fra te e me, donna ?” che tradotto sarebbe: “Fatti i fatti tuoi come io mi faccio i miei!” (Giovanni 2,4). “Mentre egli parlava ancora alla folla, ecco, sua madre e i suoi fratelli stavano fuori e cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e cercano di parlarti». Ed egli, rispondendo a chi gli parlava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi, tendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Matteo 12, 46 – 50; cfr. Marco 3, 31 – 35; cfr. Luca 8, 19 – 21).
La risposta è perfino dolce se si pensa che, in una circostanza simile, il vangelo dice che “i suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: è fuori di sé” (Marco 3, 21). “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me” (Matteo 10 , 34 – 37; cfr. Luca 12, 51-53; 14, 26). “Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno” (Matteo 10 , 21; cfr. Marco 13, 12). “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Matteo, 19, 29: cfr. Marco 10, 29 – 30). Un giovane decide di entrare nel gruppo dei discepoli. “Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre”. Replica: “Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”, cioè che siano tua madre e i tuoi fratelli a seppellire tuo padre (Matteo 8, 21-22; Luca 9, 59- 62).
Se questo è il quadro complessivo (a prescindere da eventuali esegesi diverse per questo o quel versetto) , il cattolico – specie se istruito teologicamente – dovrebbe opporsi a ogni esaltazione retorica, enfatica, ossessiva, della famiglia anagrafica. La “crisi” di questa istituzione, di cui si parla a proposito e a sproposito, potrebbe essere effetto della sua indebita assolutizzazione.
Vero, infatti, che la famiglia è sociologicamente e costituzionalmente una cellula della società: ma, appunto, come ogni cellula vive bene solo se lavora in sintonia con altre cellule, in funzione del tessuto di cui fa parte e dell’intero organismo. Una famiglia avulsa da una visione – e da una politica – di contesto è solo il tentativo di garantire l’individualismo proprietario della tradizione borghese: e, in quanto tale, merita di scomparire.
Sono convinto che a un cristiano consapevole – come a un laico libero dalle angustie dell’egoismo tribale – la famiglia può interessare solo come volano, pista di decollo, della passione per la città e, ancor più ampiamente, per l’unica grande famiglia umana. Associazioni, partiti, movimenti che sbandierano il tema della famiglia per legittimare le loro posizioni contro la giustizia sociale, i diritti civili, il disarmo, la gestione umanitaria dei flussi migratori, il governo delle risorse ambientali sono o degli ingenui che segano il ramo su cui sono appollaiati o degli sciacalli ideologici che puntano sulla buona fede, e sull’ignoranza, delle fasce più tradizionaliste dei rispettivi Paesi.
Se si fa un ragionamento citando delle fonti, si dovrebbe avere l’accortezza di scegliere fonti che abbiano pertinenza con l’argomento trattato.
Ora, qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c’entra con la famiglia del terzo millennio qualche citazione presa un po’ a caso da testi scritti 2000 anni fa.
Sì è vero qui lo si fa per criticare chi pretende di ricavare proprio da questi testi argomenti a sostegno di una concezione arcaica della famiglia e per opporsi agli inevitabili cambiamenti della società.
Ma quello che è necessario è un cambio di passo, un modo nuovo di ragionare, laico. Se a citazione del vangelo rispondiamo con citazione del vangelo sempre al punto di partenza restiamo. Se pretendiamo che sia Gesù a benedire la modernità possiamo aspettare altri tremila anni.
Nel terzo millennio occorre uno sforzo di ragionamento in più
…né tantomeno, quindi, “istruito teologicamente”, e nemmeno un “laico” (non essendo credente) per essendo ragionevolmente “libero dalle angustie dell’egoismo tribale” (ed anche da tante altre cose, per fortuna); ma in tutta sincerità non credo che sia “l’egoismo tribale” la molla che spinge a vedere nella famiglia un valore da difendere.
L’impressione è che il fatto di vedere un valore nella famiglia prescinda dall’essere cattolici “istruiti teologicamente”; quanti cattolici praticanti possono dirsi tali?
Nelle esternazioni di fede di molti ferventi cattolici che ho conosciuto e che conosco non ho visto alcuna “istruzione teologica”, né tantomeno l’ho riscontrata tentando di approfondire con loro certi argomenti. Sebbene la mancata conoscenza di certi argomenti possa essere scambiata per superficialità, non mi sento, nel caso specifico, di considerarla tale. Una religione che chiede innanzitutto FEDE (e cioè fiducia acritica in ciò che viene proposto), non necessita particolarmente di istruzione più di quanto non necessiti di ragionamento. Per esercitare la fede è sufficiente acquisire le informazioni ed i modelli che vengono proposti, senza approfondimenti, purchè convincimenti e comportamenti siano coerenti con essi.
