Prezzi alti e fatture bloccate| Comune allo scontro con Amap - Live Sicilia

Prezzi alti e fatture bloccate| Comune allo scontro con Amap

Battaglia milionaria sulle caditoie, stipendi a rischio. Forello (M5s): "Prestigiacomo non può fare l'assessore"

PALERMO – Il comune di Palermo non paga le fatture da quasi un anno e contesta la validità del contratto, l’Amap guidata dall’assessore in pectore Maria Prestigiacomo minaccia le vie legali contro lo stesso Comune e paventa rischi per gli stipendi di 160 dipendenti, mentre le opposizioni vanno all’attacco del sindaco Leoluca Orlando a cui chiedono di non far insediare la nuova componente di giunta. E intanto si prepara una nuova guerra di carte tra Palazzo delle Aquile e una delle sue partecipate che potrebbe valere fino a 20 milioni di euro, per non parlare del fatto che l’azienda potrebbe dover fare a meno di quattro milioni l’anno necessari per pagare i lavoratori ex Amia Essemme.

Le partecipate di piazza Pretoria assomigliano sempre di più a un vaso di Pandora, scoperchiato l’anno scorso dagli uffici comunali e dispensatore di pessime notizie: perché se in un primo momento l’attenzione dei burocrati si è concentrata sull’Amat, costretta a tagliare disallineamenti pesantissimi e a restituire milioni di euro indebitamente percepiti, per un totale che sfiora i 60 milioni, ora la tempesta si sposta sull’Amap, ossia l’azienda che a Palermo e in provincia si occupa del servizio idrico ma che, per la città capoluogo, cura anche la pulizia e la manutenzione delle caditoie.

Ed è proprio su questo ultimo servizio che si sono concentrate le attenzioni del settore Partecipate del Comune che, spulciando fra le carte, ha rivelato più di una anomalia e prezzi del 46% più alti rispetto al mercato, tanto da bloccare da aprile 2018 il pagamento delle fatture. La fitta corrispondenza tra l’Amap e Palazzo delle Aquile, nelle persone della dirigente Maria Mandalà e del dirigente coordinatore Sergio Maneri (e per conoscenza anche all’assessore che ha dato mandato di procedere), non ha risolto granché, tanto che il 7 marzo scorso l’azienda ha chiesto 5,5 milioni di euro minacciando, senza troppi giri di parole, il ricorso alle “più opportune azioni legali” con “evidente aggravio di spese a carico dei responsabili”. Una nota firmata dal direttore generale, Giuseppe Ragonese, ma anche dall’amministratore unico Maria Prestigiacomo che però, il 7 marzo, era già da cinque giorni l’assessore designato dal sindaco Orlando ai Lavori pubblici e, per giunta, proprio ai rapporti con l’Amap.

Ugo Forello

“Siamo di fronte a un caso di mala amministrazione a danno dei palermitani – attacca Ugo Forello del M5s – che sono stati presi in giro due volte: le caditoie sono in stato di abbandono, con la città che ad ogni acquazzone si trasforma in una ‘Venezia’, e si paga carissimo un servizio scadente e non controllato. Il presidente uscente dell’Amap, che annuncia azioni legali, passerebbe da controllato a controllore, una incompatibilità macroscopica per la quale chiedo l’intervento del sindaco che deve sostituire l’assessore designato”. “Ancora una volta il sistema delle Partecipate si scopre allo sbando – dice Fabrizio Ferrandelli – e soltanto grazie al lavoro degli uffici, prossimi ad essere smantellati, e delle opposizioni emerge una verità che qualcuno vorrebbe nascondere sotto il tappeto. E’ evidente che la Prestigiacomo non può diventare assessore con delega all’Amap, dopo i disastri che oggi vengono fuori, ma chiediamo anche l’intervento della Corte dei Conti”.

