Spettatrice "passiva" di un omicidio| Ecco perché Velardo è stata assolta - Live Sicilia

Spettatrice “passiva” di un omicidio| Ecco perché Velardo è stata assolta

Adele Velardo e Carlo Gregoli

Depositate le motivazioni del processo sul duplice omicidio Bontà-Vela.

PALERMO – C’è un solo un responsabile per il duplice omicidio Vincenzo Bontà e Giuseppe Vela, avvenuto nel marzo 2016 in via Falsomiele a Palermo. È stato Carlo Gregoli a fare fuoco, mentre le prove della colpevolezza della moglie, Adele Velardo, sono insufficienti.

Ecco perché la donna, lo scorso ottobre, è stata assolta dalla Corte d’assise. Dopo il suicidio del marito Velardo era rimasta l’unica imputata. Nelle 122 pagine in cui il collegio presieduto da Alfredo Montalto motiva la decisione viene ripercorso l’iter processuale nel corso del quale la colpevolezza dell’imputata non è emersa al di là di ogni ragionevole dubbio.

La perizia balistica e il racconto di un testimone hanno fatto emergere che è stato solo Gregoli a sparare. Per il delitto è stata utilizzata soltanto una pistola. Velardo ha assistito al delitto assumendo un “mero comportamento passivo”.

Alla donna veniva contestato il concorso materiale e morale nel delitto.  Materiale perché era lei a custodire la chiave della camera blindata dove i coniugi conservavano le armi. Una scelta presa alla luce dei problemi depressivi del marito. Dunque la donna, secondo l’accusa, avrebbe potuto evitare che Gregoli si armasse. Nel periodo del delitto, però, c’era stato miglioramento delle condizioni di salute dell’uomo.

Sul contributo morale, invece, non basta sostenere che la donna nulla abbia fatto per fermare il marito. Diverse sarebbero state le conclusioni qualora fosse stata provata la premeditazione. Al contrario i giudici parlano di “insorgenza estemporanea del proposito omicidiario” anche perché non è stato scoperto il movente.

L’inversione di marcia dei coniugi a bordo del Suv per seguire la macchina delle vittime e il fatto che Bontà si trovasse occasionalmente sul posto dimostrerebbero che non si trattò di un omicidio pianificato, altrimenti anche la donna sarebbe uscita da casa armata. E neppure il silenzio della moglie – non è da escludere che sia stata una precisa strategia concordata con il marito – può giustificare una condanna al di là di ogni ragionevole dubbio dell’imputata assistita dagli avvocati Marco Clementi e Paolo Grillo. Per i parenti delle vittime, parti civili con l’assistenza degli avvocati Giovanni La Bua ed Ennio Tinagli, resta l’amarezza di un delitto con un responsabile, Gregoli, ma nessuno colpevole.


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