Soldi, tagli, rinunce e nuove leggi | Ecco l'intesa Stato-Regione - Live Sicilia

Soldi, tagli, rinunce e nuove leggi | Ecco l’intesa Stato-Regione

Musumeci e Armao con il ministro Tria

Più liquidità per la Regione e meno tagli alle risorse per le ex Province siciliane. Il risultato delle trattative romane di Musumeci e Armao.

PALERMO – Dopo mesi di trattative e incontri e tavoli tecnici, Musumeci e Armao portano a casa una nuova intesa tra Stato e Regione. L’accordo siglato oggi fra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il governatore siciliano contiene diversi punti di vantaggio per la Sicilia, pur se a fronte di qualche rinuncia. Resterà in vigore fino al 2020 quando, a giugno, il tavolo fra i rappresentanti di Roma e Palermo tornerà a riunirsi per ritrattarne i contenuti. Nel frattempo, ecco le scadenze imminenti fissate del documento: entro il 31 gennaio saranno decise le modalità per attribuire alla Sicilia l’Iva che è stata applicata nel territorio; entro il 30 settembre 2019, saranno approvati gli accordi attuativi della parte finanziaria dello Statuto siciliano. In alcuni punti, infatti, l’intesa fissa date e scadenze per ogni azione concordata, in altri punti rinvia al momento in cui saranno trovate le risorse. Ma ecco cosa contiene il contratto Stato-Regione.

Più liquidità per la Regione Siciliana

Il contributo alla finanza pubblica, ovvero i soldi che la Regione versa allo Stato ogni anno, si riduce di 300 milioni già a partire dal 2019: da 1,3 miliardi a un miliardo. Nel giro dei due anni per cui l’accordo varrà, il 2019 e il 2020, la Regione tratterrà quindi nel proprio bilancio 600 milioni di euro. Ma in tempi di instabilità finanziaria il contributo che la Regione versa alle casse erariali per risanare i conti pubblici potrebbe tornare a salire. Infatti, l’accordo consente allo Stato di aumentare il prelievo del 10% e quindi di 100 milioni “per far fronte ad eventuali eccezionali esigenze di finanza pubblica”. Ogni innalzamento del contributo deve essere concordato con Palazzo d’Orleans ma si potrebbe registrare un ulteriore 10% di aumento del contributo “nel caso in cui siano necessarie manovre straordinario volte ad assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio di bilancio”.

Con l’accordo sul contributo della Regione Siciliana alla finanza pubblica il governo guidato da Nello Musumeci si impegna a ritirare l’impugnativa sul bilancio dello Stato attualmente pendente di fronte alla Corte Costituzionale. Inoltre la Regione rinuncerà agli effetti positivi che potrebbero nascere da un eventuale accoglimento dei ricorsi di altre regioni sul bilancio statale per il 2018.

Risorse in più arriveranno grazie ad altri due punti dell’intesa. È previsto infatti che vadano alla Regione tutte le entrate connesse all’imposta di bollo. Entro il 31 gennaio 2019, inoltre, Stato e Regione concorderanno le modalità affinché sia attribuita alle casse siciliane anche l’Iva per le operazioni imponibili avvenute nell’Isola.

L’accordo sulle ex Province

La Regione ottiene anche il sostanziale superamento degli accordi presi dal governo Crocetta in tema di ex Province. “Il governo (nazionale, n.d.r.) – così si legge nel testo dell’accordo – si impegna a trovare adeguate soluzioni per il sostegno ai Liberi consorzi e Città metropolitane della Regione Siciliana, al fine di garantire parità di trattamento rispetto alle Province e Città metropolitane del restante territorio nazionale e di favorire l’equilibrio dei relativi bilanci”. Nel precedente accordo fra Stato e Regione, il governo regionale aveva ricevuto la competenza finanziaria sulle ex Province. Con l’evoluzione delle politiche statali sugli enti locali provinciali però si è registrato il danno. Infatti lo Stato è tornato a erogare agli enti il proprio contributo per tamponare gli effetti del prelievo forzoso. Alle ex province siciliane però il contributo non è più toccato a causa dell’accordo. Alla luce di questo nuovo contratto la situazione dovrebbe riportare a normalità la vita degli enti di secondo livello.

Ma le buone notizie per i Liberi consorzi e Città metropolitane siciliani non sono finite qui. Nel contratto, lo Stato ha riconosciuto un piano di investimenti di 540 milioni per la manutenzione delle strade e delle scuole. Le risorse saranno trasferite dal 2019 al 2025. Nei primi due anni arriveranno 20 milioni all’anno. Mentre il mezzo miliardo di risorse rimanenti sarà versato nei cinque anni successivi, con 100 milioni all’anno.

Riconoscimento dell’insularità

Lo Stato riconoscerà le condizioni di svantaggio connesse all’insulatirà. In questo caso, come per la previsione dell’attuazione dello Statuto e delle misure per le ex Province, non viene detto a quanto ammonta la spesa che lo Stato dovrà affrontare e si rinvia a un momento successivo con la formula “previa individuazione della copertura finanziaria ove necessaria”. Certo è però che con il riconoscimento della condizione di insularità si consentirà alla Sicilia di istituire forme di fiscalità di vantaggio per cittadini ed imprese: quello che in parte è sintetizzato nell’espressione “modello Portogallo”, che il governo regionale ha inserito anche nel testo della Finanziaria 2019 approvata in giunta e che nei prossimi giorni arriverà all’Ars.

Il piano di rientro dal disavanzo

Alla Sicilia poi è esplicitamente consentita l’operazione di rientro ventennale dal disavanzo di circa 2 miliardi così come emerso nel giudizio di parifica dello scorso luglio. La Corte dei Conti aveva chiesto al governo un piano di rientro in tre anni, dal valore di più di 600 milioni annui. Così si è arrivati all’impugnativa del giudizio di parifica da parte del governo regionale che invece puntava a un ammortamento di circa 60 milioni. Adesso il governo nazionale riconoscerà alla Sicilia la possibilità di utilizzare la norma che prevedeva il ripiano ventennale a patto che la Regione incrementi ogni anno del 2% la spesa per misure di investimento. Ma c’è di più: la Finanziaria nazionale potrebbe prevedere un ulteriore ripiano, stavolta trentennale, del disavanzo nato dalla pulizia dei bilanci regionali di eventuali crediti o debiti legati alla programmazione statale ed europea 2007/2013 o di crediti tributari contabilizzati come “accertati e riscossi” prima del 2002. Insomma, viene consentito di spalmare su 30 anni uno squilibrio che si sarebbe creato a causato dell’eliminazione di queste risorse che però facevano massa nei bilanci.


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