Mafia e politica sono legate | Lo pensano 9 ragazzi su 10 - Live Sicilia

Mafia e politica sono legate | Lo pensano 9 ragazzi su 10

Ecco i dati dello studio. Giorno 30 all'Ars evento in memoria del politico ucciso da Cosa nostra.

CENTRO PIO LA TORRE
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Per quasi il 90% dei ragazzi esiste un forte rapporto tra mafia e politica (“abbastanza forte” per il 51,40%, “molto forte” per il 38,43%). Appena lo 0,70% lo considera “inesistente”. Non stupisce dunque che oltre il 67% dei ragazzi ritenga che lo Stato non faccia abbastanza per sconfiggere le mafie e solo il 25,79% crede che il fenomeno criminale potrà essere definitivamente sconfitto, contro il 44,67% che si mostra più pessimista. Inoltre, alla domanda su chi sia più forte tra lo Stato e la mafia, il 42,36% dice la mafia, il 24,10% ritiene siano ugualmente forti, e il 18,55% assegna il primato allo Stato.

Questi alcuni dei dati dell’indagine sulla percezione mafiosa da parte dei ragazzi condotta per il dodicesimo anno dal Centro Studi Pio La Torre tra le cento scuole che partecipano al Progetto Educativo Antimafia promosso dal Centro e i cui risultati sono stati presentati oggi pomeriggio nell’ambito della manifestazione “Via dei Librai”, organizzata dall’associazione Cassaro Alto. A illustrare i risultati Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, Antonio La Spina, docente universitario della Luiss di Palermo, Giovanni Frazzica, sociologo, Melania Federico, insegnante e alcuni componenti del Comitato scientifico del Centro Pio La Torre che ha coordinato il questionario.

Rimane alta la sfiducia degli studenti nei confronti della classe politica (79,65% nei confronti dei politici nazionali, 76,20% nei confronti di quelli locali). Alla domanda su quanto pensino che la mafia sia diffusa nella propria regione, il 55,77% dei ragazzi intervistati ha risposto “abbastanza”, il 25,64% molto, il 17,12% poco.

“La corruzione della classe dirigente è una concausa della continuità dell’organizzazione mafiosa – è la riflessione di Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre – Essa è un fenomeno criminale e una cultura che viene percepita dai giovani, dal Nord al Sud, come negativa e con differenti sensibilità tra i figli di famiglie più colte o meno colte (genitori laureati o no). La mafia limita la libertà di ogni giovane, condiziona il suo futuro, ma manca, per il 40,66%, il coraggio di denunciarla e contrastarla. La sua esistenza viene percepita in modo diverso, al Centro-Nord e al Sud, ma ugualmente negativa”.

I risultati del report

L’indagine è stata condotta tra 2722 giovani studenti delle 3°, 4° e 5° classi di alcuni Istituti di scuole medie superiori distribuiti a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Il campione non può essere considerato rappresentativo in termini statistici, in quanto per la sua determinazione non è stata utilizzata la tecnica del campionamento probabilistico ma rappresenta l’espressione di una scelta autonoma di alcuni studenti e docenti di Istituti scolastici che, sensibili alle tematiche sulla legalità, hanno volontariamente aderito alle finalità del progetto.

Nell’azione di accompagnamento ad una elaborazione critica del fenomeno mafioso, il ruolo più importante è affidato alla scuola e alla famiglia. A questo proposito, alla domanda “Con chi discuti maggiormente di mafia”, il 59,85% dei rispondenti individua nella scuola il luogo maggiormente deputato ad affrontare tematiche legate all’ingerenza della criminalità mafiosa, mentre soltanto il 31.45% dei ragazzi intervistati, sostiene di discutere di questi argomenti in famiglia. Il 20.06% dei rispondenti dichiara di parlarne fuori dalla scuola con amici o conoscenti e il 15.83% con altri studenti. Il rimanente 7,94% dichiara di non parlarne mai con nessuno. I dati confermano come sia proprio l’impegno del corpo docente, rispetto anche a quello delle stesse famiglie, ad avere il ruolo più marcatamente attivo nell’azione di promozione della cultura della legalità e di forme di partecipazione attiva. Durante il loro excursus scolastico il campione intervistato dichiara di avere affrontato tali tematiche soprattutto durante gli anni delle scuole medie inferiori (il 63,56%), contro il 60% della scuola media superiore e il 36,81% della scuola elementare.

Alla domanda se si ritiene che la presenza della mafia possa ostacolare nella costruzione del proprio futuro, ben il 30,42% ha risposto “sì, molto”, il 30.20% “sì, poco”, il 17,23% “poco” e solo l’1,69% “per niente”. Sono il 10,95% i “non so”.

