"Salvini, così ci perdiamo tutti" | La Sicilia della cannabis light - Live Sicilia

“Salvini, così ci perdiamo tutti” | La Sicilia della cannabis light

Tancredi Bissoli, palermitano di 28 anni, ha investito nella cannabis light

Dopo la crociata lanciata dal ministro un intero settore, nascente anche nell'Isola, non nasconde le proprie preoccupazioni

PALERMO – “Farò la guerra ai negozi di cannabis light, a uno a uno li chiuderemo tutti”. La bordata del ministro dell’Interno Matteo Salvini contro i prodotti a base di marijuana ha scosso un intero mercato, giovane e in espansione, che ora teme un drastico passo indietro. Le certezze di produttori, venditori e consumatori di cannabis light sono più deboli dopo la chiusura di due negozi a Civitanova Marche, nonostante la direttiva ministeriale divulgata in seguito non contempli però le chiusure generalizzate. Il documento, indirizzato alle questure italiane, raccomanda un maggior monitoraggio dei requisiti delle rivendite. Come per il resto d’Italia, anche le realtà siciliane temono danni agli affari e sollevano il problema principale: la scarsa chiarezza normativa, che in alcuni casi si trasforma in vuoto.

A stabilire se la cannabis sia legale o meno sono innanzitutto le sue principali molecole: il Thc, che ha anche effetti psicotropi, e il Cbd, con proprietà medicinali. La cannabis light contiene quantità importanti di Cbd, variabili a seconda della tipologia e del prodotto derivato, ma deve contenere quantità irrisorie di Thc. Qui subentrano alcuni problemi commerciali: per i produttori vige la legge 242 del 2016, che regolamenta la produzione della cannabis light e fissa il tasso massimo di Thc allo 0,6%; i venditori, invece, devono attenersi a una circolare datata luglio 2018 (emessa da Salvini) che abbassa questo limite allo 0,5%. In sostanza, chi volesse produrre cannabis legale per venderla avrebbe un solo modo per non incappare in risvolti penali, e cioè attenersi al secondo valore.

La recente direttiva del ministro alle questure non aggiunge dati numerici o procedure di controllo specifiche, ma per i potenziali “bersagli” rafforzerebbe un concetto chiave: ostacolare il mercato italiano della cannabis light. Ne è convinto anche chi si è reso conto, negli anni, di voler puntare forte su questo business in Sicilia pur avendo a disposizione altre strade: Tancredi Bissoli è un giovane palermitano che ha passato metà dei suoi 28 anni nel mondo della cannabis, anche in giro per l’Europa; nel 2016 la legge apre uno spiraglio per un suo sogno nel cassetto, e dopo due anni di studi e strategia nasce #Light. L’azienda ha sede a Palermo e coltiva, seleziona e confeziona infiorescenze, ma collabora anche con “cannabis club” di Barcellona per il merchandising e con aziende alimentari siciliane al fine di brevettare e commercializzare prodotti alla canapa. Tutto all’insegna dell’ecosostenibilità e, non da ultimo, della sicilianità della merce.

Piantagione e coltivazione, produzione del fiore, basi per realizzare saponi, farine e ogni altro prodotto trattato, così come la rivendita all’ingrosso e al dettaglio: tutto è appeso a un filo. “I fatti recenti mi fanno capire che nessuna azienda come la mia può sentirsi al sicuro – dice Bissoli – così intanto ho preferito bloccare le vendite dell’e-commerce a discapito dei ricavi”. Cosa succederebbe se l’azienda chiudesse in questo momento? “Salterebbe tutto, dalla nostra realtà alle collaborazioni con altri partner, siciliani al 100%, con conseguenze immani per tutti i dipendenti. Solo #Light conta 7 persone sotto contratto da procacciatori d’affari, 9 collaboratori tra il mulino, la produzione della pasta e il forno, più gli esperti di marketing”. Il presente è in stallo, quindi anche il futuro: “Siamo in fase di startup – spiega Bissoli – con un progetto di azienda agricola tecnologica in cantiere, quindi le prospettive di allargamento e assunzione di un’altra decina di operai sono praticamente congelate. Salvini dice che ci sono circa mille rivendite di cannabis light specializzate, cioè che vendono solo quel prodotto: dati i vuoti normativi e la discrezionalità di chi controlla, mi sento di dire che potenzialmente potrebbero chiudere tutte. A maggior ragione se vedo che in tv (a Otto e Mezzo su La7, ndr) il ministro assegna priorità massima al combattere ‘la droga che c’è’ piuttosto che ‘il fascismo che non c’è’”.

Bissoli rappresenta un mercato che cerca di crescere ma si scontra con norme non ancora chiare e complete, in una realtà imprenditoriale già complicata qual è quella siciliana. “Eppure la cannabis legale non è inferiore a nessun prodotto di qualsiasi altro genere, né deve temere il confronto – precisa il titolare di una rivendita al dettaglio a Palermo, che preferisce l’anonimato –. Per produrla o acquistarla sono necessarie licenze e autorizzazioni, come per infiniti prodotti sul mercato. Inoltre proprio in questo periodo si sta assistendo a una stabilizzazione dei prezzi, a vantaggio del consumatore. E proprio adesso si decide di ostacolare e terrorizzare clienti e imprenditori? Proprio ora che la cannabis light sta diventando anche una soluzione alla disoccupazione? In questi termini l’errore non è certo di chi sceglie di investire”.

Gli imprenditori sono legati a doppio filo ai consumatori. Cliente abituale del suo negozio di cannabis light di fiducia, ‘Michele’ (anche lui anonimo) racconta di aver fumato erba illegale per molto tempo, “conscio dei rischi che provocava e finanziando mercati illeciti ovviamente legati alla criminalità organizzata. Con l’arrivo della cannabis light però si sono aperti orizzonti che prima non c’erano, anche per i consumatori – aggiunge –. Mi informo perché voglio sapere ciò che faccio, e so che senza il Thc la cannabis light smette di essere una sostanza psicotropa e non causa nemmeno una dipendenza fisica. Con ogni probabilità, chiudere i negozi di cannabis light significa rigettare in mano agli spacciatori tutte quelle persone che se ne erano allontanate”.


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