Il boss Di Giovanni e l'omicidio| "Su Fragalà ho saputo che..." - Live Sicilia

Il boss Di Giovanni e l’omicidio| “Su Fragalà ho saputo che…”

L'avvocato Enzo Fragalà

Dal provvedimento di fermo sulla nuova Cupola di Cosa nostra emergono particolari finora inediti.

PALERMO – Danilo Gravagna, uomo del pizzo, picchiatore al soldo dei boss di Porta Nuova, conosceva un particolare sull’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà. Un particolare finora inedito che riguarda Gregorio Di Giovanni, capomafia di Porta Nuova arrestato alcuni giorni fa perché avrebbe fatto parte della nuova Cupola di Cosa nostra.

“… il mandante di tutto è stato Di Giovanni”, aveva detto un altro pentito, Francesco Chiarello, che con le sue dichiarazioni fece riaprire il caso Fragalà sfociato in un processo ancora in corso. Tra gli imputati non c’è Gregorio Di Giovanni, Le sole parole di Chiarello non sono bastate per incriminarlo.

Ora si scopre che nel 2015 Gravagna ha riferito ai carabinieri del Nucleo investigativo la confidenza ricevuta da un cugino dei fratelli Tommaso e Gregorio Di Giovanni. Gravagna finora non è stato citato in aula dai pubblici ministeri. E neppire sono stati acquisiti i suoi verbali. Potrebbe essere stata una strategia processuale dei pubblici ministeri.

Alla domanda se sapesse qualcosa sull’omicidio Fragalà allora Gravagna rispose: “…. non so niente perché in quel periodo neanche ero affiliato alla famiglia. Però, mi ricordo che in una circostanza che ero di mattina presto all’agenzia con Giuseppe La Torre, parlavamo… parlavamo di questo… di questo discorso di Fragalà”. Era il 2011, un anno dopo l’omicidio. Scesero nei particolari: “Siccome l’omicidio è avvenuto proprio di fronte l’agenzia, io gli ho fatto una domanda…”. L’agenzia di chi? “Di La Torre Giuseppe in via Nicolò Turrisi… siccome loro chiudevano tardi, la notte, sia con l’agenzia, sia con l’ingrosso di detersivi… e lui mi ha detto, dice: ‘No, quel giorno – dice – ho chiuso prima’”.

“Come ha chiuso prima?”, lo stesso Gravagna era sorpreso. Ed ecco la risposta: “Sì… dice… me l’ha detto sottovoce… dice che suo cugino Gregorio Di Giovanni detto ‘reuccio’ gli ha fatto sapere che quella sera doveva chiudere prima… di chiudere prima”.

Il parente, stando al racconto di Di Giovanni, non si limitò a quella confidenza: “E poi, mi ha pure detto che… mi ha fatto capire, non me l’ha detto esplicitamente… che non dovevano ucciderlo questo avvocato. Non era un… diciamo, una spedizione per ucciderlo, ma solo per punirlo… lo dovevano punire, ecco. E se… forse – io deduco da quello che mi ha detto lui – che… questo avvocato, forse s’intrometteva in discorsi che non gli… che non gli appartenevano”.

Una confidenza che potrebbe incidere nel processo o un millanteria da parte di un parente che, sempre secondo Gravagna, era orgoglioso del cugino Gregorio, “un uomo tutto di un pezzo”?


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