I commenti

Per Antonio La Spina, docente di sociologia della Luiss di Roma, le percentuali così ampie di sfiducia nei confronti della politica e del successo dello Stato sulle mafie possono dipendere anche dal sopravvivere di stereotipi che, paradossalmente, il crescere dei mezzi di informazione oggi disponibili, contribuisce ad alimentare. “È evidente che lo Stato, tramite una politica antimafia dotata di uno strumentario che nel suo complesso non ha eguali al mondo, sta ottenendo una vittoria dietro l’altra, sebbene la guerra non sia certo terminata. Ci si aspetterebbe che tali successi fossero ben noti al cittadino comune, così da confortarlo e stimolarlo a fare la propria parte nell’impegno per la legalità, la civiltà, una vita democratica non inquinata. In effetti, volta per volta le notizie vengono date, così come le operazioni di polizia, i sequestri, i processi ricevono una copertura mediatica. Ciò è fuor di dubbio. Ma purtroppo non è sufficiente. In un mondo come quello attuale in cui gli individui vedono passarsi davanti quantità sterminate di informazioni, la cosa più naturale (che può essere peraltro facilitata anche da alcune modalità di fruizione di certi media recenti) è forse il captare e fruire, in tale massa immane, per lo più quelle che sono congruenti con ciò che già si sa (o si crede di sapere) e si ritiene fondato. Pertanto, è possibile che certi stereotipi sopravvivano o addirittura si rafforzino (confortati da altri messaggi che pure circolano e hanno seguito nell’universo mediatico), anche se i fatti concreti danno loro torto”.

Secondo l’economista Salvatore Sacco “il crescente clima d’odio che si è instaurato nel Paese sembra contagiare anche i giovani facendo aumentare in loro alcune pulsioni negative quali, in particolare, l’indifferenza, la paura dell’altro e la sfiducia nello Stato”. Di “disincanto dalla politica” parla Alberto Vannucci, ordinario di sociologia dell’Università di Pisa “I giovani intervistati mostrano su questo di avere idee chiarissime: nelle troppe aree grigie dove politica, corruzione, imprenditoria, professioni e criminalità si incontrano e si ibridano risiede la vera potenza delle mafie, e dunque in quei contesti risiede il vero nodo da sciogliere per qualunque politica efficace di contrasto del fenomeno mafioso”.

Per il sociologo Giovanni Frazzica i giovani sono alla ricerca del “buon esempio”. “Dalla disamina di alcune risposte è possibile sostenere che ancora molti sono i passi da compiere sul sentiero delle azioni volte al rafforzamento della fiducia. Chiaramente se è indubbio il lavoro e fondamentali sono gli stimoli forniti dagli insegnanti e da quanti sono impegnati in prima linea nel contrasto alle organizzazioni criminali, i giovani sembrano essere alla ricerca di quello che possiamo definire il buon esempio. Sappiamo che l’interesse per la cosa pubblica, l’attenzione al bene pubblico e il superamento di determinate derive particolaristiche diventano alcune delle condizioni fondamentali per il miglioramento della qualità della vita della popolazione che risiede in un determinato territorio”.

Secondo l’economista Franco Garufi “la coscienza antimafiosa è divenuta una narrazione collettiva che tende a configurarsi in termini di identità valoriale per le ragazze ed i ragazzi delle generazioni più giovani”.

Riguardo al fenomeno del bullismo, l’insegnante Melania Federico sottolinea come “il 78,95% degli studenti intervistati percepisce il bullismo come un comportamento aggressivo o vessatorio, tenuto continuativamente da un singolo o da un gruppo ai danni di uno più soggetti percepiti come più deboli. Il 28,25% ne è venuto a conoscenza tramite i media; il 23,59%ha assistito personalmente ad atti di bullismo verso altri; il 14,51% ne è stato vittima; il 4,78% ne ha sentito parlare da persone a lui/lei vicine. Per il 7,42% è altro: alla richiesta di specificare quest’ultima risposta, la maggior parte degli alunni asserisce di esserne stato/a vittima. Alla domanda “Se sei al corrente di atti di bullismo, ci sono state reazioni di persone diverse della vittima nei confronti dei bulli?”, il 47,43% risponde sì, il 20,61% no e il 31,93% non so”. La maggior parte degli studenti ritiene che dinanzi a dei casi di bullismo bisogna raccontare l’accaduto in primis ai familiari, ma ritiene altresì opportuno fare le denunce alle autorità competenti. Per più della metà degli intervistati (54,63%), il fenomeno del bullismo nelle scuole è abbastanza diffuso. E’, invece, molto diffuso per il 28,99%, poco per il 14,55% e per nulla per l’1,80%.

La presentazione del questionario è parte delle iniziative in ricordo del 37° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo che culmineranno martedì 30 aprile con la manifestazione che si terrà presso il Cortile Maqueda a Palazzo dei Normanni dalle 9.30 alle 12.30.

L’evento sarà aperto dalle testimonianze degli studenti delle scuole “Giuseppe Greggiati” di Mantova, “Michael Faraday” di Ostia, “Vittorio Emanuele II” di Palermo e dai giovani che svolgono il servizio civile presso il Centro Pio La Torre. Interverranno poi, introdotti dal presidente del Centro Studi Pio La Torre, Nello Musumeci, Presidente della Regione Siciliana; Gianfranco Miccichè, Presidente dell’Ars; Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio; Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo; Claudio Fava, Presidente della Commissione Antimafia dell’Ars; don Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo; Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della CGIL; Roberto Scarpinato, procuratore generale della Repubblica di Palermo; Emiliano De Maio del MIUR. Saranno presenti anche i familiari di Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

Chiuderà la manifestazione lo spettacolo dell’Opera dei Pupi di Angelo Sicilia dal titolo “L’omo coraggiusu. Vita e morte di Pio La Torre”, tratto da un atto unico di Vincenzo Consolo.


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