E le informazioni che la Chiesa ha sempre proposto al riguardo puntano verso una famiglia eterosessuale: dal “crescete e moltiplicatevi” della Genesi (cosa impossibile, secondo la biologia terrestre, se non con l’accoppiamento tra due individui di sesso diverso), all’iconica “Sacra Famiglia” alla quale sono stati dedicati edifici ecclesiastici nonché diverse congregazioni, passando per la “Lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” redatta da Ratzinger ed approvata da Karol Wojtyła.
Dal punto di vista del credente/cattolico/praticante quindi la posizione di difesa della “famiglia eterosessuale” come un valore sarebbe esattamente quello che ci si aspetta; perché mai il “crisitano medio” dovrebbe interpretare il passo “Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno”, come la negazione del valore della famiglia eterosessuale? Anzi, volendo essere espliciti, perché mai dovrebbe interpretarla come la legittimazione della famiglia omosessuale?
Dal mio punto di vista di non credente, ma che vede comunque un progetto dietro l’Universo osservabile, e delle finalità perseguite dalla Natura nell’ambito di tale progetto (senza voler entrare nel significato più profondo che i concetto di “progetto” e “finalità” possano signficare per me), l’unione tra due sessi diversi appare finalizzata e coerente con il significato del progetto, e la “famiglia eterosessuale” rappresenta la trasposizione “umana” di tali concetti in pratica, laddove altri esseri viventi li pongono in pratica con modalità diverse, consone al livello filogenetico che occupano.
E tutto ciò senza voler minimamente limitare alcun diritto di alcun individuo; dove il mutuo rispetto di OGNI esigenza deve far cessare qualunque iniziativa nel momento in cui essa oltrepassi il limite che violi il diritto degli altri individui.
Per motivi diversi (in parte pratici, in parte di altra natura), da decenni, ormai, le mie necessità nutrizionali vengono soddisfatte una sola volta al giorno, alla sera. Per cui non partecipo ai “pranzi” familiari in occasioni di festività o altre ricorrenze, spesso tenuti presso ristoranti pubblici. Invariabilmente prima, con qualche eccezione adesso (conseguente all’età anagrafica), quando i miei familiari si riuniscono per pranzare, indosso una tenuta sportiva e corro. I miei familiari non hanno mai compreso appieno il mio punto di vista; ma l’hanno rispettato. Devo dire che neanche io ho mai compreso appieno il loro: perchè rimpinzarsi di cibo superfluo quando lo stesso tempo può essere impiegato per correre liberi all’aria aperta? E’ accaduto che in occasione di ricorenze personali (compleanni, etc.) io li abbia raggiunti al ristorante, sedendomi alla stessa tavola ma senza mangiare. Ma non è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello, né a me né a loro, che io potessi sedermi a tavola in un ristorante elegante grondante di sudore ed indossando una canottiera. Ho sempre fatto una doccia, indossato un abito consono, e così mi sono presentato.
Una cosa è vedere leso un proprio diritto; un’altra richiedere che il proprio punto di vista sia considerato prevalente su quello altrui, fino al punto di scimmiottare un’istituzione umana che discende da una condizione naturale, e pretendere che tutti facciano finta di considerarla la stessa cosa.
Qui, “giustizia sociale, i diritti civili, il disarmo, la gestione umanitaria dei flussi migratori, il governo delle risorse ambientali” c’entrano come i cavoli a merenda.
Che qualcuno stia strumentalizzando il tema della famiglia per legittimare le proprie posizioni su altre faccende che nulla hanno a che vedere con esso lo vedo anch’io; però, leggendo certe affermazioni, non so più bene chi è che lo stia realmente facendo…
…però poi, riflettendoci bene, si capisce che tutto è riassunto in una parolina chiave “Certo, ognuno è libero di proporre la gerarchia di valori etico-politici…”: la parolina chiave è quel “politici”…
Togliendo quella parolina (“valori etici”), tutto diviene oscuro ed ambiguo; ma quella parolina è la luce che illumina le tenebre.
Mi dispiace non conoscere il Suo nome e non vorrei rassegnarmi a indicarla – come appare nella ‘firma’ del Suo commento – il Signor “Non sono credente”. Infatti vorrei complimentarmi con Lei per la serenità e l’ampiezza argomentativa delle Sue obiezioni al mio pezzo. Se vuole, possiamo incontrarci de visu e conversare un po’ più estesamente: sono sicuro che i punti di convergenza risulterebbero molto maggiori dei punti di disaccordo. Qui, nella laconica brevità che impongono gli spazi telematici, posso solo dirle che le Sue considerazioni valgono. – come ammettevo francamente nel mio articolo – per la fede “cattolica”; ma mi premeva dimostrare che, su questo punto (come per la verità in tanti altri), la fede cattolica non poggia sui dati biblici (almeno neotestamentari). Tutto qui. Insomma, Gesù direbbe: “Not in my name!” Ciò posto, ogni organizzazione sociale può darsi le regole che vuole: ci mancherebbe altro che non lo potesse, come tutte le altre, la Chiesa cattolica. Cordialmente. A.C. a.cavadi@libero.it
Non è retorica ma realtà della natura. Lo dico da persona che non segue le direttive della chiesa cattolica.