Attacchi a cui replicano sia Prestigiacomo che il sindaco Leoluca Orlando. “Non vedo alcun problema nell’aver agito e nell’agire a tutela dell’azienda e dei suoi lavoratori fino all’ultimo momento del mio mandato da amministratrice, anzi sarebbe stato grave il contrario – dice la Prestigiacomo – Nello specifico non posso che ribadire che da parte degli uffici dell’area delle Partecipate vi sono state diverse inesattezze che spero possano essere chiarite perché, in alternativa, si dovranno interrompere i pagamenti degli stipendi per oltre 160 lavoratori dell’azienda”. “Nel confermare fiducia nell’operato dell’azienda e degli uffici, non posso che ribadire che il chiaro mandato politico e la volontà dell’Amministrazione sono quelli di garantire i servizi e i diritti acquisiti dei lavoratori – aggiunge il sindaco – Nel merito, attendiamo che l’avvocatura comunale formuli un proprio parere dirimente della questione”.

 

Fabrizio Ferrandelli

IL SERVIZIO CADITOIE
Una vicenda complessa che risale al 2001, quando il Comune sigla il contratto di servizio con l’Amap che include anche la pulizia e la manutenzione delle 60 mila caditoie della città, ossia le grate poste sull’asfalto delle strade e che servono a far defluire l’acqua. Un compito per il quale, però, il contratto non stabilisce un corrispettivo preciso che va quantificato annualmente: un vulnus, lo definiscono Mandalà e Maneri in una nota del 7 novembre scorso, che avrebbe potuto inficiare il contratto, tanto che la giunta nel 2006 corre ai ripari e stabilisce che la pulizia delle caditoie vale 4,6 milioni di euro e la manutenzione 3,4 milioni. In pratica otto milioni l’anno, iva inclusa. Ma nel contratto del 2001 mancano anche i parametri qualitativi e quantitativi indispensabili per stabilire la congruità (come segnalano nel 2018 gli uffici).

Nella seconda metà del 2004, però, Amap si avvale per il servizio di una sua controllata, la Spc, nella quale sono confluiti gli Lsu comunali; società che poi si fonderà nella Amia Essemme, azienda strumentale di un’altra partecipata, ossia la vecchia Amia, che dal 2007 diventerà di proprietà totale di quest’ultima. Il tutto con una motivazione ben precisa: la pulizia delle caditoie, spesso ostruite dai rifiuti, rientra nell’igiene ambientale. Semplice? No, perché per un pasticcio burocratico (su cui nel 2017 punteranno il dito anche gli ispettori del ministero dell’Economia) il Comune continua a pagare il servizio ad Amap, così come da contratto, e questa a sua volta gira i soldi ad Amia.

Nel 2013 però Amia fallisce, nasce la Rap e il servizio caditoie torna all’Amap, a cui viene ceduto il ramo d’azienda insieme a 165 lavoratori che passano così in via Volturno. Un’operazione che rientra nel processo di razionalizzazione e riorganizzazione delle partecipate, fortemente voluto dal sindaco Orlando, ma che non è indolore: l’allora presidente di Amap, Vincenzo Costantino, si oppone strenuamente al passaggio dei lavoratori e il Comune, pur di centrare l’obiettivo prefissato, fa dimettere gli altri due consiglieri facendo così cadere il cda e lo stesso Costantino, che sarà poi sostituito da Maria Prestigiacomo.

IL NUOVO CONTRATTO E IL CAPITOLATO
Nel 2015 il Comune sigla con Amap un nuovo contratto, anche per posticiparne la scadenza al 2045, che comprende ancora il servizio caditoie ma anche stavolta non si indicano né il numero delle caditoie, né il corrispettivo, “causa questa – scrivono Mandalà e Maneri – di possibile invalidità del contratto vigente”. Numeri e soldi sono invece fissati da un documento chiamato “capitolato prestazionale”, stipulato nel 2014 (quindi un anno prima del nuovo contratto) e firmato da un funzionario comunale.

