Ma chi dice che Beethoven | è meglio della Tatangelo? - Live Sicilia

Ma chi dice che Beethoven | è meglio della Tatangelo?

I grandi sono grandi. Ma la musica che amiamo è quella che ci emoziona.

Manovra a Tinaglia
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E come potevo prevederlo? Parlo dello stato di profonda frustrazione (fortunatamente momentaneo) procuratomi dalla coda di polemiche del dopo Festival. Colpa della “forbice”. Quella che si è creata tra il voto popolare, istintivo, irrazionale, e quello selettivo, mirato, argomentato, della giuria di qualità. Ma colpa, soprattutto, della “piramide”. Quella che è stata innalzata da vari commentatori ed utenti dei social, ed alla cui base è stata posto il pubblico, “la ggente”, il popolo. Qualcuno ha parlato, addirittura, di “massa”.

Al vertice, neppure a dirlo, loro, gli intenditori, gli amanti della musica, quella vera, intendo. Pensando ai miei gusti musicali, mi sono ritrovato proprio alla base della piramide. Tra gli incolti, i rozzi, gli ignoranti, i viscerali. Da qui il mio autentico senso di frustrazione, ed un discreto deficit di autostima. Ma mi è durato poco, perché poi è scattato l’istinto di sopravvivenza. Così mi sono messo a guardare le numerose playlist che ho scaricato nel mio iphone da quando sono utente di Spotify, ed ho provato a chiedermi per quale cavolo di ragione avevo scelto certe canzoni.

Da Laura Pausini, a Paolo Conte, da Franco Battiato a Rino Gaetano, da Iva Zanicchi a Loredana Bertè, passando dalle colonne sonore di Ennio Morricone a Nicola Arigliano, dal Quartetto Cetra fino agli Homo Sapiens (ve li ricordate? quelli di “Bella da morire”). Centinaia di brani. Anche di musica straniera. La sola risposta che mi sono dato è che sono pezzi che mi piacciono. Punto. Non lo so perché. Io non afferro il suono degli archi o del violoncello, e neppure quello del fagotto,non percepisco la validità dell’arrangiamento e non mi interrogo né sulla struttura, né sulla sonorità del brano. E neppure sul genere musicale.

Per quanto mi riguarda, e per quanto ne so, posso tranquillamente apprezzare “la musica finto rock, la new wave italiana, il free jazz punk inglese e la nera africana ”.​ Va bene tutto, purchè mi piaccia. Basta che mi arrivi al cuore, che mi solleciti ricordi o mi attivi endorfine. Tanto mi basta. In fondo cos’è la musica, se non quella cosa magica, misteriosa, che ti tocca le corde, che ti arriva nell’anima, procurandoti la pelle d’oca o i lucciconi, o la voglia di gridare, muoverti e magari anche di “ guidare a fari spenti nella notte per vedere se poi è così difficile morire”?

E dove, dove sta scritto che le emozioni, quelle vere, quelle che, a dire di tanti, ti pongono al vertice della piramide, debbano necessariamente scaturire dalla nona di Beetoween e non da un brano, poniamo,di Anna Tatangelo? (tanto per fare un nome a caso). Io, per dire, ricordo di essermi sciolto come neve al sole quando ascoltai, durante il film Philadelphia, un pezzo dell’Andrea Chenier. Memorabile quella scena tra Tom Hanks e Denzel Washington che si snodava sulle corde de “La Mamma Morta”. Eppure anche “Santa Maria Novella” di Pupo mi provoca lacrime. E “Se bruciasse la città” di Massimo Ranieri, mi eccita. Non lo so perché. Ma è così.

Ecco, quello che io vorrei dire agli amanti della “piramide”, è che per apprezzare la musica non occorre avere frequentato il conservatorio, e neppure avere una profonda cultura musicale. Basta essere semplicemente capaci, e lo siamo tutti, di provare emozioni. Al resto pensano le note musicali. Sono come gli spermatozoi, le note musicali. Nuotano, si agitano, corrono, ma c’è chi arriva e chi no. Rilassatevi un tantino. Lasciate in pace Orietta Berti. E poi, mollatela, una volta per tutte, quella insopportabile spocchia da avanguardia illuminata che vi è cucita addosso. Tanto lo sappiamo che ci sono brani che ascoltate di nascosto.​


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