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Dal bilancio ai migranti | Conte, i conti non tornano

La manovra finanziaria non dà risposte agli italiani. E si continua a morire in mare.

SEMAFORO RUSSO
di
4 min di lettura

I conti decisamente non tornano. Non soltanto in senso letterale, riferendoci alla manovra di bilancio del governo Lega/M5S costruita su stime di crescita smentite quotidianamente da organismi terzi, ma anche figurato se parliamo di migrazione, dei tragici fatti di cronaca di queste ore (uomini, donne e bambini assiderati e annegati) e dei rientri forzati nei centri di detenzione libici.

Andiamo con ordine provando a mantenere toni asciutti (facile con il bilancio, complicato dinanzi all’orrore del Mediterraneo ormai trasformatosi in una immensa tomba per precise colpe umane). Prima era stata la Banca d’Italia a dirlo, sbeffeggiata con sicumera dal vice-premier Luigi Di Maio, adesso pure il Fondo Monetario Internazionale – sappiamo non affollato di graziose verginelle ma nemmeno un covo di complottisti dediti giorno e notte a danneggiare il nostro paese – taglia le stime di crescita dell’economia italiana allo 0,6% per il 2019. Francamente non si riesce a comprendere come conciliare l’infausto dato con l’affermazione trionfalistica di Di Maio su un imminente “boom” economico simile a quello dei primi anni Sessanta quando un certo benessere entrò nelle famiglie italiane ponendo ufficialmente fine alle macerie del dopoguerra.

Non solo, ma se lo spread rimane preoccupante – è sì sceso di circa 50 punti nelle ultime settimane ma rimane comunque alto – potremmo registrare numeri ancora peggiori. Altro che la stagnazione temuta dal buon ministro dell’Economia Giovanni Tria – già una debacle rispetto alle scommesse azzardate, reddito di cittadinanza e quota 100, basate su ulteriore debito pubblico nella originaria previsione governativa di una crescita del Pil, quindi di un maggiore gettito, addirittura dell’1,5% – scivoleremmo piuttosto verso una fase recessiva e una dolorosa manovra correttiva.

I conti non tornano, dicevamo, nemmeno se guardiamo al dramma delle migrazioni di esseri umani che troppo spesso trovano la morte durante le traversate. Il governo italiano – con Matteo Salvini che detta le regole insieme al subalterno Di Maio, entrambi continuamente impegnati in una irresponsabile ricerca di “nemici” da gettare in pasto al popolo ad uso campagna elettorale (adesso è il turno della Francia con motivazioni strampalate ma l’elenco è lungo) – persevera nella sciagurata scelta dei porti chiusi (una vistosa contraddizione insieme al rifiuto di sottoscrivere il Global Compact voluto dall’Onu per una sicura, ordinata e regolare gestione dei flussi migratori nel mondo. Attraverso i controlli ai porti puoi accertare chi entra e chi esce via mare e possibilmente individuare trafficanti e criminali); ad accusare le Ong – in verità è rimasta una sola nave, la Sea Watch – di favorire il traffico di essere umani con il carico di cadaveri sulle spalle – ; ad alimentare le paure degli italiani su una inarrestabile invasione di ladri, violentatori e portatori di malattie dalla faccia nera (non c’è alcuna invasione, dal gennaio 2018 a oggi abbiamo avuto il 76,8% di sbarchi in meno mentre non esistono i reati per appartenenza etnica, i reati sono reati e vanno perseguiti secondo il principio costituzionale della responsabilità penale personale), indicando nella Libia un riferimento credibile, nell’ambito della Convenzione “Serch and Rescue” (acronimo SAR, “Ricerca e Soccorso”), capace di salvare vite umane nell’ampio specchio di mare ricadente nella sua giurisdizione. In realtà le cose sembrano abbastanza diverse. Gli stessi libici, che pur conoscendo nome e cognome dei trafficanti non li perseguono, confessano di non essere in grado di assicurare interventi di salvataggio veloci ed efficaci pretendendo sempre più soldi e mezzi da parte delle nazioni europee, magari speculandoci; inoltre i porti libici non sono approdi sicuri e il rientro forzato dei migranti – qualcuno di loro ha urlato: “meglio la morte piuttosto che tornare in Libia” – si configura come violazione del diritto internazionale.

Per le organizzazioni umanitarie i centri di detenzione libici sono gironi infernali danteschi con violenze, torture, stupri. Insomma, il premier Giuseppe Conte – cui va riconosciuto il tentativo di arginare le improvvide sortite giallo/verdi che stanno isolando l’Italia in cambio di una manciata di voti alle europee di maggio – invece di manifestare soddisfazione per l’esito del suo intervento presso le fragili e divise autorità libiche (lì comandano in anarchia milizie armate senza scrupoli) a favore dell’ultimo recupero di circa 100 naufraghi dovrebbe porsi più di una domanda sul modo con cui finora si è proceduto, sotto l’aspetto umanitario e giuridico. Infine, a proposito di spettri creati ad arte per scopi elettorali, arriva un rapporto dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità) – un altro famigerato verminaio di pericolosi nemici delle radici cristiane dell’Occidente? – che smentisce l’assunto secondo il quale i migranti portano malattie, anzi, sembra vero il contrario: la loro salute peggiora in Europa per le cattive condizioni in cui molti vivono (leggasi sfruttamento, caporalato, schiavitù). No, i conti non tornano proprio, tranne quelli dei cadaveri dalla faccia nera che riposano impietosamente sui fondali marini.


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