Nel 2016 viene creata l’Ati, cioè l’Assemblea territoriale idrica di Palermo che sostituisce il vecchio Aato, e nel 2018 l’Ati sottoscrive con Amap un atto di convenzione per la gestione del servizio idrico integrato per tutta l’area metropolitana, prevedendo anche “altre attività idriche” che non rientrano nel servizio idrico integrato “ma i cui oneri sono coperti da corrispettivo extra tariffa”, cioè in pratica le caditoie che vengono pagate non con le bollette degli utenti ma a parte. Una distinzione, quella tra il servizio pagato con la bolletta e il servizio extra coperto con altri soldi, che è determinante anche per scansare l’accusa del Mef di pagare due volte lo stesso servizio.

L’ACCUSA DEGLI UFFICI
Per gli uffici comunali il contratto del 2015 tra Amap e Comune è superato dalla convenzione del 2018 con l’Ati, tranne per la parte delle caditoie per la quale “risulta necessaria la revisione del contratto vigente” visto che “risulta del tutto carente, così come nettamente evidenziato nella relazione del Mef, in quanto non contiene alcun parametro qualitativo o quantitativo che possa consentire l’espressione di un parere di congruità”. In pratica, gli uffici non possono verificare se i costi dichiarati da Amap sono o meno in linea col mercato. “Si rileva altresì – continua la nota del novembre 2018 – l’assenza di un regime sanzionatorio commisurato alla gravità e proporzionalità delle irregolarità”.

Tutto qui? No, perché c’è anche un problema legato al costo del servizio che risulta “sovradimensionato rispetto ai valori attuali di mercato”. Gli otto milioni iva inclusa pagati annualmente ad Amap, di cui sei e mezzo per gli stipendi del personale, sono un corrispettivo “corposo” e secondo gli uffici non giustificabile alla luce del mercato e della “attività di benchmarking su altre realtà italiane similari”. “Da un confronto sui costi unitari sostenuti da varie amministrazioni pubbliche risulta un range che va da un minimo di 10 euro a un massimo di 50 euro a caditoia e questo determina il costo complessivo pari a tre milioni a fronte di circa 60 mila caditoie gestite; tale importo può essere ulteriormente maggiorato di 1,5 milioni per varie manutenzioni”. In pratica il Comune dovrebbe pagare al massimo 4,5 milioni di euro l’anno anziché otto milioni e inoltre non viene riconosciuto il capitolato prestazionale, di un anno precedente al contratto e non rinnovato, non passato dal consiglio comunale (che ha esclusiva competenza) e che non può integrare o sostituire il contratto di servizio. Per questo gli uffici chiedono alla giunta di esprimere un “atto di indirizzo”, cioè chiedono all’amministrazione cosa fare visto che i conti non tornano, e l’amministrazione indica di aprire un contraddittorio.

LA RAGIONERIA
Un allarme, quello del Settore Partecipate, raccolto anche dalla Ragioneria generale che il 9 novembre 2018, appena due giorni dopo, mette nero su bianco che le criticità “impongono, senza alcun indugio, l’adozione di provvedimenti a tutela del pubblico erario”. Il punto dirimente, per il Ragioniere generale Bohuslav Basile, è la congruità dei prezzi, visto che un Comune può affidare un servizio in house, cioè a una propria azienda e senza una gara, solo se economicamente conveniente e deve pure dimostrarlo. “La norma rende di fatto obbligatoria un’indagine preventiva e comparativa – dice Basile – Va da sé che la relativa attestazione di congruità non può consistere in semplici formule di stile, ma deve essere ancorata a riferimenti concreti”. Senza questo, il Comune non può pagare Amap e la violazione dei principi di economicità, efficienza ed efficacia, ricorda il Ragioniere, configura “profili di pregiudizio del pubblico erario e può essere oggetto di sindacato giurisdizionale contabile”. Ossia, la palla passerebbe alla Corte dei Conti.

