Caos Partecipate, Caruso se ne va | “Mi dimetto da Sas e Forza Italia” - Live Sicilia

Caos Partecipate, Caruso se ne va | “Mi dimetto da Sas e Forza Italia”

Dopo le accuse di Micciché il presidente dell'azienda lascia. Ora in bilico i 134 lavoratori

PALERMO – “Non potevo fare quello che mi è stato chiesto dall’assessore all’Economia, una richiesta che andava nella direzione opposta rispetto a quanto deciso dall’assemblea dei soci. Così, ho deciso di dimettermi”. È di nuovo caos nel mondo delle partecipate regionali. Marcello Caruso, presidente della Sas, una delle più grosse aziende regionali, ha deciso di sbattere la porta e andare via. E non solo dalla società: “Lascio anche Forza Italia, le parole del coordinatore Micciché mi hanno fatto trasecolare, anche perché a pronunciarle è un uomo che oggi ricopre una carica istituzionale”.

Il riferimento è alle dichiarazioni del presidente dell’Ars durante il programma televisivo “Casa Minutella”. Parole durissime, con tanto di “invito ad andarsene”. “In realtà – spiega Caruso – io mi ero dimesso formalmente dall’azienda già poche ore prima e in via informale avevo comunicato la mia decisione in mattinata. Non so se Micciché ne era a conoscenza. Una cosa è certa – aggiunge Caruso – la scelta di fare un passo indietro, ritenendo di essere nel giusto e rinunciando lo stesso ai benefit legati a quella posizione, è un buon esempio di politica. Se qualcuno avesse fatto lo stesso in passato ci saremmo risparmiati molti problemi”.

<p>Marcello Caruso</p>

Il “caso” che ha fatto esplodere l’ultimo problema nel sottogoverno di Musumeci è quello legato alle assunzioni di 134 persone presenti oggi nell’albo dei lavoratori provenienti da società liquidate o fallite. “L’ultima assemblea dei soci – racconta Caruso – ha deciso che a fronte di progetti della durata di due anni, non potessimo fare altro che assumere quelle persone a tempo determinato. I soci di minoranza avevano espresso questo parere e il socio Regione non ha dato una indicazione diversa in quell’occasione. Così, io da amministratore altro non potevo fare se non seguire le indicazioni date dai soci, come previsto dal mio ruolo. Adesso – prosegue – se la Regione vuole operare diversamente, può farlo individuando un nuovo amministratore che possa decidere di assumere quella gente a tempo indeterminato”.

Quell’amministratore non sarà Caruso. “Vado via – spiega – anche per l’enorme rispetto che ho per quei lavoratori. Già oggi erano pronti gli avvisi per avviare le selezioni e dare il via ai contratti a tempo determinato. Poi, è arrivata un’altra presa di posizione dell’assessore all’Economia. Ma io non sono il proprietario di Sas, ero l’amministratore e dovevo agire seguendo esclusivamente quanto deciso dall’assemblea dei soci. Che ha deciso una cosa diversa da quanto richiesto dall’assessore”.

Caruso, insomma, è certo di “avere agito salvaguardando l’interesse pubblico, prima ancora di quello personale. Ma inizio a pensare – dice – che in questa società sia impossibile provare a fare l’interesse pubblico. Se io avessi fatto quello che ha auspicato Micciché però mi sarei assunto la responsabilità di caricare sull’azienda il peso di 134 stipendi che domani magari non si sarebbe nemmeno riusciti a pagare. Il mio passo indietro, insomma, – prosegue – è proprio un atto di rispetto nei confronti di quei lavoratori. C’è ancora tempo, per la Regione, per individuare un nuovo amministratore”.

Ma al di là delle questioni “formali”, c’è qualcosa che ha stupito, negativamente, Caruso. “Prendo le distanze – dice infatti – dai modi e dagli argomenti di Gianfranco Micciché, che mi hanno sorpreso considerato il fatto che a parlare è un uomo che rappresenta una istituzione. Del resto, essendo Micciché anche il coordinatore regionale di Forza Italia, partito nel quale io fino a oggi ho ricoperto il ruolo di coordinatore provinciale, non posso fare altro che dimettermi anche dal partito. Io ho la coscienza a posto: ho tutelato l’interesse pubblico. Fossero tutti incapaci come me…”. E adesso aumentano i dubbi sul futuro dei 134 lavoratori al centro del “caso Sas”.


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