Manovra verso la prova dell'Aula| Tutte le insidie per il governo - Live Sicilia

Manovra verso la prova dell’Aula| Tutte le insidie per il governo

Ribelli, tensioni per il rimpasto, incomprensioni sulle Europee: le mine vaganti per il bilancio

Una finanziaria snella più il bilancio più un collegato (gli altri tre possono attendere). Su questi ddl, una volta che saranno esitati dalla seconda commissione, dovrà mettere mani l’aula di Sala d’Ercole, con l’obiettivo di approvare il tutto entro il 31 gennaio per evitare di allungare l’esercizio provvisorio. I numeri su cui può contare il governo com’è noto sono risicati, tanto che il governatore Nello Musumeci ricorda sempre che una maggioranza di governo all’Ars non c’è. Guardando ai singoli gruppi, non è difficile intuire dove si possono celare le maggiori insidie.

Le spine di Forza Italia

La situazione più complicata sembra quella di Forza Italia, che è il gruppo più numeroso della maggioranza. Qui, praticamente dall’alba della legislatura, si registrano strappi e tensioni che più volte al momento del voto si sono tradotti in dolori per il governo. Tra i deputati più ribelli c’è sicuramente Rossana Cannata. La deputata del Siracusano ha manifestato più volte segnali di insofferenza. Di recente qualcuno ha notato l’incontro al Comune di Avola tra il plenipotenziario di Salvini Stefano Candiani e il fratello della Cannata, sindaco del centro in provincia di Siracusa. Abbastanza consumati sono anche i rapporti tra i vertici del partito e Riccardo Gallo Afflitto. Forza Italia agrigentina si è sentita poco rappresentata dopo la vittoria alle Regionali ed è solo di pochi giorni fa una violentissima nota di Piero Macedonio, vicino a Gallo, che dimettendosi da presidente del partito ad Agrigento ha attaccato duramente Micciché. Che ha fatto spallucce, tirandosi addosso una controreplica ancora più dura (“prepotente da quartiere che non ha superato l’adolescenza”, uno dei passaggi rivolti al presidente dell’Ars). Abbastanza problematico è stato in passato anche il rapporto con Tommaso Calderone che però da qualche tempo pare sceso a più miti consigli. Chi invece è dato come abbastanza irrequieto dai rumours di Palazzo è il giovane Luigi Genovese. Circola con insistenza il gossip su una possibile scissione del gruppo. La forza d’attrazione della Lega, nuova stella polare del centrodestra si farebbe sentire. E non mancherebbero, giurano i bene informati, i big che da destra lavorano al progetto tra cene e conciliaboli.

Le baruffe e i grillini

Faceva parte del gruppetto di ribelli ma è ormai passata al gruppo misto Marianna Caronia, autentica mina vagante nella maggioranza. Ci sono poi gli altri forzisti lealisti verso Miccichè, in prima linea il capogruppo Giuseppe Milazzo e il presidente della commissione Bilancio Riccardo Savona. Che con il presidente dell’Ars conserva vicinanza e interlocuzioni stabili. Pare che nei giorni caldi della manovra in commissione, Savona abbia assunto una posizione molto decisa nei confronti del governo, stimolandolo a presentare senza ulteriori meline il collegato. Forse solo per una coincidenza proprio in quelle ore Nello Musumeci in un’intervista proponeva un contratto di collaborazione ai grillini, che lo rispedivano al mittente accusando Musumeci di voler lanciare solo un messaggio alla sua compagine (del tipo, i ribelli possono essere disinnescati): “Più che un messaggio a noi è un chiaro segnale di fumo ai suoi alleati e ai collaborazionisti del Pd”, hanno scritto i grillini. Ma l’urgenza per il governo regionale di trovare una migliore interlocuzione con quello nazionale è avvertita.

Movimenti al centro

Votano allineati e coperti di norma i deputati dell’Udc, con l’eccezione di Vincenzo Figuccia che spesso e volentieri interpreta la parte della mina vagante. Non ha aderito al gruppo Udc Danilo Lo Giudice, subentrato a Cateno De Luca, che presiede il misto ma si muove dentro nella maggioranza. I centristi di Cesa hanno una salda alleanza con Micciché e apprezzano e rispettano Mucumeci. In un quadro nazionale, però, sono entrati in rotta di collisione con gli alleati sovranisti, Fratelli d’Italia e Lega, che li hanno fatti fuori dalla coalizione in Abruzzo, dove si voterà tra qualche giorno. Quanto ai Popolari e Autonomisti procedono di norma anch’essi abbastanza ordinati, con i secondi ormai entrati nella sfera di Musumeci, sempre più lontani da Forza Italia e alleati con Fratelli d’Italia in chiave Europee.

Le Europee e il derby sovranista

Nel misto c’è anche l’unico leghista dell’Ars, Toni Rizzotto, che ha ribadito nei giorni scorsi il suo sostegno alla coalizione di governo. Che si completa con i sei di Diventerà Bellissima guidati da Alessandro Aricò e il trio di Fratelli d’Italia, truppe fedelissime a Musumeci. Ma attenzione. Perché le incertezze di Diventerà Bellissima sulle Europee agitano comunque la destra-destra. Fratelli d’Italia ha a lungo corteggiato il movimento musumeciano. Dove però c’è chi guarda piuttosto a un patto col Carroccio, simile a quello realizzato nell’altra isola dal Partito sardo d’azione. Sarebbe una chiave per entrare nelle grazie del governo nazionale e disinnescare certe tensioni e incomprensioni. Ma quel tipo di soluzione certo no sarebbe molto gradito dal partito di Meloni.

Gli aiuti “esterni”

E quindi tredici forzisti, sei Popolari-Autonomisti, sei musumeciani, cinque Udc, tre Fratelli d’Italia, un leghista: in totale fanno 35, un voto in meno della maggioranza. E con tutti i distinguo sopra citati. E con in aggiunta, a mettere il carico da undici, le tensioni in vista dell’imminente rimpasto, con richieste pesanti recapitate a Musumeci dagli alleati.

A dare man forte fin qui ci hanno pensato da un pezzo i due deputati di Sicilia Futura, eletti nel centrosinistra ma quasi organici al centrodestra al momento del voto in Aula, cioè Nicola D’Agostino ed Edi Tamajo. A Musumeci la parola ribaltone non piace ma quello dei Cardinale boys (o ex Cardinale boys?) assomiglia per lo meno a un “ribaltino”. I due “futuristi” possono concedere alla coalizione di governo un aiuto utile a uscire indenni dai voti più complicati, ma basta un mal di pancia, vero o politico, per far saltare tutto. E allora potrebbe servire una mano dalle opposizioni. Che fin qui non l’hanno data molto spesso. I tentativi di avvicinamento tra Musumeci ei 5 Stelle fin qui non hanno sortito grossi effetti. Il Pd ha fatto un’opposizione abbastanza intransigente. Chissà che tra i renziani, che hanno a cuore l’allargamento al centro, non si possa pescare qualche aiutino ma non è affatto detto. I dem e Claudio Fava, però, hanno già dimostrato in occasione del parere sulle nomine dei manager in prima commissione (si sono astenuti, i grillini hanno votato contro) di interpretare l’opposizione con spirito istituzionale. E su questo può sperare il governo per uscire indenne dalle votazioni più insidiose.


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