"O porta i soldi o lo ammazzo" | Il fantino che disse no ai boss - Live Sicilia

“O porta i soldi o lo ammazzo” | Il fantino che disse no ai boss

Un frame delle intercettazioni

Non solo corse a Palermo, ma anche a Taranto e Follonica.

PALERMO – Corse truccate, accordi rispettati e altri saltati quando i cavalli erano ormai in dirittura di arrivo. I boss di Resuttana e San Lorenzo hanno pesantemente condizionato l’attività all’Ippodromo di Palermo. Ci hanno provato, a volte con successo, anche in altre strutture sportive.

Nel dicembre 2016 Domenico Zanca avrebbe truccato una corsa a Taranto. “Mimmo” era partito con “la macchina piena di cassate”. Un regalo per farsi ben volere in trasferta dove già aveva preso accordi con qualcuno. Ne discutevano in macchina Sergio Napolitano, Massimiliano Gibbisi e una terza persona non identificata. Nella corsa dell’indomani avrebbero “consumato mezza Italia”.

Zanca aveva iscritto i cavalli “Grif e Ciak”. Era stato opportuno spostarsi lontano da Palermo dove, in vista del Gran Premio del Mediterraneo, sarebbero stati attivati controlli sui flussi delle scommesse: “… non lo bloccano perché è Taranto…”.  E così Napolitano puntò “600 euro”. Ed in effetti uno due cavalli vinse.

Andò peggio all’ippodromo di Follonica, in provincia di Grosseto, il 28 aprile 2017. I mafiosi non avevano fatto i conti con il fantino palermitano Vito Cusimano. Napolitano: “… sono nel camion e non mi posso muovere… prendi carta penna… prendi un pezzo di carta e ce l’ho già in mano… quarta e quinta di Follonica… 3000 mila euro…”. Il cavallo su cui avevano puntato i boss puntato era guidato a Antonio Velotti, solo che fu superato al palo da quello guidato da Cusimano. Il fantino non si piegò alle pressioni dei boss.

Napolitano spiegava a Gibbisi che Giovanni Ferrante era una furia: “…. digli che lo lascia a terra”.  Ferrante era davvero pronto a tutto: “… lo hai visto cosa mi ha combinato Cusimano. L’unico che non si è voluto mettere a disposizione. L’unico che non si è voluto calare è lui… ora gli dici che si prende le valigie e porta i soldi perché lo ammazzo… perché mi facci arrestare”.

Il controllo delle corse, tentato e riuscito, si è spostato saltuariamente lontano dalla Sicilia. L’ippodromo di Palermo restava, però, il luogo principale degli affari illeciti. Nel 2017 quando venne fuori la notizia delle indagini dei carabinieri, Giovanni Cascio, presidente di Ires, la società che gestiva l’ippodromo fino all’esclusione voluta dal prefetto, si presentò spontaneamente in caserma.

Fu lui a sollevare sospetti sulla gestione delle corse. Nel febbraio 2016, ad esempio, si era disputata una gara tra gentlemen, “palesemente alterata. In particolari risultava estremamente evidente che alcuni guidatori trattenevano i cavalli e non guidavano il cavallo per vincere. In questo caso, quindi, è nato un procedimento amministrativo nei confronti dei guidatori, all’esito del quale sono stati appiedati, ovvero squalificati per un periodo di tempo consistente, la maggior parte dei partecipanti alla gara. La corsa, però, non è stata né sospesa ne annullata ed è stata valida ai fini del gioco”. Ed era questa l’unica cosa che interessava ai boss.

 

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