"Il padre condannato è morto" | Stop all'interdittiva antimafia - Live Sicilia

“Il padre condannato è morto” | Stop all’interdittiva antimafia

Contro l'imprenditrice la posizione dell'ex marito e di un fratello poi assolto.

IL TAR ACCOGLIE IL RICORSO
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PALERMO – Il Tar dà ragione a un’imprenditrice siciliana colpita da un’interdittiva antimafia, giudicando infondate le motivazioni che avevano portato la Prefettura di Agrigento a emetterla. Alla base della decisione della Prefettura c’erano infatti le potenziali influenze mafiose del padre, del marito e del fratello della donna, nonostante il primo fosse defunto, il secondo separato da lei da più di dieci anni e il terzo assolto da reati mafiosi.

La storia inizia nel 2016, quando la donna scrive alla Prefettura di Agrigento richiedendo l’inserimento della propria ditta nella cosiddetta “white list”, un elenco delle imprese “pulite” e quindi idonee a lavorare con la pubblica amministrazione; dapprima la Prefettura tace per circa un anno, poi, alla seconda richiesta della donna, le invia una nota dal contenuto interlocutorio. L’imprenditrice allora decide di ricorrere una prima volta al Tar, col patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Calogero Marino, contro l’illegittimità del silenzio della Prefettura sull’istanza presentata; in quell’occasione il Tar accoglie il ricorso, ordinando alla Prefettura di provvedere sull’istanza, e condanna l’amministrazione al pagamento delle spese giudiziali.

Ma la Prefettura risponde negando l’iscrizione alla white list, ed emettendo un’interdittiva antimafia basata su alcuni presupposti: il padre, il marito e il fratello della donna avrebbero potuto compromettere la sua integrità e di conseguenza “macchiare” anche l’operato dell’azienda. Secondo la Prefettura, decisivi sarebbero stati i precedenti dei tre uomini, condannati per associazione mafiosa. Di fatto, però, il padre della donna è deceduto nel 2015, il marito risulta separato legalmente da lei dal 2008, e il fratello è stato invece assolto in secondo grado dopo una condanna per associazione mafiosa.

Prove alla mano, l’imprenditrice ha proposto un nuovo ricorso al Tar Sicilia per la sospensione e l’annullamento dell’informativa interdittiva. Rubino e Marino hanno contestato l’eccesso di potere esercitato dalla Prefettura di Agrigento e la “carenza di motivazione” alla base della mancata iscrizione della ditta. La Prefettura si è costituita in giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, ma la prima sezione di Palermo del Tar Sicilia ha ritenuto valida la posizione degli avvocati della donna. Richiesta cautelare accolta, dunque, e interdittiva sospesa: la ditta dell’imprenditrice potrà essere iscritta alla white list.


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