I PREZZI “MAGGIORATI”
A fare i conti ci pensa anche uno speciale gruppo di lavoro interno al Settore Partecipate, che il 28 febbraio relaziona sulla congruità degli otto milioni anche sulla scorta “di documenti reperiti”, ma alcuni dei quali “non risultano né firmati, né protocollati”. Gli uffici, sottolineando come una delibera del 2014 per integrare il contratto del 2001 non sia mai stata approvata, si concentrano invece sul capitolato datato 23 ottobre 2014, firmato da un funzionario comunale e di cui il capoarea ha poi preso atto. “La logica seguita al fine di calcolare il costo totale annuo del servizio – scrivono gli uffici – è condizionato dal costo complessivo del personale che ammonta a 6,5 milioni”. A questi si aggiungono 464 mila euro di costi di gestione di autoveicoli e automezzi (tasse, assicurazioni, manutenzione), con alcuni servizi affidati all’esterno (escavatori o macchine cingolate), e altri 450 mila euro di oneri per lo smaltimento in discarica dei rifiuti.

Ma il costo non è nemmeno la somma di queste voci, ma è il frutto di 12 analisi di prezzi unitari che ipotizzano un certo numero di interventi con le quali si arriva “a un costo totale, comprensivo di iva al 10%, di 8,7 milioni”. Analizzando i report inviati dall’azienda, gli uffici si accorgono che le fatture ammontano però a quasi 9,8 milioni e si basano su 14 analisi prezzi unitari.

Tirando le somme, su 60 mila caditoie Amap avrebbe dovuto pulirne nel 2018 solo 35 mila ma si è addirittura fermata a 19.935, quindi un terzo del totale. In pratica, il Comune pagherebbe non il reale lavoro svolto ma quello presunto, un po’ come i chilometri che Amat avrebbe dovuto percorrere e non percorreva anche se le venivano pagati.

Gli uffici fanno poi anche un’analisi di mercato prendendo in esame il prezzario generale della Regione siciliana del 2013, ma anche i costi di manodopera dalle tabelle del ministero emesse dall’Ance. Raffrontando i conti dell’Amap con quelli fatti dal Comune emerso “un profilo di incongruità pari al 46,11%”. In pratica la partecipata applicherebbe costi aumentati della metà rispetto a un altro operatore privato. Qualche esempio? Per 15 mila interventi di pulizia sulle caditoie tipo griglia o bocca di lupo Amap chiede 2,2 milioni, ma per il Comune basterebbero 811 mila euro; per 10 mila pulizie delle caditoie tipo chiavica Amap chiede quasi due milioni, ma per il Comune basterebbero appena 541 mila euro; per 456 interventi programmati sugli impianti di sollevamento delle acque meteoriche Amap chiede 602 mila euro, il Comune vorrebbe pagarne solo 383 mila. In totale, sulla base dei prezzi unitari, parliamo di 5,8 milioni di Amap contro i 2,7 comunali; ma se la percentuale del 46% si applica su tutto il servizio, viene fuori che Palazzo delle Aquile dovrebbe pagare solo 4,5 milioni e non gli otto pattuiti. Il che significa che Amap dovrebbe restituire quasi 20 milioni di euro per gli ultimi cinque anni, ma soprattutto fare a meno di quasi quattro milioni l’anno per il futuro.

IL CONTRADDITTORIO
Il settore Partecipate apre quindi un contraddittorio: scrive il 9 novembre, poi di nuovo il 23 novembre, chiede un parere all’Avvacotura (mai giunto) ma le risposte di Amap non bastano. Tanto il primo marzo scorso Mandalà e Maneri firmano una nota che, sulla base della relazione del gruppo di lavoro, accerta che “viene conclamata la mancanza di congruità economica del corrispettivo”. Il settore si dice così impossibilitato a “procedere a ulteriori pagamenti” ad Amap, se non dopo la rimodulazione del contratto e del corrispettivo.

