“Così non si può più andare avanti | Il problema non è il rimpasto" - Live Sicilia

“Così non si può più andare avanti | Il problema non è il rimpasto”

Il presidente dell’Ars Micciché: “Bisogna costruire un dialogo con le opposizioni. Il governo venga in Aula e insieme ai partiti trovi la soluzione”.

L'INTERVISTA
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5 min di lettura

“Non puoi chiedere aiuto alle opposizioni in quel modo”. Quella seduta d’Aula, nel corso della quale la maggioranza ha dovuto soccombere nuovamente col rinvio in commissione della legge sulla sburocratizzazione, lo ha fatto innervosire. Il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché adesso un po’ sbollito la tensione ma non ha cambiato idea sul “nodo politico”.

Insomma, i numeri in Aula non ci sono.

“I numeri non ci sono. Ma non ci si può comportare così”.

A cosa si riferisce?

“Non si può, solo per il fatto di non avere i numeri, chiedere alle opposizioni di votare a favore, facendo riferimento a un ‘comune interesse’ ad approvare una norma. La politica è un’altra cosa”.

Si riferisce all’invito lanciato alle opposizioni da alcuni esponenti del governo.

“Mi riferisco anche all’atteggiamento del governo. In tutti i sensi, a partire dallo stesso impegno degli assessori”.

… molti dei quali non erano presenti in Aula al momento del voto.

“Appunto. Prima di chiedere aiuto alle opposizioni, la maggioranza dovrebbe almeno sforzarsi di farsi trovare a Sala d’Ercole. E invece ieri sei componenti della giunta, che sono anche deputati e quindi votano le leggi, non erano presenti. Così non si può andare avanti”.

E così, legge rimandata in prima commissione.

“E certo. Se non sono gli assessori i primi a dare l’esempio…. E a pensarci bene, le opposizioni ci hanno comunque fatto un favore”.

Quale favore?

“Quello di chiedere la verifica del numero legale. Se non l’avessero fatto e si fosse andati avanti con le votazioni, quel disegno di legge sarebbe stato bocciato”.

Insomma, le opposizioni non hanno né bocciato, né approvato la legge come suggeriva il governo.

“Ma non si può fare una richiesta di quel tipo. Con le opposizioni bisogna semmai creare un rapporto. E in qualche modo è successo in passato, altrimenti io non sarei stato eletto presidente dell’Ars. Il problema non è formale, né di lana caprina. È un problema politico. Se tu non fai questo lavoro a monte, poi che fai, ti lamenti se ti bocciano le leggi?”.

Va bene, ma da più di un anno si fa avanti così. Come si esce da questo vicolo cieco?

“Il punto è questo: la situazione va affrontata e le mie parole dopo la seduta d’Aula vogliono rappresentare un input indirizzato al governo. E non solo al governo. Anche i partiti di maggioranza devono assumersi delle responsabilità. A cominciare da quella di garantire la presenza di almeno una trentina di deputati in Aula. Basterebbe questo per riuscire a far votare le leggi”.

Tra i trenta, ovviamente, anche gli esponenti del governo.

“Le ripeto, mi pare il minimo. Altrimenti si decide di nominare in giunta dodici esterni (ride, ndr), lasciando i deputati a fare il proprio lavoro di deputato”.

Al di là della battuta, lei ritiene sia necessario un rimpasto?

“Non è un problema di rimpasto e non spetta a me deciderlo. Bisogna però affrontare i problemi che emergono all’Ars e non può essere lasciato tutto all’improvvisazione. Le presenze dipendono dai partiti. Serve un incontro, un’analisi per risolvere il problema”.

A proposito di partiti e di governo. Stefania Prestigiacomo, parlamentare nazionale di Forza Italia, il partito che lei guida in Sicilia, ha attaccato con forza il governo regionale sul tema delle Province. Che succede?

“Non mi sento di dare un giudizio. Ma sono certo che la Prestigiacomo non tira fuori questa questione all’improvviso. Credo che dietro quell’uscita ci siano motivazioni forti. E penso che la parlamentare si stia chiedendo, e a questo punto ce lo chiediamo anche noi, perché si sta cedendo così con Roma sul tema dei soldi per le Province.”.

Secondo la Prestigiacomo il governo regionale, invece di farsi riconoscere i soldi che spettano agli enti, si sta “accontentando” di usare fondi che erano già destinati alle Province, sotto forma di investimenti. Al di là degli aspetti tecnici, però, qual è il “nodo” politico?

“Questo tema sta attirando l’attenzione dei partiti a Sala d’Ercole. Qualcuno mi ha già chiesto una seduta con l’assessore Armao per capire cosa stia succedendo. Da coordinatore di Forza Italia posso dire che il mio partito a Roma si sta comportando in maniera diversa rispetto a quanto sta facendo il governo regionale, come dimostra una proposta di legge del deputato Nino Germanà che punta al riconoscimento di quanto spetta alle ex Province siciliane. Perché si accetti una soluzione così al ribasso, non lo capisco”.

Qualcuno dice che sul piatto ci sia la possibile impugnativa della Finanziaria regionale. Le pare credibile come ipotesi?

“Sinceramente non ne ho idea e non ho ricevuto segnali in questo senso. Anche perché ritengo che i bilanci si impugnano se sono incostituzionali, non per altre motivazioni. Ma se così fosse, allora ancora di più sarebbe necessario un chiarimento in Aula”.

A proposito di sedute d’Aula. Com’è finita con l’annunciata seduta sulla cosiddetta ‘questione morale’? Fava l’aveva chiesta, lei si era detto d’accordo.

“Quella seduta si farà certamente. La data verrà decisa nel corso di una conferenza dei capigruppo che si terrà i primi giorni della prossima settimana”.

Ultima domanda: l’impressione dall’esterno è che uno dei problemi di questo scorcio di legislatura siano i rapporti tra il governo e l’Ars. Tradotto rozzamente: tra Musumeci e Micciché. Come va?

“Tra me e il presidente Musumeci non c’è nessun problema, andiamo d’accordo. Le posso dire, in tutta sincerità, che in quelle occasioni in cui non ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda non abbiamo mai fatto passare più di un’ora per chiarirci. No, il problema non è quello. Il problema è altrove. Ma adesso bisogna trovare una soluzione”.


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