L’ATTACCO DI AMAP
La risposta di Amap però non si fa attendere. La partecipata scrive sia il 10 che il 17 gennaio inviando report e documenti, ma contesta al Comune la necessità di comparare i suoi prezzi con quelli del mercato o di scegliere se affidare o meno ad Amap il servizio che “non può considerarsi disponibile in regime di concorrenza”. Per la società, infatti, la maggior parte del sistema fognario a Palermo è di tipo misto, cioè convoglia sia acque nere che piovane, e quindi la manutenzione è “intrinsecamente interconnessa” con le fogne comprese nel servizio idrico integrato affidato ad Amap. In poche parole, soltanto Amap può pulire le caditoie.

Ma è il 7 marzo che lo scontro arriva all’apice, con la Prestigiacomo (designata cinque giorni prima assessore proprio con delega all’Amap) che chiede ancora una volta di pagare le fatture da maggio 2018 al gennaio scorso, per la bellezza di 5,5 milioni, ma soprattutto contesta l’esito dell’istruttoria del gruppo di lavoro del settore Partecipate. I prezzi sarebbero stati desunti da una delibera mai approvata e le valutazioni partirebbero quindi “da un presupposto assolutamente errato”, sarebbero “avulse dalla relativa cornice contrattuale”, con un importo “maggiore da quello effettivamente pattuito”; inoltre non si terrebbe conto degli accordi tra l’Amap e l’Ati che comprenderebbero anche le caditoie, anche se il Comune al Mef risponde altro. “Amap non ha ancora incassato le somme dovute, circostanza che in caso di persistente inadempimento, per fatto e colpa del Settore, potrà avere refluenze” sia sul servizio che sugli stipendi. Uno scontro a tutto campo, che adesso potrebbe trasformarsi in un nuovo contenzioso del Comune con una sua azienda.

LE OPPOSIZIONI
Vanno all’attacco le opposizioni, che mediante un accesso agli atti hanno ottenuto tutti i documenti. “Il Comune deve garantire i livelli occupazionali ma anche servizi efficienti ed economici – precisa Ferrandelli – non può trasformarsi in uno stipendificio a danno dei palermitani. Le fantasiose narrazioni di Orlando, che da anni parla di conti in ordine e partecipate a regime, si scontrano con la dura realtà dei numeri: gli stessi uffici comunali mettono in evidenza le crepe di un sistema che fa acqua da tutte le parti e che ormai non regge più. Avevamo capito che l’eredità di Orlando non era rose e fiori, ma i fatti ci dicono che è anche peggiore di quanto temessimo: la Prestigiacomo faccia un passo indietro e, subito dopo, la imiti anche il sindaco”.

“Si tratta di una situazione tanto imbarazzante quanto inverosimile – continua Forello – Mancano i parametri per misurare la correttezza del servizio, non c’è un regime sanzionatorio e siamo di fronte a una determinazione arbitraria del corrispettivo, fortemente sovradimensionato. Grazie agli attenti controlli del settore Partecipate si sta facendo luce su un altro grossolano caso di disallineamento, questa volta fra Comune e Amap, che ad oggi dovrebbe essere di circa 20 milioni. Orlando cambi l’assessore, in caso contrario segnaleremo la situazione all’Anac. Infine non si può non denunciare che uno degli uffici che ha lavorato meglio in quest’ultimo anno e che ha portato a fare chiarezza nei rapporti fra il Comune e le partecipate, contribuendo all’individuazione e poi all’eliminazione dei disallineamenti e delle situazioni di cattiva amministrazione, verrà sostanzialmente soppresso dal sindaco. Questi sono segnali inquietanti in una città già molto fragile e che, invece, avrebbe bisogno di seguire la strada del rinnovamento e della trasparenza”.

LE REAZIONI

“Sono sorpreso e amareggiato dall’ennesimo corto circuito Comune-Partecipate – dice Giulio Cusumano, capogruppo dei Comitati Civici al consiglio comunale di Palermo – Mi adopererò affinché la trasparenza degli atti, e dei consequenziali numeri, trionfi in questa delicatissima vicenda”.


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